Monumenta Concilii Tridentini
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Il Fondo Concilio di Trento
Il progetto Monumenta Concilii Tridentini è promosso dall’Archivio storico della PUG e avviato nel 2018 per descrivere e comprendere la valorizzazione del Fondo Concilio di Trento dalla sua costituzione (fine secolo XVI) ai giorni nostri.
Il termine valorizzazione, proprio della comunicazione in ambito economico e posteriormente applicato ai così denominati "beni culturali", è stato definito da Charles Gide come: "hausse factice dans la valeur marchande d'une denrée provoquée au moyen de manœuvres économiques"[1]. In questo senso la valorizzazione è vista come il risultato di un'operazione fittizia destinata a dare valore a una merce che, per la sua scarsità provocata, aumenta il suo prezzo.
La introduzione del termine nell'ambito dei "beni culturali" sta a indicare il desiderio di dare un nuovo valore a un determinato oggetto. Anche in questo caso si dovrebbe parlare di un'operazione costruita intorno al determinato oggetto. Se in un momento dato si decide di valorizzare qualcosa è perché in precedenza si era deprezzato. Il valore non è pertanto presente nella cosa in sé ma nell'osservazione che si compie su di essa. Allo storico può interessare quest'alternanza valutativa in quanto indicatore di mutamenti o di possibili evoluzioni sociali.
Storia del Fondo
Il fondo Concilio di Trento raccoglie i manoscritti ricevuti e prodotti da Terenzio Alciati a partire dall'anno 1626 per comporre la base documentale della sua Historia Concilii Tridentini, più alcuni volumi aggiunti da Sforza Pallavicino, erede del compito storiografico mai portato a termine da Alciati. Sin dal momento della formazione di questa raccolta di documenti, il Collegio Romano ebbe cura nella sua conservazione; complice il fatto che parte di esso fosse stato composto e utilizzato dal Pallavicino, maestro del Collegio e posteriormente creato cardinale da Alessandro VII.
La storia del Concilio di Trento sembra essere segnata dalla sua improbabilità. Il primo desiderio di scrivere una storia del Concilio lo si trova nell'edizione di Paolo Manuzio Canones, et decreta sacrosancti oecumenici, et generalis Concilii Tridentini sub Paulo 3., Iulio 3., et Pio 4., pontificibus max. Index dogmatum, & reformationes. Venetiis, 1564:
accipe summam rei, lector optime, quae ad salutem vehementer pertinet: universam vero Tridentini Concilii, trium Pontificum distinctam temporibus, historiam, eodem, cuius ad gloriam haec omnia diriguntur, iuvante Deo, propediem expecta.
Questa storia annunciata dal Manuzio, propediem ("tra poco"), non vide mai la luce.Il tempo breve che si augurava Manuzio, ritmo proprio della tecnologia della stampa, entra in collisione con la quantità di documentazione prodotta in quasi vent'anni di concilio. Questa percezione del tempo implicò per i contemporanei dei problemi per l'elaborazione dei criteri di selezione riguardo la tipologia documentaria e il suo contenuto.
Lo sforzo Peter Anton Kirsch, Sebastian Merkle, Stephan Ehses, videro la sua culminazione solo nel 2001 con l'edizione del Concilio Tridentinum de la Gorres-Gesellschaft per opera di Klaus Ganzer Concilium Tridentinum diariorum, actorum, epistularum tractatuum nova collectio edidit Societas Goerresiana promovendis inter Germanos Catholicos litterarum studiis (Friburgi Br. 1901-2001)[2].
La Historia Concilii Tridentini
Nel 1626, il P. Terenzio Alciati SJ (1570-1651) avrà accesso agli atti originali del Concilio di Trento per adempiere la volontà di papa Urbano VIII di scrivere una storia del Concilio di Trento in risposta all’edizione di Paolo Sarpi del 1619.[3] Alciati morì senza riuscire a portare a termine il desiderio di Urbano VIII.
Alla morte di Alciati il P. Sforza Pallavicino SJ (1607-1667) ricevette l’incarico da Alessandro VII e proseguì la raccolta dei materiali “spediti da varij principi e ne ripescò dagli archivj di Roma”.[4]
La prima edizione a stampa della Istoria del Concilio di Trento (Roma, nella Stamperia d'Angelo Bernabò dal Verme Erede del Manelfi, 1656-1657) corretta e annotata in più punti dal Cardinale in previsione di una seconda edizione è conservata presso APUG alle collocazioni APUG 585 e APUG 586.
Il Cardinale Pallavicino attingerà non soltanto alle fonti raccolte nell'arco di vent'anni da P. Alciati, ma anche direttamente al suo manoscritto latino.
Vi sono numerosi esempi di luoghi ove la fonte latina è stata tradotta letteralmente nella versione italiana [5].
Le versioni latine
Le opere di Alciati e Pallavicino sono state negli anni successivi riprese da altri autori, principalmente come traduzioni o proposte alla stampa qualora inedite (come nel caso dell' Historia dell'Alciati). Il primo ad occuparsi di una versione al latino dell'opera del Pallavicino fu il gesuita Ignazio Bompiani (1612-1675) che arrivò però solo fino al libro XVI[6] e non diede mai alle stampe il frutto del suo lavoro: l'Archivio della PUG conserva i manoscritti APUG 595 a 603. Un'altra versione latina, questa data alle stampe e onorata di un buon successo, fu approntata dal gesuita Giovanni Battista Giattino (1601-1672): quest'impresa di traduzione ricevette il beneplacito dello stesso Pallavicino, che nel suo [[ https://manus.iccu.sbn.it/cnmd/0000223067%7C testamento]] menziona, lodandola, l'intenzione del Giattino.
Descrizione del Fondo
Il nucleo presente nel Fondo APUG è costituito da 135 codici manoscritti (8 metri lineari di scaffalatura, all'incirca 33.000 fogli) in forma libraria; la maggior parte dei documenti sono databili al secolo XVII, pochi volumi risalgono al XVI. I manoscritti sono in larga parte legati in assi di cartone grigio con dorso in pergamena, pochi hanno una legatura completamente in pergamena. A parte pochi originali, tutti questi codici contengono principalmente copie di diari, atti del Concilio, corrispondenza, relazioni, brevi e istruzioni papali, atti delle diete tenute in Germania, voti, discorsi, etc. Queste tipologie identificano delle precise forme discorsive (vedi infra "Le forme discorsive del Fondo"). Per tentare di orientarsi in questa grande raccolta, si può prendere in considerazione il ms. APUG 652, un indice generale della collezione originale di manoscritti. I documenti raccolti da P. Alciati e successivamente utilizzati da P. Sforza Pallavicino nei quali sono rintracciabili segni distintivi (lettere e segni apposti sul dorso ad indicare una sequenza ordinata), segni d'uso (manicule, segni ad inchiostro e a matita) e notazioni manoscritte sono 87. Le segnature del Fondo consultabili in MANUS online includono tutti i documenti inerenti il Concilio di Trento.
Conservazione
La conservazione materiale della documentazione è obiettivo primario dell'Archivio storico PUG. Oltre al quotidiano impegno per assicurare i corretti parametri ambientali e di preservazione fisica, l'Archivio ha instituito un laboratorio di restauro per effettuare interventi di maggiore entità sul proprio materiale.
La composizione materiale
La sequenza in cui si trovano i codici oggi è disomogenea e non consente di risalire all'ordine originario. Per ricostruire virtualmente tale ordine sarà necessario rilevare i segni distintivi (serie alfabetiche, numeriche, croci e marchi) sui dorsi e identificando i modi di inserire i titoli. Va però considerato che all'interno dei volumi gli stessi documenti sono stati ordinati e cuciti seguendo quella che appare, a una prima osservazione, una sequenza tematica/cronologica. Troviamo infatti volumi di Instrutioni, Litterae, Trattati, Avvisi etc. dove i documenti della stessa tipologia sono stati ordinati cronologicamente.
I documenti presenti all'interno dei singoli volumi riportano, in alcuni casi, segni distintivi e fascicolazioni o numerazioni proprie (depennate e sostituite con una nuova coerente all'ordine del volume) che fanno supporre un ordine antecedente quello attuale. Ciò potrebbe spiegarsi considerando che molti dei materiali raccolti da Alciati dovevano trovarsi sciolti o con legature sommarie.
Gran parte dei codici presenta un indice iniziale dei documenti contenuti. Alcuni sono manoscritti e realizzati o all'epoca di P. Alciati o in corrispondenza con l'opera di rilegatura attribuibile a P. Lazzeri. Altri sono invece dattiloscritti e aggiunti da archivisti che ordinarono l'archivio nella nuova sede della Gregoriana.
Linee di ricerca
La questione storiografica
- E mi è piaciuto divider l'opera in capi per la mistura che vi ha l'istoria , e d'apologia , e per l' intrecciamento di molte materie scientifiche , benché non disputate per professione , e con l'asprezza delle scuole.
- E mi è piaciuto divider l'opera in capi per la mistura che vi ha l'istoria , e d'apologia , e per l' intrecciamento di molte materie scientifiche , benché non disputate per professione , e con l'asprezza delle scuole.
Nel XVI secolo, l'intento essenziale della storia è quello di educare moralmente,e questo si ottiene imitando lo stile degli storici latini. La storia, per svolgere il suo ruolo di maestra di vita doveva riuscire a deleitare i suoi lettori, e per deleitarli doveva scrivere con eloquenza. Gradualmente si darà una evoluzione dalla delectatio alla utilitas. Il senso di utilità si imporrà, nel XVII, in un secolo di grandi cambiamenti e in una nuova sistematizzazione della disciplina. La prevalenza dell'utilità sul deleitare, si comincerà a manifestare nell'arte, nella poetica e nella storiografia.
Di conseguenza, questa scrittura della storia era governata dal codice persuasione/non persuasione, e non considerava il problema della verità nel suo senso moderno, poiché per loro è vero ciò che è morale.
L'unico che può far uscire dall'oblio le azioni virtuose e le azioni viziose è l'esperto di retorica. Tutto ciò che in queste storie può sembrare la spiegazione "causale" dei fatti è irrilevante. Perché la dimensione retorica è subordina allo dimensione scientifica; la verità fattuale ha importanza solo se è subordinata alla rettitudine morale.
La realtà della storia retorica è normativa. Frances Yates caratterizza la storia retorica in questo modo:
- Cos'è la vera storia? Perché scriviamo o leggiamo la storia? Gli umanisti del Rinascimento avevano una risposta sicura a queste domande. La "vera storia" era la storia scritta a imitazione degli storici classici, in particolare Cesare, Sallustio e Livio, con scene di battaglia accuratamente costruite e lunghi discorsi immaginari messi in bocca ai personaggi storici. Il suo obiettivo era etico: imparare dagli "esempi" dei personaggi storici come evitare il vizio e seguire la virtù, come condurre una vita morale[7].
- Cos'è la vera storia? Perché scriviamo o leggiamo la storia? Gli umanisti del Rinascimento avevano una risposta sicura a queste domande. La "vera storia" era la storia scritta a imitazione degli storici classici, in particolare Cesare, Sallustio e Livio, con scene di battaglia accuratamente costruite e lunghi discorsi immaginari messi in bocca ai personaggi storici. Il suo obiettivo era etico: imparare dagli "esempi" dei personaggi storici come evitare il vizio e seguire la virtù, come condurre una vita morale[7].
Secondo Yates, l'accuratezza fattuale, l'uso di fonti documentali, l'analisi delle connessioni causali tra gli eventi, tutto questo erano cose sussidiarie dell'obiettivo principale di una "storia vera": insegnare l'etica attraverso "esempi".
Molte delle teorie storiografiche che si sono confrontate con la documentazione relativa al Concilio di Trento così come con le successive interpretazioni delle fonti, guidati da un codice verità/non verità senza però rendere esplicito il programma (teoria e metodologia) che permettono di osservare il codice all'interno di un determinato regime di verità. In questo senso, si è tralasciata la descrizione dei paradigmi storiografici del XVI e XVII che piuttosto si orientavano attraverso il codice persuasione/non persuasione.
- La storia incompiuta di Terenzio Alciati
- La Storia del Pallavicino
- Hubert Jedin
Le forme discorsive del Fondo
Una forma discorsiva sarebbe l'artefatto composto da una semantica condensata in un discorso verbale e da una materialità, il cui insieme denota una regolarità che consente una specifica distinzione nel contesto di molteplici ambiti culturali. In altre parole, ogni forma deve assolvere a una funzione "selettiva" del contenuto che le permetta di orientare le aspettative di chi si avvicina alla sua lettura. Tuttavia, assolve a questa funzione nel suo rapporto con altre forme simultanee dalle quali dovrà essere distinto – una rete di forme – mentre sopravvive nel tempo adattandosi ai cambiamenti storici, o può scomparire. È importante notare che una forma discorsiva non deve necessariamente essere stampata, tuttavia, la stabilizzazione delle forme discorsive si ottiene davvero grazie alla stampa.
Una linea di ricerca potrebbe mirare a individuare e descrivere le forme discorsive manoscritte in relazione a quelle coeve a stampa. Seguendo questo metodo di indagine è possibile individuare attraverso l’analisi della semantica e della materialità del documento la sua funzione sociale, in quanto forma che adempie una funzione selettiva capace di guidare le aspettative del lettore all’interno di un determinato sistema sociale. Questo implicherà la necessità di gettare un doppio sguardo sulla documentazione: in quanto varietà di forme che hanno veicolato la comunicazione dei saperi e nel contempo seguire l'evoluzione delle stesse forme. Da un primo sguardo sulla documentazione del Concilio di Trento individuiamo: istanze, disputazioni, negozi, osservazioni, trattati, consigli, opposizioni, diari, e altre. Per ognuna di queste forme andranno verificati contesti di produzione (con particolare attenzione all'influenza reciproca dei media manoscritto e stampato), caratteristiche materiali (formato, mise en page, presenza di apparati grafici) e circolazione.
Fra le tipologie individuate nel Fondo Concilio di Trento, possiamo elencare:
| Forme | ||
|---|---|---|
| Corrispondenza | Diari | Ricordi |
| Istruzioni | Conditiones | Memoriali/Memorie |
| Adnotationes | Avvertimenti | Avvertimenti |
| Informationes | Ritratti | Racconti |
| Dichiarationes | Orationes | Scrittura |
| Considerationes | Relationes | Modo |
| Trattato | Proposta | Decreto |
| Indices | Ordo |
Temi chiave
Per comprendere la struttura e le modalità di composizione dell’opera Istoria del Concilio di Trento realizzata da Sforza Pallavicino a compimento del lavoro di ricerca e raccolta dei documenti di Terenzio Alciati, si è scelto di iniziare con la trascrizione integrale dell’indice della prima edizione dell'opera (1656-1657): Tavola delle cose notabili[9], contenente nomi, opere, temi selezionati per un totale di ben 63 pagine in folio. Questo paratesto, insieme ad altri, è di capitale importanza in quanto strumento che pretende di orientare il lettore; dall'indice è inoltre possibile inferire l’aspettativa della repubblica dei lettori riguardo l'opera. Quest’osservazione si fonda sulla considerazione che nel processo di comunicazione è più rilevante la ricezione (comprendere o fraintendere l'informazione) che l’emissione (atto del comunicare).
La ricezione
La convalida di una opera dipende dall'orizzonte delle aspettative dei lettori.
Pertanto, le affermazioni sull'interpretazione di un testo sono sempre relative a una comunità di lettori. Vale a dire, tutta la convalida di un libro dipende dall'orizzonte delle aspettative dei lettori. Pertanto, le affermazioni sull'interpretazione di un testo sono sempre relative a una comunità di lettori. Non è possibile affermare che il libro dice qualcosa indipendentemente da una comunità di lettori. I libri e i documenti, in quanto comunicazioni e non in quanto oggetti materiali, esistono solo nell'appropriazione dei lettori.
A partire da questo punto di partenza teorico potrebbe essere considerata la ricezione di Alciati da parte del Pallavacino, fino ad arrivare a la storia del concilio di Trento di Hubert Jedin.
Tirocini
Alcune delle attività indicate nelle Linee di ricerca potranno essere realizzate da tirocinanti in convenzione con università quali Sapienza, NotreDame University e, per quanto concerne gli interventi di restauro, con la scuola di alta formazione ICPAL.
- ↑ Gide, Ch., Cours d'économie politique, 1919, p. 154
- ↑ Riguardo la complessa storia editoriale vedi L’esperienza di edizione del Concilium Tridentinum. Annali dell’Istituto Storico Italo-Germanico in Trento = Jahrbuch Des Italienisch-Deutschen Historischen Instituts in Trient, 29, 469–493.
- ↑ Historia del Concilio Tridentino. Nella quale si scoprono tutti gl'artificii della Corte di Roma, per impedire che né la verità di dogmi si palesasse, né la riforma del Papato, & della Chiesa si trattasse. Di Pietro Soave Polano. In Londra. Appresso Giovan(ni) Billio. Regio Stampatore. MDCXIX. Edizione in Wikisource : https://it.wikisource.org/wiki/Istoria_del_Concilio_tridentino.
- ↑ Commento di Francesco Antonio Zaccaria all'edizione del 1792 alla Istoria del Concilio di Trento di Sforza Pallavicino, p. LXXVIII.
- ↑ Scotti M. (a cura di), Storia del Concilio di Trento ed altri scritti di Sforza Pallavicino, 1968, p. 51
- ↑ L'interruzione dell'opera di traduzione potrebbe essere dovuta a qualche incomprensione sorta fra il Pallavicino e Bompiani riguardo la libertà nell'adattamento del testo: questa informazione si può interpretare da una lettera scritta da Sforza Pallavicino al p. Elizalde S.J. (1616-1678), il cui l'autore dell'Historia cerca di dissuadere il destinatario dal tradurre la sua opera in spagnolo. (Tiraboschi, Girolamo, Storia della letteratura italiana, vol. 1(III), Molini, Landi e Co., Firenze, 1812)
- ↑ Frances A. Yates, Ensayos reunidos II. Renacimiento y Reforma: la contribución italiana, p. 163.
- ↑ Esistono tre tirature di questa prima edizione. La prima reca CCXXXIX carte e non presenta l’indice finale. Inoltre contiene molti refusi. La seconda è sempre numerata in cifre romane, ma presenta in fine un Index dogmatum, et reformationis di 12 pagine non numerate ed un testo più corretto. La terza tiratura ha la numerazione delle pagine in numeri arabi e (16) pagine finali, che, oltre all’indice, contengono per la prima volta la Bolla di Pio IV di conferma delle decisioni conciliari. (F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010).
- ↑ Trascrizione con immagini dell'edizione Tavola delle cose più notabili