Difference between revisions of "Monumenta Concilii Tridentini"

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! style="width: 250px; padding: 10px; text-align: center" | <big>'''Works'''</big>
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[[File:Il Cardinale Ercole Gonzaga presiede la seduta del Concilio di Trento in Santa Maria Maggiore.jpg|thumb|<small>Il cardinale Ercole Gonzaga presiede una seduta del Concilio di Trento in Santa Maria Maggiore (Trento). Elia Naurizio, ''Congregazione generale del concilio di Trento'' (1633). Museo diocesano Tridentino.</small>]]
 
[[File:Il Cardinale Ercole Gonzaga presiede la seduta del Concilio di Trento in Santa Maria Maggiore.jpg|thumb|<small>Il cardinale Ercole Gonzaga presiede una seduta del Concilio di Trento in Santa Maria Maggiore (Trento). Elia Naurizio, ''Congregazione generale del concilio di Trento'' (1633). Museo diocesano Tridentino.</small>]]
== Il progetto Concilio di Trento ==
 
===Partners===
 
*[https://www.unigre.it/struttura_didattica/Storia/index.php Pontificia Università Gregoriana, Facoltà di Storia e Beni Culturali della Chiesa].
 
*[https://isr.fbk.eu/it/ Fondazione Bruno Kessler, Centro per le Scienze Religiose.]
 
*[https://rome.nd.edu/ University of Notre Dame, Rome Global Gateway].
 
*[https://web.uniroma1.it/lcm/ Università di Roma Sapienza, Dipartimento di lettere e culture moderne].
 
  
===Introduzione===
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__NOFACTBOX__
Il progetto ''Monumenta Concilii Tridentini'' è promosso dall’Archivio storico della PUG e avviato nel 2018 per descrivere e comprendere la ''valorizzazione'' del Fondo Concilio di Trento dalla sua costituzione (fine secolo XVI) ai giorni nostri. Il termine ''valorizzazione'', proprio della comunicazione in ambito economico e posteriormente applicato ai così denominati "beni culturali", è stato definito da Charles Gide come: "hausse factice dans la valeur marchande d'une denrée provoquée au moyen de manœuvres économiques"<ref>Gide, Ch., ''Cours d'économie politique'', 1919, p. 154</ref>.  In questo senso la ''valorizzazione'' è vista come il risultato di un'operazione fittizia destinata a dare valore a una merce che, per la sua scarsità provocata, aumenta il suo prezzo.
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=Il Fondo Concilio di Trento=  
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Il progetto ''Monumenta Concilii Tridentini'' è promosso dall’Archivio storico della PUG è stato avviato nel 2018 per descrivere e comprendere la ''valorizzazione'' del Fondo Concilio di Trento dalla sua costituzione (fine secolo XVI) ai giorni nostri.<br>
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Il termine ''valorizzazione'', proprio della comunicazione in ambito economico e posteriormente applicato ai così denominati "beni culturali", è stato definito da Charles Gide come: "hausse factice dans la valeur marchande d'une denrée provoquée au moyen de manœuvres économiques"<ref>Gide, Ch., ''Cours d'économie politique'', 1919, p. 154</ref>.  In questo senso, la ''valorizzazione'' è vista come il risultato di un'operazione fittizia destinata a dare valore a una merce che, per la sua scarsità provocata, aumenta il suo prezzo.
 
La introduzione del termine nell'ambito dei "beni culturali" sta a indicare il desiderio di dare un nuovo valore a un determinato oggetto. Anche in questo caso si dovrebbe parlare di un'operazione costruita intorno al determinato oggetto. Se in un momento dato si decide di valorizzare qualcosa è perché in precedenza si era deprezzato. Il valore non è pertanto presente nella cosa in sé ma nell'osservazione che si compie su di essa.  Allo storico può interessare quest'alternanza valutativa in quanto indicatore di mutamenti o di possibili evoluzioni sociali.<br>
 
La introduzione del termine nell'ambito dei "beni culturali" sta a indicare il desiderio di dare un nuovo valore a un determinato oggetto. Anche in questo caso si dovrebbe parlare di un'operazione costruita intorno al determinato oggetto. Se in un momento dato si decide di valorizzare qualcosa è perché in precedenza si era deprezzato. Il valore non è pertanto presente nella cosa in sé ma nell'osservazione che si compie su di essa.  Allo storico può interessare quest'alternanza valutativa in quanto indicatore di mutamenti o di possibili evoluzioni sociali.<br>
Quindi, per ''valorizzazione'' in questo contesto intendiamo:
 
<blockquote class="templatequote">
 
<p style="font-size:90%;text-align:left">L’attribuzione di un valore frutto di una selezione basata su determinate osservazioni che utilizzano distinzioni. L’osservazione è una distinzione che permette di selezionare e indicare una delle parti distinte come differente dall’altra. Per tanto, la modalità dell’attribuzione è sempre contingente e dipende dall’osservazione che si compie sull’''oggetto''. In questo senso, l'attenzione primaria si rivolge non tanto all'oggetto in quanto tale quanto alle configurazioni di distinzioni operate sul suo conto. </p></blockquote>
 
Le azioni che si intraprendono per ''mettere in valore'' questa documentazione si manifestano in una serie di operazioni che ebbero inizio nel secolo XVII e che subirono una brusca flessione a partire dalla metà del secolo scorso.  Sarebbe possibile marcare,  in questo lasso temporale, una sequenza di interventi: la prima raccolta e selezione operata nel XVII secolo, l'operazione di integrazione e sintesi per la pubblicazione della storia del Concilio (1656), gli interventi di raccolta e legatura di metà del '700, l'utilizzo del medesimo materiale per una nuova storia del concilio a metà del '900, fino ad arrivare a un ambizioso progetto di restauro, mai attuato, negli anni '90 del secolo scorso. <lb/>
 
Al momento individuiamo le seguenti fasi nel processo di ''valorizzazione'':
 
* Verificare lo stato di conservazione dell’intero fondo in vista dell’elaborazione di un piano di emergenza per restaurare, consolidare e condizionare la documentazione. Questa prima osservazione materiale è funzionale per rimodulare successivamente il progetto di ricerca.
 
* Catalogare il materiale, azione che implicherà la revisione e integrazione delle schede già presenti in MOL (''Manus on line'', [https://manus.iccu.sbn.it//opac_SchedaFondo.php?ID=349 Fondo APUG]). Si realizzerà una descrizione codicologica per ogni unità individuata; questo significherà nel caso di volumi miscellanei la realizzazione di tante schede quanti sono gli elementi contenuti. Il rilevamento dei dati catalografici rappresenta un momento fondamentale per praticare un'osservazione minuziosa di elementi esterni (cucitura, legatura, antiche segnature etc.) ed interni (autori, titoli, lingue etc.) che collegati tra loro possono fornire informazioni storiche. Verranno realizzate schede biografiche relative ai nomi individuati nella fase di catalogazione e nell'annotazione dei documenti realizzando un ''Authority File''.
 
* Digitalizzare la documentazione da inserire nella piattaforma GATE, operazione che sarà funzionale alle linee di ricerca proposte. Il rilevamento dello stato di conservazione è comunque preliminare a qualsiasi attività di fotoriproduzione. La digitalizzazione prevede sempre la selezione, la trascrizione e l’annotazione collaborativa del testo. Per la realizzazione di quest’ultimo punto, si compierà un lavoro ''transdisciplinare'' tra storici, sociologi, filologi, etc., con l'obiettivo di affrontare una descrizione adeguata della struttura sociale della prima modernità.<lb/>
 
  
===La composizione del ''Fondo Concilio di Trento''===
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[[File:Manuzio trento.jpg|thumb|<small>''Canones, et Decreta Sacrosanti Oecumenici, et generalis Concilii Tridentini''
La storia del Concilio di Trento sembra essere segnata dalla sua impossibilità. Il primo desiderio di scrivere una storia del Concilio lo si trova nell'edizione di Paolo Manuzio ''Canones, et decreta sacrosancti oecumenici, et generalis Concilii Tridentini sub Paulo 3., Iulio 3., et Pio 4., pontificibus max. Index dogmatum, & reformationes.'' Venetiis, 1540:<blockquote class="templatequote">
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Romae, 1564</small>]]
<p style="font-size:90%;text-align:left"> accipe sumam rei, lector optime, quae ad salutem vehementer pertinet universam vero tridentini concilii, trium pontificum distinctam temporibus, historiam, eodem, cuius ad gloriam haec omnia diriguntur, iovante Deo, propediem exspecta.</p></blockquote>
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Questa storia annunciata dal Manuzio, ''propediem'' ("tra poco"), non vide mai la luce.<p>Il tempo ''breve'' che si augurava Manuzio, ritmo proprio della tecnologia della stampa, entra in collisione con la quantità di documentazione prodotta in quasi vent'anni di concilio.  Questa percezione del tempo implicò per i contemporanei dei problemi per l'elaborazione dei criteri di selezione riguardo la tipologia documentaria e il suo contenuto.</p>
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==Descrizione del Fondo==
Si dovrà aspettare fino al 1626 anno cui il P. [[Terenzio Alciati]] SJ (1570-1651), avrà accesso agli atti originali del Concilio di Trento depositati nell'Archivio di Castello, ''Archivum Arcis'' (Castel Sant'Angelo) per adempiere la volontà di papa Urbano VIII di scrivere una storia del Concilio di Trento in risposta all’edizione di [[Paolo Sarpi]] del 1619.<ref>''Historia del Concilio Tridentino. Nella quale si scoprono tutti gl'artificii della Corte di Roma, per impedire che né la verità di dogmi si palesasse, né la riforma del Papato, & della Chiesa si trattasse. Di Pietro Soave Polano''. In Londra. Appresso Giovan(ni) Billio. Regio Stampatore. MDCXIX.  Edizione in Wikisource : https://it.wikisource.org/wiki/Istoria_del_Concilio_tridentino.</ref>  Nell'Archivio di Castello si servì dell'aiuto di [[citesName::Giovanni Battista Confalonieri]], all'epoca il suo prefetto, il quale aveva riordinato e realizzato diversi indici del materiale tridentino.  Alciati morì senza riuscire a portare a termine il desiderio di Urbano VIII.<p></p>
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Il nucleo presente nel Fondo APUG è costituito da 135 codici manoscritti (8 metri lineari di scaffalatura, all'incirca 33.000 fogli) in forma libraria; la maggior parte dei documenti sono databili al secolo XVII, pochi volumi risalgono al XVI. I manoscritti sono in larga parte legati in assi di cartone grigio con dorso in pergamena, pochi hanno una legatura completamente in pergamena. A parte pochi originali, tutti questi codici contengono principalmente copie di diari, atti del Concilio, corrispondenza, relazioni, brevi e istruzioni papali, atti delle diete tenute in Germania, voti, discorsi, etc. Queste tipologie identificano delle precise forme discorsive (vedi ''infra'' "Le forme discorsive del Fondo"). Per tentare di orientarsi in questa grande raccolta, si può prendere in considerazione il ms. '''APUG 652''', un indice generale della collezione originale di manoscritti.
Alla morte di Alciati il P. [[Pietro Sforza Pallavicino]] SJ (1607-1667) ricevette l’incarico da [[Alessandro VII]] e proseguì la raccolta dei materiali “spediti da varij principi e ne ripescò dagli archivj di Roma”.<ref>Commento di Francesco Antonio Zaccaria all'edizione del 1792 alla ''[https://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=ucm.5326674417;view=2up;seq=94 Istoria del Concilio di Trento]'' di Pietro Sforza Pallavicino, p. LXXVIII.</ref>.<br>
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Nei documenti raccolti da P. [[Name::Alciati, Terenzio|Alciati]] e successivamente utilizzati da P. [[Name::Pallavicino, Sforza|Sforza Pallavicino]] ,sono rintracciabili segni distintivi (lettere e segni apposti sul dorso ad indicare una sequenza ordinata), segni d'uso (manicule, segni ad inchiostro e a matita) e notazioni manoscritte.
Il Cardinale Pallavicino attingerà non soltanto dalle fonti raccolte nell'arco di vent'anni da P. Alciati ma anche direttamente al suo manoscritto latino ''Pseudo historia Concilii Tridentini refutata''. La storia inconclusa e inedita di Alciati corrisponde ai codici APUG 627-631 del Fondo Concilio di Trento. Vi sono numerosi esempi di luoghi ove la fonte latina è stata tradotta letteralmente nella versione italiana <ref>Scotti M. (a cura di), ''Storia del Concilio di Trento ed altri scritti di Sforza Pallavicino'', 1968, p. 51</ref>.
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Le segnature del Fondo consultabili in [https://manus.iccu.sbn.it/en/risultati-ricerca-manoscritti?fondo_id_s=1305#1748010841368 Manus On Line] includono tutti i documenti inerenti il Concilio di Trento.<br>
  
===Descrizione del Fondo===
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==La composizione materiale==
Oggi il fondo è costituito da 135 codici manoscritti (8 metri lineari di scaffalatura, all'incirca 33.000 fogli) in forma libraria. I documenti raccolti da P. Alciati e successivamente utilizzati da P. Sforza Pallavicino nei quali sono rintracciabili loro segni distintivi (lettere e segni apposti sul dorso ad indicare una sequenza ordinata) segni d'uso (manicule, segni ad inchiostro e a matita) e notazioni manoscritte sono 87.
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Per ricostruire virtualmente tale ordine sarà necessario rilevare i segni distintivi (serie alfabetiche, numeriche, croci e marchi) sui dorsi e identificando i modi di inserire i titoli. Va però considerato che all'interno dei volumi gli stessi documenti sono stati ordinati e cuciti seguendo quella che appare, a una prima osservazione, una sequenza tematica/cronologica. Troviamo infatti volumi di ''Instrutioni'', ''Litterae'', ''Trattati'', ''Avvisi'' etc. dove i documenti della stessa tipologia sono stati ordinati cronologicamente.  
Gli altri manoscritti inclusi nel fondo fanno riferimento ad opere inerenti il Concilio di Trento ma non si ritiene siano stati utilizzati per la stesura della Storia del Concilio di Trento del cardinale Pallavicino. Si tratta di documenti che potevano trovarsi già nella Biblioteca del Collegio Romano all'epoca di Terenzio Alciati oppure opere donate o pervenute successivamente.
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I documenti presenti all'interno dei singoli volumi riportano, in alcuni casi, segni distintivi e fascicolazioni o numerazioni proprie (depennate e sostituite con una nuova coerente all'ordine del volume) che fanno supporre un ordine antecedente quello attuale. Ciò potrebbe spiegarsi considerando che molti dei materiali raccolti da Alciati dovevano trovarsi sciolti o con legature sommarie.
Le segnature del Fondo consultabili in [https://manus.iccu.sbn.it//opac_ElencoSchedeDiUnFondo.php?ID=349 MANUS on line] includono tutti i documenti inerenti il Concilio di Trento.  
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<br>Gran parte dei codici presenta un indice iniziale dei documenti contenuti. Alcuni sono manoscritti e realizzati o all'epoca di P. Alciati o in corrispondenza con l'opera di rilegatura attribuibile a P. [[Name::Lazzeri, Pietro|Lazzeri]]. Altri sono invece dattiloscritti e aggiunti da archivisti che ordinarono l'archivio nella nuova sede della Gregoriana.
 
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====Le legature====
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Gran parte dei documenti venne rilegata da P. [[Pietro Lazzeri]] SJ, primo professore di Storia Ecclesiastica (1742) e bibliotecario del Collegio Romano sino alla soppressione dell'ordine nel 1773. Le coperte povere di questi codici sono in mezza pergamena con piatti in cartone alla forma e furono realizzate nel corso del Settecento per ordinare e conservare carte sciolte, fascicoli e volumi che si trovavano semplicemente cuciti. Molti di questi materiali dovevano presentarsi sciolti o con cuciture sommarie (ad es. nella tipologia a sopraggitto). Una tipologia di materiale così varia comporta sfide soprattutto dal punto di vista della conservazione materiale.<lb/>
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==Storia del Fondo==
Nel ''Registro delle entrate e delle uscite della Biblioteca del Collegio Romano'' (APUG, Ms. 2805), redatto sotto la direzione di Pietro Lazzeri, alla voce ''legatura'' si parla di “corpi di libri antichi”, “libri guastati dai vermi”, fogli sciolti e miscellanee “mandati al legatore”. La realizzazione di queste legature sembra comunque essere riconducibile a un’esecuzione interna sia per la tecnica esecutiva, un ibrido tra legatura d’archivio e libraria, sia per la povertà dei materiali utilizzati. Gran parte di questi codici sono miscellanee con fascicoli che presentano cuciture primarie di diversa tipologia su cui è stata realizzata una seconda cucitura per comporre il volume: è notevole la varietà delle soluzioni adottate per agganciare le coperte in cartone senza dovere necessariamente ricucire l’intero corpo delle carte.<lb/>  
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Da questa tipologia di legatura, che potremmo denominare “povera”, possono osservarsi diversi aspetti. Da una parte, può notarsi in questa operazione di salvaguardia un interesse nella selezione di certi materiali e non altri. Inoltre, questa cernita mette in evidenza nuove cesure temporali attraverso le quali sarà possibile descrivere dei cambiamenti nella ''temporalizzazione'' del sistema sociale, ovvero la costituzione di un presente a partire da una determinata differenza tra passato e futuro. L'espressione “libri guastati dai vermi”, sottoposta a una osservazione di secondo ordine intesa a scoprire la sua latenza è, in questo senso, altamente indicativa della costruzione del presenteQuesta ''temporalizzazione'' starebbe a indicare un'accelerazione del tempo che comportò un mutamento dello "spazio di esperienza", secondo la categorizzazione di Reinhart Koselleck, e di conseguenza dell'"orizzonte di aspettativa". Un orizzonte carico di tensione verso un futuro portatore di novità dirompenti, nel quale le esperienze passate faranno fatica a essere comprensibili tramite l'analogia del "questo è come quello".
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Il fondo Concilio di Trento raccoglie i manoscritti ricevuti e prodotti da [[Name::Alciati, Terenzio|Terenzio Alciati]] (1570-1651) a partire dall'anno 1626 per comporre la base documentale della sua ''Historia Concilii Tridentini'', più alcuni volumi aggiunti da [[Name::Pallavicino, Sforza|Sforza Pallavicino]], erede del compito storiografico mai portato a termine da Alciati. Sin dal momento della formazione di questa raccolta di documenti, il Collegio Romano ebbe cura nella sua conservazione; complice il fatto che parte di esso fosse stato composto e utilizzato dal Pallavicino, maestro del Collegio e posteriormente creato cardinale da Alessandro VII.<br>
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La storia del Concilio di Trento sembra essere segnata dalla sua improbabilità. Il primo desiderio di editare i documenti del Concilio si trova nell'edizione di Paolo Manuzio ''Canones, et decreta sacrosancti oecumenici, et generalis Concilii Tridentini sub Paulo 3., Iulio 3., et Pio 4., pontificibus max. Index dogmatum, & reformationes.'' Venetiis, 1564:<ref>Esistono tre tirature di questa prima edizione. La prima reca CCXXXIX carte e non presenta l’indice finale. Inoltre contiene molti refusi. La seconda è sempre numerata in cifre romane, ma presenta in fine un ''Index dogmatum, et reformationis'' di 12 pagine non numerate ed un testo più corretto. La terza tiratura ha la numerazione delle pagine in numeri arabi e (16) pagine finali, che, oltre all’indice, contengono per la prima volta la Bolla di Pio IV di conferma delle decisioni conciliari. (F. Govi, ''I classici che hanno fatto l'Italia'', Milano, Regnani, 2010).</ref>
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:::<p style="font-size:100%;text-align:left">''[...]accipe summam rei, lector optime, quae ad salutem vehementer pertinet: universam vero Tridentini Concilii, trium Pontificum distinctam temporibus, historiam, eodem, cuius ad gloriam haec omnia diriguntur, iuvante Deo, propediem expecta''.</p>
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Questa edizione annunciata dal Manuzio, ''propediem'' ("tra poco"), non vide mai la luce.<p>Il tempo ''breve'' che si augurava Manuzio, ritmo proprio della tecnologia della stampa, entra in collisione con la quantità di documentazione prodotta in quasi vent'anni di concilio.  Questa percezione del [[Semantic content::Temporalitas|tempo]] implicò per i contemporanei dei problemi per l'elaborazione dei criteri di selezione riguardo la tipologia documentaria e il suo contenuto.<br> Gli sforzi di Peter Anton Kirsch, Sebastian Merkle, Stephan Ehses, videro la sua culminazione solo nel 2001 con l'edizione del ''Concilio Tridentinum'' de la Gorres-Gesellschaft per opera di [https://www.goerres-gesellschaft-rom.de/it/notizie-novita/dal-mondo/1914-klaus-ganzer-ueberraschend-verstorben-2 Klaus Ganzer] ''Concilium Tridentinum diariorum, actorum, epistularum tractatuum nova collectio edidit Societas Goerresiana promovendis inter Germanos Catholicos litterarum studiis'' (Friburgi Br. 1901-2001)<ref>Riguardo la complessa storia editoriale vedi ''L’esperienza di edizione del Concilium Tridentinum''. Annali dell’Istituto Storico Italo-Germanico in Trento = Jahrbuch Des Italienisch-Deutschen Historischen Instituts in Trient, 29, 469–493.</ref>.
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[[File:Sebastiano Ricci 034.jpg|Sebastiano Ricci. Paolo III ispirato dalla Fede a convocare il concilio di Trento (1685-1687)|thumb]]
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=La ''Historia Concilii Tridentini''=
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Nel 1626, il P. [[Terenzio Alciati]] SJ avrà accesso agli atti originali del Concilio di Trento per adempiere la volontà di papa Urbano VIII di scrivere una storia del Concilio di Trento in risposta all’edizione di [[Paolo Sarpi]] del 1619.<ref>''Historia del Concilio Tridentino. Nella quale si scoprono tutti gl'artificii della Corte di Roma, per impedire che né la verità di dogmi si palesasse, né la riforma del Papato, & della Chiesa si trattasse. Di Pietro Soave Polano''. In Londra. Appresso Giovan(ni) Billio. Regio Stampatore. MDCXIX.  Edizione in Wikisource : https://it.wikisource.org/wiki/Istoria_del_Concilio_tridentino.</ref>  Alciati morì senza riuscire a portare a termine il desiderio di Urbano VIII.<p>
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Alla morte di Alciati il P. [[Pallavicino, Sforza|Sforza Pallavicino]] SJ (1607-1667) ricevette l’incarico da Alessandro VII e proseguì la raccolta dei materiali “spediti da varij principi e ne ripescò dagli archivj di Roma”.<ref>Commento di Francesco Antonio Zaccaria all'edizione del 1792 alla ''[https://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=ucm.5326674417;view=2up;seq=94 Istoria del Concilio di Trento]'' di Sforza Pallavicino, p. LXXVIII.</ref><br>
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La prima edizione a stampa della ''Istoria del Concilio di Trento'' (Roma, nella Stamperia d'Angelo Bernabò dal Verme Erede del Manelfi, 1656-1657) corretta e annotata in più punti dal Cardinale in previsione di una seconda edizione è conservata presso APUG alle collocazioni [https://manus.iccu.sbn.it//opac_SchedaScheda.php?remlastbc=1&ID=171656 APUG 585] e [https://manus.iccu.sbn.it//opac_SchedaScheda.php?remlastbc=1&ID=171657 APUG 586]. Oltre a questa edizione, l'archivio possiede: ''Apografo dell'Errata-corrige della prima edizione della Storia del Conc. di Trento del Pallavicino''([https://manus.iccu.sbn.it/cnmd/0000223788 APUG 895, CC. 8- II]).
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Il Cardinale Pallavicino attingerà non soltanto alle fonti raccolte nell'arco di vent'anni da P. Alciati, ma anche direttamente al suo manoscritto latino.
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Vi sono numerosi esempi di luoghi ove la fonte latina è stata tradotta letteralmente nella versione italiana <ref>Scotti M. (a cura di), ''Storia del Concilio di Trento ed altri scritti di Sforza Pallavicino'', 1968, p. 51</ref>.
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==Le versioni latine==
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Le opere di Alciati e Pallavicino sono state negli anni successivi riprese da altri autori per intraprendere una traduzione latina dell'''Istoria'' del Pallavicino. Il primo fu il gesuita [[Name::Bompiani, Ignazio|Ignazio Bompiani]] (1612-1675) che arrivò però solo fino al libro XVI.<ref>L'interruzione dell'opera di traduzione potrebbe essere dovuta a qualche incomprensione sorta fra il Pallavicino e Bompiani riguardo la libertà nell'adattamento del testo: questa informazione si può interpretare da una lettera scritta da Sforza Pallavicino al p. [[Name::Elizalde, Miguel de|Elizalde]] S.J. (1616-1678), il cui l'autore dell'''Historia'' cerca di dissuadere il destinatario dal tradurre la sua opera in spagnolo. (Tiraboschi, Girolamo, ''Storia della letteratura italiana'', vol. 1(III), Molini, Landi e Co., Firenze, 1812)</ref> e non diede mai alle stampe il frutto del suo lavoro: l'Archivio della PUG conserva i manoscritti APUG 595 a 603.  Un'altra versione latina, questa data alle stampe e onorata di un buon successo, fu approntata dal gesuita [[Name::Giattino,Giovanni Battista|Giovanni Battista Giattino]] (1601-1672): quest'impresa di traduzione ricevette il beneplacito dello stesso Pallavicino, che nel suo testamento (APUG 132) menziona, lodandola, l'intenzione del Giattino.
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=Linee di ricerca=
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::::''E mi è piaciuto divider l'opera in capi per la mistura che vi ha d'istoria, e d'apologia, e per l' intrecciamento di molte materie scientifiche, benché non disputate per professione, e con l'asprezza delle scuole''. (Sforza Pallavicino, ''Istoria del Concilio di Trento'', introduzione).<br>
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==La questione storiografica==
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Nel XVI secolo, l'intento essenziale dell'operazione storiografica è quello di educare moralmente, e questo si ottiene imitando lo stile degli storici latini. La storia, per svolgere il suo ruolo di ''maestra di vita'' doveva riuscire, seguendo i precetti della retorica ciceroniana, a ''delectare'' i suoi lettori, vale a dire coinvolgere e catturare l'attenzione dei lettori.  Gradualmente si darà una evoluzione dalla ''delectatio'' alla ''utilitas''. Il senso di utilità si imporrà, nel XVII, in un secolo di grandi cambiamenti e in una nuova sistematizzazione della disciplina. La prevalenza dell'utilità sul ''delectare'', si comincerà a manifestare nell'arte, nella poetica e nella storiografia.<br>
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Di conseguenza, questa scrittura della storia era governata dal codice ''persuasione/non persuasione'', e non considerava il problema della verità nel suo senso moderno, poiché per loro è vero ciò che era morale.<br>
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Tutto ciò che in queste storie può sembrare la spiegazione "causale" dei fatti è irrilevante. Perché la dimensione retorica è secondaria riguardo alla dimensione scientifica, la verità fattuale ha importanza solo se è subordinata alla rettitudine morale. <br>
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Frances Yates caratterizza la storia retorica in questo modo:
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:::Cos'è la vera storia? Perché scriviamo o leggiamo la storia? Gli umanisti del Rinascimento avevano una risposta sicura a queste domande. La "vera storia" era la storia scritta a imitazione degli storici classici, in particolare Cesare, Sallustio e Livio, con scene di battaglia accuratamente costruite e lunghi discorsi immaginari messi in bocca ai personaggi storici. Il suo obiettivo era etico: imparare dagli "esempi" dei personaggi storici come evitare il vizio e seguire la virtù, come condurre una vita morale<ref>Frances A. Yates, ''Ensayos reunidos II''. ''Renacimiento y Reforma: la contribución italiana'', p. 163.</ref>.<br>
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Secondo Yates, l'accuratezza fattuale, l'uso di fonti documentali, l'analisi delle connessioni causali tra gli eventi, tutto questo erano cose sussidiarie dell'obiettivo principale di una "storia vera": insegnare l'etica attraverso "esempi".<br>
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Per motivare la accettazione da parte del lettore la scrittura della storia doveva tener conto della selezione comunicativa che operava nella ricezione di un testo. Questa ricezione si orientava per aspettative di tipo normativo guidate dal codice ''corretto/incorretto'', vale a dire dalla morale. Questo tipo di aspettative si manterranno o si corroboreranno anche nel caso di aspettative deluse considerando che ci sono delle verità morali, valori che non possono mettersi in discussione né essere modificati.
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Molte delle teorie storiografiche che si sono confrontate con la documentazione relativa al Concilio di Trento così come con le successive interpretazioni delle fonti, guidati da un codice ''verità/non verità'' non rendono esplicito il ''programma'' (teoria e metodologia) che permettono di osservare il codice all'interno di un determinato ''regime di verità''.  In questo senso, spesso si è tralasciata la descrizione dei paradigmi storiografici del XVI e XVII che piuttosto si orientavano attraverso il codice ''persuasione/non persuasione''.  
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Un programma di ricerca potrebbe prendere in considerazione, partendo dalla semantica storiografica dei secoli XVI-XVII, il modo in cui si evolvono le osservazioni riguardo le fonti del Concilio di Trento dalla ''storia incompiuta di Terenzio Alciati'' e dalla storia del Pallavicino per poi considerare le costruzioni della storiografia contemporanea da Hubert Jedin in poi.
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==Le forme discorsive del Fondo==
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L'abbondante documentazione del fondo concilio di Trento e anche un'opportunità per considerare le ''[[Discursive_form|forme discorsive]]'' che contiene.<br>
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Una forma discorsiva sarebbe l'artefatto composto da una semantica condensata in un discorso verbale e da una materialità, il cui insieme denota una regolarità che consente una specifica distinzione nel contesto di molteplici ambiti culturali. In altre parole, ogni forma deve assolvere a una funzione "selettiva" del contenuto che le permetta di orientare le aspettative di chi si avvicina alla sua lettura. Tuttavia, assolve a questa funzione nel suo rapporto con altre forme simultanee dalle quali dovrà essere distinto – una rete di forme – mentre sopravvive nel tempo adattandosi ai cambiamenti storici, o può scomparireÈ importante notare che una forma discorsiva non deve necessariamente essere stampata, tuttavia, la stabilizzazione delle forme discorsive si ottiene davvero grazie alla stampa. <br>
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Una linea di ricerca potrebbe mirare a individuare e descrivere le ''[[Discursive form|forme discorsive]]'' manoscritte in relazione a quelle coeve a stampa. Seguendo questo metodo di indagine è possibile individuare attraverso l’analisi della semantica e della materialità del documento la sua funzione sociale, in quanto forma che adempie una funzione ''selettiva'' capace di guidare le aspettative del lettore all’interno di un determinato sistema sociale. Questo implicherà la necessità di gettare un doppio sguardo sulla documentazione: in quanto varietà di forme che hanno veicolato la comunicazione dei saperi e nel contempo seguire l'evoluzione delle stesse forme. Da un primo sguardo sulla documentazione del Concilio di Trento individuiamo: ''istanze'', ''disputazioni'', ''negozi'', ''osservazioni'', ''trattati'', ''consigli'', ''opposizioni'', ''diari'', e altre. Per ognuna di queste forme andranno verificati contesti di produzione (con particolare attenzione all'influenza reciproca dei media manoscritto e stampato), caratteristiche materiali (formato, ''mise en page'', presenza di apparati grafici) e circolazione.<br>
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Fra le tipologie individuate nel ''Fondo Concilio di Trento'', possiamo elencare:
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Per comprendere la struttura e le modalità di composizione dell’opera ''Istoria del Concilio di Trento'' realizzata da Sforza Pallavicino a compimento del lavoro di ricerca e raccolta dei documenti di Terenzio Alciati, si è scelto di iniziare con la trascrizione integrale dell’indice della prima edizione dell'opera (1656-1657): [[Istoria_del_Concilio_di_Trento._Tavola_delle_cose_più_notabili|Tavola delle cose notabili]]<ref>Trascrizione con immagini dell'edizione [[Index:Indice Pallavicino 1656-1657.djvu|Tavola delle cose più notabili.]]</ref>, contenente nomi, opere, temi selezionati per un totale di ben 63 pagine in folio. Questo paratesto è di capitale importanza in quanto strumento per orientare il lettore. Dall'indice è inoltre possibile inferire l’aspettative della ''repubblica dei lettori'' riguardo il contenuto dell'opera.
 
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====L'ordine====
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===Indice crono-tematico del fondo===
La sequenza in cui si trovano i codici oggi è disomogenea e non consente di risalire all'ordine originario. Per ricostruire virtualmente tale ordine sarà necessario rilevare i segni distintivi (serie alfabetiche, numeriche, croci e marchi) sui dorsi e identificando i modi di inserire i titoli. Va però considerato che all'interno dei volumi gli stessi documenti sono stati ordinati e cuciti seguendo quella che appare, a una prima osservazione, una sequenza tematica/cronologica. Troviamo infatti volumi di ''Instrutioni'', ''Litterae'', ''Trattati'', ''Avvisi'' etc. dove i documenti della stessa tipologia sono stati ordinati cronologicamente.
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*''Fonti raccolte per la storia del Conc. Tridentino del cardinale S. Pallavicino che si conservano nell'AUG''
I documenti presenti all'interno dei singoli volumi riportano, in alcuni casi, segni distintivi e fascicolazioni o numerazioni proprie (depennate e sostituite con una nuova coerente all'ordine del volume) che fanno supporre un ordine antecedente quello attuale. Ciò potrebbe spiegarsi considerando che molti dei materiali raccolti da Alciati dovevano trovarsi sciolti o con legature sommarie.
 
 
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====Gli indici====
 
Gran parte dei codici presenta un indice iniziale dei documenti contenuti. Alcuni sono manoscritti e realizzati o all'epoca di P. Alciati o in corrispondenza con l'opera di rilegatura attribuile a P. Lazzeri. Altri sono invece dattiloscritti e aggiunti da archivisti che ordinarono l'archivio nella nuova sede della Gregoriana.
 
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====Il problema linguistico====
 
P. Alciati: versione latina
 
P. Pallavicino: versione italiana
 
P. Bompiani e P. Giattino versione latina
 
  
===Obiettivi===
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Un primo obiettivo del progetto è l'individuazione e descrizione delle ''[[Discursive form|forme discorsive]]'' manoscritte in relazione con quelle coeve a stampa. Seguendo questo metodo di indagine è possibile individuare attraverso l’analisi della semantica e della materialità del documento la sua funzione sociale, in quanto forma che adempie una funzione ''selettiva'' capace di guidare le aspettative del lettore all’interno di un determinato sistema sociale. Questo implicherà la necessità di gettare un doppio sguardo sulla documentazione: in quanto varietà di forme che hanno veicolato la comunicazione dei saperi e nel contempo seguire l'evoluzione delle stesse forme. Da un primo sguardo sulla documentazione del Concilio di Trento individuiamo: ''istanze'', ''disputazioni'', ''negozi'', ''osservazioni'', ''trattati'', ''consigli'', ''opposizioni'', ''diari'', e altre. Per ognuna di queste forme andranno verificati contesti di produzione (con particolare attenzione all'influenza reciproca dei media manoscritto e stampato), caratteristiche materiali (formato, ''mise en page'', presenza di apparati grafici) e circolazione.<lb/>
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|+ Caption text
[[File:Manuzio trento.jpg|thumb|<small>''Canones, et Decreta Sacrosanti Oecumenici, et generalis Concilii Tridentini''
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Romae, 1564</small><ref>Esistono tre tirature di questa prima edizione. La prima reca CCXXXIX carte e non presenta l’indice finale. Inoltre contiene molti refusi. La seconda è sempre numerata in cifre romane, ma presenta in fine un ''Index dogmatum, et reformationis'' di 12 pagine non numerate ed un testo più corretto. La terza tiratura ha la numerazione delle pagine in numeri arabi e (16) pagine finali, che, oltre all’indice, contengono per la prima volta la Bolla di Pio IV di conferma delle decisioni conciliari. (F. Govi, ''I classici che hanno fatto l'Italia'', Milano, Regnani, 2010).</ref>.]]
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! Anno !! Documenti !! Codice !! cc.
Un altro obiettivo riguarda l'individuazione del metodo di selezione e di ordinamento del materiale. La documentazione, raccolta nel corso di oltre trent'anni, deve avere avuto un ordinamento interno finalizzato al ritrovamento delle informazioni considerate di volta in volta utili per la composizione dell’opera.<ref>Solo occasionalmente è presente un ordine cronologico.</ref> Da questa selezione potrà descriversi un'''archeologia''  dell'evoluzione dell’informazione, in quanto capacità di orientarsi dinanzi all’emergenza di nuove distinzioni all’interno del sistema sociale.<lb/>
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Oltre alla selezione operata sui documenti sarà necessario analizzare la stratificazione che questi hanno subito. Nell'analisi di questo fondo saranno identificabili almeno tre metodi di selezione attribuibili a Terenzio Alciati (1570-1651), Pietro Sforza Pallavicino (1607-1667) e Hubert Jedin (1900-1980) che collazionarono e selezionarono un gran numero di materiali per redigere, volta per volta, la “vera” storia del Concilio di Trento.
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===Lavori in corso===
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==La ricezione==
* Per comprendere la struttura e le modalità di composizione dell’opera ''Istoria del Concilio di Trento'' realizzata da Sforza Pallavicino a compimento del lavoro di ricerca e raccolta dei documenti di Terenzio Alciati, si è scelto di iniziare con la trascrizione integrale dell’indice della prima edizione dell'opera (1656-1657), la ''[[Index:Indice Pallavicino 1656-1657.djvu|Tavola delle cose più notabili]]'', contenente nomi, opere, temi selezionati per un totale di ben 63 pagine in folio. Questo paratesto, insieme ad altri, è di capitale importanza in quanto strumento che pretende di orientare il lettore;  dall'indice è inoltre possibile inferire l’aspettativa della ''repubblica dei lettori'' riguardo l'opera. Quest’osservazione si fonda sulla considerazione che nel processo di comunicazione è più rilevante la ricezione (comprendere o fraintendere l'informazione) che l’emissione (atto del comunicare).
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La convalida di una opera dipende dall'orizzonte delle aspettative dei lettori.<ref>Senza misconoscere i principi della teoria della ricezione estetica di Hans-Robert Jauss questi però possono essere applicati solo alle narrative della letteratura moderna. Le produzione testuale e la sua ricezione nella prima modernità dovranno tener conto dell'''ars retorica'' di quel periodo. L'intenzione narrativa è convincere. Inoltre, le narrative della modernità avanzata, a differenza di quelle della prima modernità, mettono la loro enfasi nella "distanza estetica", vale a dire nell'innovazione. Al contrario la produzione storiografica della prima modernità non pretendeva frustrare le aspettative dei lettori ma soddisfarle. A questo riguardo vedi, Mendiola Mejía, A. ''Retórica, comunicación y realidad'', p. 252-3.</ref><br>
* Lo studio relativo alle modalità di selezione e organizzazione del materiale passerà invece da una revisione delle schede catalografiche presenti in ''MANUS on line'': i dati attualmente presenti, spesso scarni e approssimativi, sono quelli riportati nelle schede topografiche dell’inventario dattiloscritto realizzato in APUG nel corso degli anni Settanta. In questa fase saranno individuate le tipologie testuali a partire da come si presentano nei titoli dei manoscritti, lavoro preliminare alla ricerca sulle ''forme discorsive''. Inoltre per il materiale epistolare sarà realizzata una catalogazione a livelli per restituire i dati di ogni singola lettera.
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Pertanto, le affermazioni sull'interpretazione di un testo sono sempre relative a una comunità di lettori. Vale a dire, tutta la convalida di un libro dipende dall'orizzonte delle aspettative dei lettori. Pertanto, le affermazioni sull'interpretazione di un testo sono sempre relative a una comunità di lettori. Non è possibile affermare che il libro dice qualcosa indipendentemente da una comunità di lettori. I libri e i documenti, in quanto comunicazioni e non in quanto oggetti materiali, esistono solo nell'appropriazione dei lettori. Quest’osservazione si fonda sulla considerazione che nel processo di comunicazione è più rilevante la ricezione (accettare o rifiutare l'informazione) che l’emissione.
 
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==Bibliografia==
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A partire da questo punto di partenza teorico potrebbe essere considerata la ricezione di Alciati da parte del Pallavacino, fino ad arrivare a la storia del concilio di Trento di Hubert Jedin.
Contestualmente al progetto di ricerca sarà allestita una bibliografia specifica relativa alla storiografia sul Concilio di Trento.<br>
 
  
<big>[[Monumenta Concilii Tridentini/Bibliografia|La bibliografia è disponibile a questo link.]]</big>
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=Tirocini=
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Alcune delle attività indicate nelle Linee di ricerca potranno essere realizzate da tirocinanti in convenzione con università quali ''Sapienza Università di Roma'', ''Notre Dame University'' e, per quanto concerne gli interventi di conservazione e restauro, con l'''Istituto Centrale per la Patologia degli Archivi e del Libro'' (ICPAL).
  
== Note ==
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=Conservazione=
<references />
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La [[Conservation|conservazione]] materiale della documentazione è obiettivo primario dell'Archivio storico della Pontificia Università Gregoriana. Oltre al quotidiano impegno per assicurare i corretti parametri ambientali e di preservazione fisica, l'Archivio ha instituito un laboratorio di restauro per effettuare interventi di maggiore entità sul proprio materiale.<br>
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Il [https://drive.google.com/file/d/1o1kJ6QRQZdrQOHDoEQyR9x-lyWkcY8Yi/view?usp=drive_link progetto di restauro] della Ditta Paolo Ferraris del 1987, presentato sotto la direzione di P. Vincenzo Monachino non fu mai realizzato.

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Works Bibliography

APUG 0235 100r.jpg

Monumenta Concilii Tridentini Bibliography.jpg

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Il cardinale Ercole Gonzaga presiede una seduta del Concilio di Trento in Santa Maria Maggiore (Trento). Elia Naurizio, Congregazione generale del concilio di Trento (1633). Museo diocesano Tridentino.


Il Fondo Concilio di Trento

Il progetto Monumenta Concilii Tridentini è promosso dall’Archivio storico della PUG è stato avviato nel 2018 per descrivere e comprendere la valorizzazione del Fondo Concilio di Trento dalla sua costituzione (fine secolo XVI) ai giorni nostri.
Il termine valorizzazione, proprio della comunicazione in ambito economico e posteriormente applicato ai così denominati "beni culturali", è stato definito da Charles Gide come: "hausse factice dans la valeur marchande d'une denrée provoquée au moyen de manœuvres économiques"[1]. In questo senso, la valorizzazione è vista come il risultato di un'operazione fittizia destinata a dare valore a una merce che, per la sua scarsità provocata, aumenta il suo prezzo. La introduzione del termine nell'ambito dei "beni culturali" sta a indicare il desiderio di dare un nuovo valore a un determinato oggetto. Anche in questo caso si dovrebbe parlare di un'operazione costruita intorno al determinato oggetto. Se in un momento dato si decide di valorizzare qualcosa è perché in precedenza si era deprezzato. Il valore non è pertanto presente nella cosa in sé ma nell'osservazione che si compie su di essa. Allo storico può interessare quest'alternanza valutativa in quanto indicatore di mutamenti o di possibili evoluzioni sociali.

Canones, et Decreta Sacrosanti Oecumenici, et generalis Concilii Tridentini Romae, 1564

Descrizione del Fondo

Il nucleo presente nel Fondo APUG è costituito da 135 codici manoscritti (8 metri lineari di scaffalatura, all'incirca 33.000 fogli) in forma libraria; la maggior parte dei documenti sono databili al secolo XVII, pochi volumi risalgono al XVI. I manoscritti sono in larga parte legati in assi di cartone grigio con dorso in pergamena, pochi hanno una legatura completamente in pergamena. A parte pochi originali, tutti questi codici contengono principalmente copie di diari, atti del Concilio, corrispondenza, relazioni, brevi e istruzioni papali, atti delle diete tenute in Germania, voti, discorsi, etc. Queste tipologie identificano delle precise forme discorsive (vedi infra "Le forme discorsive del Fondo"). Per tentare di orientarsi in questa grande raccolta, si può prendere in considerazione il ms. APUG 652, un indice generale della collezione originale di manoscritti. Nei documenti raccolti da P. Alciati e successivamente utilizzati da P. Sforza Pallavicino ,sono rintracciabili segni distintivi (lettere e segni apposti sul dorso ad indicare una sequenza ordinata), segni d'uso (manicule, segni ad inchiostro e a matita) e notazioni manoscritte. Le segnature del Fondo consultabili in Manus On Line includono tutti i documenti inerenti il Concilio di Trento.

La composizione materiale

Per ricostruire virtualmente tale ordine sarà necessario rilevare i segni distintivi (serie alfabetiche, numeriche, croci e marchi) sui dorsi e identificando i modi di inserire i titoli. Va però considerato che all'interno dei volumi gli stessi documenti sono stati ordinati e cuciti seguendo quella che appare, a una prima osservazione, una sequenza tematica/cronologica. Troviamo infatti volumi di Instrutioni, Litterae, Trattati, Avvisi etc. dove i documenti della stessa tipologia sono stati ordinati cronologicamente. I documenti presenti all'interno dei singoli volumi riportano, in alcuni casi, segni distintivi e fascicolazioni o numerazioni proprie (depennate e sostituite con una nuova coerente all'ordine del volume) che fanno supporre un ordine antecedente quello attuale. Ciò potrebbe spiegarsi considerando che molti dei materiali raccolti da Alciati dovevano trovarsi sciolti o con legature sommarie.
Gran parte dei codici presenta un indice iniziale dei documenti contenuti. Alcuni sono manoscritti e realizzati o all'epoca di P. Alciati o in corrispondenza con l'opera di rilegatura attribuibile a P. Lazzeri. Altri sono invece dattiloscritti e aggiunti da archivisti che ordinarono l'archivio nella nuova sede della Gregoriana.

Storia del Fondo

Il fondo Concilio di Trento raccoglie i manoscritti ricevuti e prodotti da Terenzio Alciati (1570-1651) a partire dall'anno 1626 per comporre la base documentale della sua Historia Concilii Tridentini, più alcuni volumi aggiunti da Sforza Pallavicino, erede del compito storiografico mai portato a termine da Alciati. Sin dal momento della formazione di questa raccolta di documenti, il Collegio Romano ebbe cura nella sua conservazione; complice il fatto che parte di esso fosse stato composto e utilizzato dal Pallavicino, maestro del Collegio e posteriormente creato cardinale da Alessandro VII.

La storia del Concilio di Trento sembra essere segnata dalla sua improbabilità. Il primo desiderio di editare i documenti del Concilio si trova nell'edizione di Paolo Manuzio Canones, et decreta sacrosancti oecumenici, et generalis Concilii Tridentini sub Paulo 3., Iulio 3., et Pio 4., pontificibus max. Index dogmatum, & reformationes. Venetiis, 1564:[2]

[...]accipe summam rei, lector optime, quae ad salutem vehementer pertinet: universam vero Tridentini Concilii, trium Pontificum distinctam temporibus, historiam, eodem, cuius ad gloriam haec omnia diriguntur, iuvante Deo, propediem expecta.

Questa edizione annunciata dal Manuzio, propediem ("tra poco"), non vide mai la luce.

Il tempo breve che si augurava Manuzio, ritmo proprio della tecnologia della stampa, entra in collisione con la quantità di documentazione prodotta in quasi vent'anni di concilio. Questa percezione del tempo implicò per i contemporanei dei problemi per l'elaborazione dei criteri di selezione riguardo la tipologia documentaria e il suo contenuto.
Gli sforzi di Peter Anton Kirsch, Sebastian Merkle, Stephan Ehses, videro la sua culminazione solo nel 2001 con l'edizione del Concilio Tridentinum de la Gorres-Gesellschaft per opera di Klaus Ganzer Concilium Tridentinum diariorum, actorum, epistularum tractatuum nova collectio edidit Societas Goerresiana promovendis inter Germanos Catholicos litterarum studiis (Friburgi Br. 1901-2001)[3].

Sebastiano Ricci. Paolo III ispirato dalla Fede a convocare il concilio di Trento (1685-1687)

La Historia Concilii Tridentini

Nel 1626, il P. Terenzio Alciati SJ avrà accesso agli atti originali del Concilio di Trento per adempiere la volontà di papa Urbano VIII di scrivere una storia del Concilio di Trento in risposta all’edizione di Paolo Sarpi del 1619.[4] Alciati morì senza riuscire a portare a termine il desiderio di Urbano VIII.

Alla morte di Alciati il P. Sforza Pallavicino SJ (1607-1667) ricevette l’incarico da Alessandro VII e proseguì la raccolta dei materiali “spediti da varij principi e ne ripescò dagli archivj di Roma”.[5]
La prima edizione a stampa della Istoria del Concilio di Trento (Roma, nella Stamperia d'Angelo Bernabò dal Verme Erede del Manelfi, 1656-1657) corretta e annotata in più punti dal Cardinale in previsione di una seconda edizione è conservata presso APUG alle collocazioni APUG 585 e APUG 586. Oltre a questa edizione, l'archivio possiede: Apografo dell'Errata-corrige della prima edizione della Storia del Conc. di Trento del Pallavicino(APUG 895, CC. 8- II). Il Cardinale Pallavicino attingerà non soltanto alle fonti raccolte nell'arco di vent'anni da P. Alciati, ma anche direttamente al suo manoscritto latino. Vi sono numerosi esempi di luoghi ove la fonte latina è stata tradotta letteralmente nella versione italiana [6].

Le versioni latine

Le opere di Alciati e Pallavicino sono state negli anni successivi riprese da altri autori per intraprendere una traduzione latina dell'Istoria del Pallavicino. Il primo fu il gesuita Ignazio Bompiani (1612-1675) che arrivò però solo fino al libro XVI.[7] e non diede mai alle stampe il frutto del suo lavoro: l'Archivio della PUG conserva i manoscritti APUG 595 a 603. Un'altra versione latina, questa data alle stampe e onorata di un buon successo, fu approntata dal gesuita Giovanni Battista Giattino (1601-1672): quest'impresa di traduzione ricevette il beneplacito dello stesso Pallavicino, che nel suo testamento (APUG 132) menziona, lodandola, l'intenzione del Giattino.

Linee di ricerca

E mi è piaciuto divider l'opera in capi per la mistura che vi ha d'istoria, e d'apologia, e per l' intrecciamento di molte materie scientifiche, benché non disputate per professione, e con l'asprezza delle scuole. (Sforza Pallavicino, Istoria del Concilio di Trento, introduzione).

La questione storiografica

Nel XVI secolo, l'intento essenziale dell'operazione storiografica è quello di educare moralmente, e questo si ottiene imitando lo stile degli storici latini. La storia, per svolgere il suo ruolo di maestra di vita doveva riuscire, seguendo i precetti della retorica ciceroniana, a delectare i suoi lettori, vale a dire coinvolgere e catturare l'attenzione dei lettori. Gradualmente si darà una evoluzione dalla delectatio alla utilitas. Il senso di utilità si imporrà, nel XVII, in un secolo di grandi cambiamenti e in una nuova sistematizzazione della disciplina. La prevalenza dell'utilità sul delectare, si comincerà a manifestare nell'arte, nella poetica e nella storiografia.
Di conseguenza, questa scrittura della storia era governata dal codice persuasione/non persuasione, e non considerava il problema della verità nel suo senso moderno, poiché per loro è vero ciò che era morale.
Tutto ciò che in queste storie può sembrare la spiegazione "causale" dei fatti è irrilevante. Perché la dimensione retorica è secondaria riguardo alla dimensione scientifica, la verità fattuale ha importanza solo se è subordinata alla rettitudine morale.
Frances Yates caratterizza la storia retorica in questo modo:

Cos'è la vera storia? Perché scriviamo o leggiamo la storia? Gli umanisti del Rinascimento avevano una risposta sicura a queste domande. La "vera storia" era la storia scritta a imitazione degli storici classici, in particolare Cesare, Sallustio e Livio, con scene di battaglia accuratamente costruite e lunghi discorsi immaginari messi in bocca ai personaggi storici. Il suo obiettivo era etico: imparare dagli "esempi" dei personaggi storici come evitare il vizio e seguire la virtù, come condurre una vita morale[8].

Secondo Yates, l'accuratezza fattuale, l'uso di fonti documentali, l'analisi delle connessioni causali tra gli eventi, tutto questo erano cose sussidiarie dell'obiettivo principale di una "storia vera": insegnare l'etica attraverso "esempi".
Per motivare la accettazione da parte del lettore la scrittura della storia doveva tener conto della selezione comunicativa che operava nella ricezione di un testo. Questa ricezione si orientava per aspettative di tipo normativo guidate dal codice corretto/incorretto, vale a dire dalla morale. Questo tipo di aspettative si manterranno o si corroboreranno anche nel caso di aspettative deluse considerando che ci sono delle verità morali, valori che non possono mettersi in discussione né essere modificati. Molte delle teorie storiografiche che si sono confrontate con la documentazione relativa al Concilio di Trento così come con le successive interpretazioni delle fonti, guidati da un codice verità/non verità non rendono esplicito il programma (teoria e metodologia) che permettono di osservare il codice all'interno di un determinato regime di verità. In questo senso, spesso si è tralasciata la descrizione dei paradigmi storiografici del XVI e XVII che piuttosto si orientavano attraverso il codice persuasione/non persuasione. Un programma di ricerca potrebbe prendere in considerazione, partendo dalla semantica storiografica dei secoli XVI-XVII, il modo in cui si evolvono le osservazioni riguardo le fonti del Concilio di Trento dalla storia incompiuta di Terenzio Alciati e dalla storia del Pallavicino per poi considerare le costruzioni della storiografia contemporanea da Hubert Jedin in poi.

Le forme discorsive del Fondo

L'abbondante documentazione del fondo concilio di Trento e anche un'opportunità per considerare le forme discorsive che contiene.
Una forma discorsiva sarebbe l'artefatto composto da una semantica condensata in un discorso verbale e da una materialità, il cui insieme denota una regolarità che consente una specifica distinzione nel contesto di molteplici ambiti culturali. In altre parole, ogni forma deve assolvere a una funzione "selettiva" del contenuto che le permetta di orientare le aspettative di chi si avvicina alla sua lettura. Tuttavia, assolve a questa funzione nel suo rapporto con altre forme simultanee dalle quali dovrà essere distinto – una rete di forme – mentre sopravvive nel tempo adattandosi ai cambiamenti storici, o può scomparire. È importante notare che una forma discorsiva non deve necessariamente essere stampata, tuttavia, la stabilizzazione delle forme discorsive si ottiene davvero grazie alla stampa.
Una linea di ricerca potrebbe mirare a individuare e descrivere le forme discorsive manoscritte in relazione a quelle coeve a stampa. Seguendo questo metodo di indagine è possibile individuare attraverso l’analisi della semantica e della materialità del documento la sua funzione sociale, in quanto forma che adempie una funzione selettiva capace di guidare le aspettative del lettore all’interno di un determinato sistema sociale. Questo implicherà la necessità di gettare un doppio sguardo sulla documentazione: in quanto varietà di forme che hanno veicolato la comunicazione dei saperi e nel contempo seguire l'evoluzione delle stesse forme. Da un primo sguardo sulla documentazione del Concilio di Trento individuiamo: istanze, disputazioni, negozi, osservazioni, trattati, consigli, opposizioni, diari, e altre. Per ognuna di queste forme andranno verificati contesti di produzione (con particolare attenzione all'influenza reciproca dei media manoscritto e stampato), caratteristiche materiali (formato, mise en page, presenza di apparati grafici) e circolazione.
Fra le tipologie individuate nel Fondo Concilio di Trento, possiamo elencare:

Forme
Corrispondenza Diari Ricordi
Istruzioni Conditiones Memoriali/Memorie
Adnotationes Avvertimenti Avvertimenti
Informationes Ritratti Racconti
Dichiarationes Orationes Scrittura
Considerationes Relationes Modo
Trattato Proposta Decreto
Indices Ordo

Temi chiave

Per comprendere la struttura e le modalità di composizione dell’opera Istoria del Concilio di Trento realizzata da Sforza Pallavicino a compimento del lavoro di ricerca e raccolta dei documenti di Terenzio Alciati, si è scelto di iniziare con la trascrizione integrale dell’indice della prima edizione dell'opera (1656-1657): Tavola delle cose notabili[9], contenente nomi, opere, temi selezionati per un totale di ben 63 pagine in folio. Questo paratesto è di capitale importanza in quanto strumento per orientare il lettore. Dall'indice è inoltre possibile inferire l’aspettative della repubblica dei lettori riguardo il contenuto dell'opera.

Indice crono-tematico del fondo

  • Fonti raccolte per la storia del Conc. Tridentino del cardinale S. Pallavicino che si conservano nell'AUG


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Anno Documenti Codice cc.
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La ricezione

La convalida di una opera dipende dall'orizzonte delle aspettative dei lettori.[10]
Pertanto, le affermazioni sull'interpretazione di un testo sono sempre relative a una comunità di lettori. Vale a dire, tutta la convalida di un libro dipende dall'orizzonte delle aspettative dei lettori. Pertanto, le affermazioni sull'interpretazione di un testo sono sempre relative a una comunità di lettori. Non è possibile affermare che il libro dice qualcosa indipendentemente da una comunità di lettori. I libri e i documenti, in quanto comunicazioni e non in quanto oggetti materiali, esistono solo nell'appropriazione dei lettori. Quest’osservazione si fonda sulla considerazione che nel processo di comunicazione è più rilevante la ricezione (accettare o rifiutare l'informazione) che l’emissione.
A partire da questo punto di partenza teorico potrebbe essere considerata la ricezione di Alciati da parte del Pallavacino, fino ad arrivare a la storia del concilio di Trento di Hubert Jedin.

Tirocini

Alcune delle attività indicate nelle Linee di ricerca potranno essere realizzate da tirocinanti in convenzione con università quali Sapienza Università di Roma, Notre Dame University e, per quanto concerne gli interventi di conservazione e restauro, con l'Istituto Centrale per la Patologia degli Archivi e del Libro (ICPAL).

Conservazione

La conservazione materiale della documentazione è obiettivo primario dell'Archivio storico della Pontificia Università Gregoriana. Oltre al quotidiano impegno per assicurare i corretti parametri ambientali e di preservazione fisica, l'Archivio ha instituito un laboratorio di restauro per effettuare interventi di maggiore entità sul proprio materiale.
Il progetto di restauro della Ditta Paolo Ferraris del 1987, presentato sotto la direzione di P. Vincenzo Monachino non fu mai realizzato.

  1. Gide, Ch., Cours d'économie politique, 1919, p. 154
  2. Esistono tre tirature di questa prima edizione. La prima reca CCXXXIX carte e non presenta l’indice finale. Inoltre contiene molti refusi. La seconda è sempre numerata in cifre romane, ma presenta in fine un Index dogmatum, et reformationis di 12 pagine non numerate ed un testo più corretto. La terza tiratura ha la numerazione delle pagine in numeri arabi e (16) pagine finali, che, oltre all’indice, contengono per la prima volta la Bolla di Pio IV di conferma delle decisioni conciliari. (F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010).
  3. Riguardo la complessa storia editoriale vedi L’esperienza di edizione del Concilium Tridentinum. Annali dell’Istituto Storico Italo-Germanico in Trento = Jahrbuch Des Italienisch-Deutschen Historischen Instituts in Trient, 29, 469–493.
  4. Historia del Concilio Tridentino. Nella quale si scoprono tutti gl'artificii della Corte di Roma, per impedire che né la verità di dogmi si palesasse, né la riforma del Papato, & della Chiesa si trattasse. Di Pietro Soave Polano. In Londra. Appresso Giovan(ni) Billio. Regio Stampatore. MDCXIX. Edizione in Wikisource : https://it.wikisource.org/wiki/Istoria_del_Concilio_tridentino.
  5. Commento di Francesco Antonio Zaccaria all'edizione del 1792 alla Istoria del Concilio di Trento di Sforza Pallavicino, p. LXXVIII.
  6. Scotti M. (a cura di), Storia del Concilio di Trento ed altri scritti di Sforza Pallavicino, 1968, p. 51
  7. L'interruzione dell'opera di traduzione potrebbe essere dovuta a qualche incomprensione sorta fra il Pallavicino e Bompiani riguardo la libertà nell'adattamento del testo: questa informazione si può interpretare da una lettera scritta da Sforza Pallavicino al p. Elizalde S.J. (1616-1678), il cui l'autore dell'Historia cerca di dissuadere il destinatario dal tradurre la sua opera in spagnolo. (Tiraboschi, Girolamo, Storia della letteratura italiana, vol. 1(III), Molini, Landi e Co., Firenze, 1812)
  8. Frances A. Yates, Ensayos reunidos II. Renacimiento y Reforma: la contribución italiana, p. 163.
  9. Trascrizione con immagini dell'edizione Tavola delle cose più notabili.
  10. Senza misconoscere i principi della teoria della ricezione estetica di Hans-Robert Jauss questi però possono essere applicati solo alle narrative della letteratura moderna. Le produzione testuale e la sua ricezione nella prima modernità dovranno tener conto dell'ars retorica di quel periodo. L'intenzione narrativa è convincere. Inoltre, le narrative della modernità avanzata, a differenza di quelle della prima modernità, mettono la loro enfasi nella "distanza estetica", vale a dire nell'innovazione. Al contrario la produzione storiografica della prima modernità non pretendeva frustrare le aspettative dei lettori ma soddisfarle. A questo riguardo vedi, Mendiola Mejía, A. Retórica, comunicación y realidad, p. 252-3.