Notae in Genesim

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Introduzione

La controversia sulla parola di Dio deve precedere come una grande introduzione tutte [le altre] questioni. Infatti non è possibile alcuna disputa se prima non si concorda con l’avversario su qualche principio comune: e la sola cosa sulla quale siamo d’accordo con tutti gli eretici è che la parola di Dio è la norma della fede sulla base della quale si giudica dei dogmi; il principio condiviso, ammesso da tutti, da cui trarre gli argomenti; la spada spirituale cui, in questo duello, non si può rinunciare.
Praefatio in disputationes de controversiis (trad. F. Motta).

Notae in Genesim

Il contributo di Bellarmino agli studi biblici può essere distinto in due categorie principali: da un lato le opere pubblicate (e non) con commenti ai testi biblici, dall’altro il ruolo avuto nella revisione ufficiale della Vulgata pubblicata da Sisto V nel 1590. Secondo la commissione istituita per rivederne il testo, questa edizione conteneva una grande quantità di errori sostanziali che portarono al suo ritiro dal mercato; dopo una revisione durata circa un paio di anni, la Vulgata venne nuovamente stampata nel 1592 con un’introduzione dello stesso Bellarmino. Più tardi, nel 1611, il cardinale diede alle stampe una elucidatio del libro dei Salmi; il lavoro di esegesi dei testi biblici iniziò comunque ben prima, come attesta un manoscritto tutt’oggi inedito contenente un commento al libro della Genesi conservato nell’Archivio storico della Gregoriana.
Il manoscritto entrò a formar parte del patrimonio dell'Archivio grazie al P. Felice Grossi Gondi SJ (1860-1923), Professore di Archeologia alla Università Gregoriana (1914-1923). Grossi Gondi diede notizia del manoscritto a P. Alberto Vaccari SJ, del Pontificio Istituto Biblico, il quale scrisse una breve presentazione in Gregorianum, 1921 (Vol. 2, No. 4). Con occasione del convegno celebratosi nella Gregoriana per il IV anniversario della morte di San Roberto Bellarmino (2021), il manoscritto della Genesi fu presso in considerazione per P. Jean Louis Ska SJ (L’esegesi di san Roberto Bellarmino fra sant’Ignazio e Galileo Galilei). Al di fuori di queste due occasioni il manoscritto non suscitò alcun interesse per l'ermeneutica biblica.

La creazione di un contesto

I così chiamati "contesti storici", che spesso funzionano come un Deus ex machina[1], potrebbero essere considerati non come preesistenti alla ricerca ma come osservazioni della ricerca stessa.
In questo senso, potremmo iscrivere l'attività esegetica del Bellarmino come uno sforzo, poi frustrato, di far circolare il testo biblico in lingua vernacola. La ricezione dei testi impressi in generale e in particolare della Bibbia deve essere osservata a partire da quel sistema sociale che, a differenza del nostro, eterarchico, operava al suo interno con una distinzione di tipo gerarchico. Soltanto a partire dal XVIII si conoscerà quello che oggi identifichiamo come "opinione pubblica". Ciò implicava che la descrizione del "mondo" e della società stessa si realizzava dal vertice della gerarchia, in questo caso della gerarchia ecclesiastica che si riservava per sé il decidere la certezza del testo e l'ermeneutica corretta. Precisamente ciò che potremmo osservare a partire della traduzione del testo e della sua diffusione è uno scontro al vertice riguardo a chi possedeva la responsabilità decisoria per risolvere le controversie circa la "veritas". Restando però salvo il principio che, in ultimo termine, l'ermeneutica apparteneva a una élite che di volta in volta decideva la "giusta" interpretazione. Un esempio di questi conflitti nell'apice della gerarchia furono le schermaglie, tra la Congregazione dell'Indice e il Sant'Uffizio, di cui il Bellarmino ne fu partecipe.
Come dimostra Gigliola Fragnito[2] la Congregazione dell'Indice aveva finalmente aderito alla regola IV dell'indice tridentino ripristinando l'utilizzo delle traduzioni del testo biblico, lasciando la potestà ai vescovi di rilasciare la licenza per la loro lettura. Clemente VIII il 27 marzo 1596 approvò la regola IV dell'indice tridentino. La regola IV prevedeva la possibilità che il testo biblico tradotto alla lengua volgare, con l'opinione favorevole del vescovo o dell'inquisitore, insieme alla decisione favorevole del confessore o del parroco, poteva essere letto da coloro che avranno la capacità di capire che tali traduzioni non devono arrecare danno ma incrementare l’amore e la fede. L'intenzione della Regola, quindi, non ha niente a che fare con ciò che oggi potremmo identificare come "divulgazione" di un insegnamento, di una teoria più o meno complessa, che si rivolge a un ampio pubblico ma era indirizzata dal vertice del sistema a coloro che già si trovavano in detto vertice (nobiltà, alto clero) e che già possedevano una semantica colta. La preoccupazione della Regola IV denota comunque un pericolo nella pratica di lettura dell'impresso; pur volendo assicurare la corretta "ricezione" apelando a diversi meccanismi come la censura e i richiami alle coscienze diventerà sempre più improbabile controllare al "lettore solitario" che non terrà al suo fianco un maestro che possa orientare in modo certo la interpretazione "ortodossa" del testo.
Due settimane dopo l'approvazione di Clemente VIII, il Sant'Uffizio impedì la promulgazione dell'indice clementino per realizzare delle modifiche. Tra queste, la più importante fu tornare alla proibizione di Paolo IV che aveva sancito l'assoluto divieto delle traduzione delle Bibbia in lingua volgare salvo il permesso dell'Inquisizione Romana.
Dovranno trascorrere più di due secoli affinché Benedetto XIV consentirà agli italiani l'uso della edizione del vescovo Antonio Martini. I sei volumi della traduzione del Nuovo Testamento appariranno tra 1769 e 1771 e i diciassette dell'Antico Testamento tra 1776 e 1781.

La controversia sulla parola di Dio

La produzione esegetica del Bellarmino si muove nello spazio della controversia.
Una lettera di del gesuitaJacques Commet pone di manifesto che per calvinisti e cattolici la concezione che la parola di Dio è un arma al servizio delle "guerre di verità"[3] di quel secolo.

Manoscritto APUG 385b

Digitalizzazione e trascrizione

  • Trascrizione integrale con immagine del manoscritto a fronte: APUG 385b

La trascrizione e le annotazioni al testo sono state realizzata dal Prof. Piet Van Boxel.

BELLARMINO GENESI.jpg

Descrizione

Catalog description in MANUS on line.
Dimensioni: 150x112x11
Coperta: piena pergamena semifloscia.
Cucitura: su due nervi in pelle allumata ancorati ai contropiatti.
Capitelli: mancanti.
Lacci di chiusura: presenti le tracce dei fori

E’ presente una nota volante inserita tra cg-[I], sia manoscritta che stampata. Sono presenti, inoltre, due etichette cartacee, una sul dorso e una sul piatto anteriore con segnatura manoscritta.

Restauro

  • Distacco delle controguardie a secco o con umidificazione controllata e separazione della coperta dal blocco delle carte.
  • Consolidamento del nervo di testa con prolungamento posteriore per mezzo di inserto in pelle allumata o con spago. Ancoraggio dell’ultimo fascicolo e ripresa della cucitura dove necessario.
  • Pulitura a secco di tutte le carte con pennello a setole morbide e Smoke-off sponge dove necessario.
  • Misurazione del pH delle carte. Risultato inferiore a 5, si è proceduto con una deacidificazione senza smontaggio del volume per mezzo di soluzione alcolica di propionato di calcio al 3,5% oppure di Nanorestore paperⓇ in propanolo, a seguito di test di solubilità degli inchiostri.
  • Restauro delle controguardie con carta giapponese di adeguata grammatura e amido.
  • Leggera indorsatura in carta giapponese e amido.
  • Pulitura della coperta in pergamena a secco e con soluzione idroalcolica. Leggera umidificazione e messa in forma.
  • Rreinserimento di lacci in pelle allumata
  • Assemblaggio del volume per mezzo di adesione a pieno delle controguardie.

Manoscritti sulla Genesi in APUG

Benedetto Pereira, Objectiones quatuoir contra dicta quaedam P. Benedicti Pererii in quarto tomo eius in Genesim, ed ad eas ipsius Pererii Responsiones

Pedro de Parra, Explicatio in Genesim, Cap. I et partem c. 2 usque ad formationem mulieris - In classe theologica Collegii Romani

Jacques Bonfrère, Commentarius in Genesim. Auctore R.P. Jacobo Bonfrero e Societate Jesu

Bibliografia

  1. Dal greco ἀπὸ μηχανῆς θεός, vale a dire "divinità che scende dalla macchina" e che risolveva un intreccio che era diventato irrisolvibile. Questo potrebbe rappresentare ogni "marchingegno" (μηχανῆς) che al di fuori della teoria cerca di spiegare ciò che la teoria non spiega.
  2. Fragnito, G., Cinquecento italiano. Religione, cultura e potere dal Rinascimento alla Controriforma. Bologna, 2011, pp. 39-40.
  3. Questa denominazione in Herschel Baker, The Wars of Truth: Studies in the Decay of Christian Humanism in the Earlier Seventeenth Century, Cambridge, Mass., 1952, reimpresión: Gloucester, 1969.