Notae in Genesim

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In cosa si assomigliano i fichi e le parole della Legge?
Nel fatto che ogni volta che l’uomo va a raccogliere dei fichi li trova sulla pianta.
 La stessa cosa succede con le parole della Legge:
sempre che un uomo le interroghi troverà in esse,
senso, sapore e buon gusto.

Talmud di Babilonia

Introduzione

La controversia sulla parola di Dio deve precedere come una grande introduzione tutte [le altre] questioni. Infatti non è possibile alcuna disputa se prima non si concorda con l’avversario su qualche principio comune: e la sola cosa sulla quale siamo d’accordo con tutti gli eretici è che la parola di Dio è la norma della fede sulla base della quale si giudicano i dogmi; il principio condiviso, ammesso da tutti, da cui trarre gli argomenti; la spada spirituale a cui, in questo duello, non si può rinunciare.
Praefatio in disputationes de controversiis (trad. F. Motta).

Notae in Genesim

Il contributo di Bellarmino agli studi biblici può essere distinto in due categorie principali: da un lato le opere pubblicate (e non) con commenti ai testi biblici, dall’altro il ruolo avuto nella revisione ufficiale della Vulgata pubblicata da Sisto V nel 1590. Secondo la commissione istituita per rivederne il testo, questa edizione conteneva una grande quantità di errori sostanziali che portarono al suo ritiro dal mercato; dopo una revisione durata circa un paio di anni, la Vulgata venne nuovamente stampata nel 1592 con un’introduzione dello stesso Bellarmino. Più tardi, nel 1611, il cardinale diede alle stampe una elucidatio del libro dei Salmi; il lavoro di esegesi dei testi biblici iniziò comunque ben prima, come attesta il manoscritto APUG 385B contenente un commento al libro della Genesi conservato nell’Archivio storico della Gregoriana.
Il manoscritto entrò a formar parte del patrimonio dell'Archivio grazie al P. Felice Grossi Gondi SJ (1860-1923), Professore di Archeologia all'Università Gregoriana (1914-1923). Grossi Gondi diede notizia del manoscritto a P. Alberto Vaccari SJ, del Pontificio Istituto Biblico, il quale scrisse una breve presentazione in Gregorianum, 1921 (Vol. 2, No. 4). Con occasione del convegno celebratosi nella Gregoriana per il IV anniversario della morte di San Roberto Bellarmino (2021), il manoscritto della Genesi fu preso in considerazione da P. Jean Louis Ska SJ (L’esegesi di san Roberto Bellarmino fra sant’Ignazio e Galileo Galilei). Al di fuori di queste due occasioni il manoscritto non suscitò alcun interesse per l'ermeneutica biblica. Nondimeno, questa ecclissi, così come succede con altri documenti relativi a San Roberto Bellarmino, può essere senz'altro oggetto di studio per la ricerca storica.

La ricostruzione della figura di Roberto Bellarmino, che cominciò circolare a partire dal XIX secolo, è spesso contrapposta a quella di Galileo Galilei o di Giordano Bruno. Questa osservazione parte di certe distinzioni come "conservatorismo" e "modernità", o "clericalismo" e "laicità", che grazie alla loro ingenuità e semplicità concettuale sono molto funzionali dal punto di vista comunicativo. Tra l'altro, la comunicazione polemica riesce a dare una forza coesiva ai gruppi che vi partecipano. Le Notae in Genesim, così come altri manoscritti dell'Archivio, aspettano osservazioni più complesse.

La creazione di un contesto

I così chiamati "contesti storici", che spesso funzionano come un Deus ex machina[1], potrebbero essere considerati non come preesistenti alla ricerca ma come osservazioni della ricerca stessa, in questo caso si tratterebbe dell'osservazione del sistema storiografico.

Potremmo iscrivere una parte dell'attività esegetica del Bellarmino come uno sforzo, poi frustrato, di far circolare il testo biblico in lingua vernacola. La ricezione dei testi impressi in generale e in particolare della Bibbia deve essere osservata a partire da quel sistema sociale che, a differenza del nostro, eterarchico, operava al suo interno con una distinzione di tipo gerarchico. Ciò implicava che la descrizione del "mondo" e della società stessa si realizzava dal vertice della gerarchia, in questo caso della gerarchia ecclesiastica, che si riservava per sé il decidere la certezza del testo e l'ermeneutica corretta. Soltanto a partire dal XVIII secolo si conoscerà quella che oggi identifichiamo come "opinione pubblica" che sposterà l'egemonia interpretativa.
Precisamente ciò che noi oggi possiamo osservare, a partire dalla traduzione del testo e dalla sua diffusione, è uno scontro al vertice per determinare chi possedeva la responsabilità decisoria per risolvere le controversie circa la "veritas". Restando però salvo il principio che, in ultimo termine, l'ermeneutica apparteneva a una élite che di volta in volta decideva la "giusta" interpretazione. Un esempio di questi conflitti nell'apice della gerarchia furono le schermaglie, tra la Congregazione dell'Indice e il Sant'Uffizio, di cui il Bellarmino ne fu partecipe.

Come dimostra Gigliola Fragnito[2] la Congregazione dell'Indice aveva finalmente aderito alla regola IV dell'indice tridentino ripristinando l'utilizzo delle traduzioni del testo biblico, lasciando la potestà ai vescovi di rilasciare la licenza per la loro lettura. Clemente VIII il 27 marzo 1596 approvò la regola IV dell'indice tridentino. La regola IV prevedeva la possibilità che il testo biblico tradotto in lingua volgare, con l'opinione favorevole del vescovo o dell'inquisitore, insieme con l'accordo del confessore o del parroco, poteva essere letto da coloro che avranno la capacità di capire che tali traduzioni non devono arrecare danno ma incrementare l’amore e la fede. L'intenzione della Regola, quindi, non ha niente a che fare con ciò che oggi potremmo identificare come "divulgazione" di un insegnamento o di una teoria più o meno complessa, che si rivolge a un ampio pubblico. La traduzione della Bibbia era indirizzata dal vertice del sistema a coloro che già si trovavano in detto vertice (nobiltà, alto clero) e che per questo già possedevano una semantica colta. La Regola IV pone di manifesto il pericolo che si racchiudeva nella lettura delle traduzioni della Bibbia. Malgrado gli sforzi per assicurare la corretta "ricezione" del testo, appellandosi a diversi meccanismi come la censura e i richiami alle coscienze, diventerà sempre più improbabile controllare il "lettore solitario" che ormai non avrà più al suo fianco un maestro che possa orientare in modo certo l'interpretazione "ortodossa".

Due settimane dopo l'approvazione di Clemente VIII, il Sant'Uffizio impedì la promulgazione dell'indice clementino per realizzare delle modifiche. Tra queste, la più importante fu tornare alla proibizione di Paolo IV che aveva sancito l'assoluto divieto delle traduzioni delle Bibbia in lingua volgare salvo il permesso dell'Inquisizione Romana.

Dovranno trascorrere più di due secoli affinché Benedetto XIV consentirà l'uso dell'edizione del vescovo Antonio Martini. I sei volumi della traduzione del Nuovo Testamento appariranno tra il 1769 e il 1771 e i diciassette dell'Antico Testamento tra il 1776 e il1781.

La controversia sulla parola di Dio

La produzione esegetica del Bellarmino si muove nello spazio della controversia.
Una lettera del gesuita Jacques Commelet (1549-1621) fa vedere come, per calvinisti e cattolici, la interpretazione della parola di Dio era un arma al servizio delle "guerre di verità"[3] di quel secolo.

Commelet, partecipò alla Conferenza di Nancy, convocata per convincere a Caterina di Borbone di aderire alla fede cattolica. Alla conferenza parteciparono il marito di Caterina Enrico II di Lorena, il cardinale Carlo III di Lorena-Vaudémont, i ministri calvinisti Nicolas La Jay e Jaques Coüet du Vivier così come altri nobili. Commelet volle lasciare in chiaro quali dovevano essere i termini della discussione:
[...] dopo uno esordio breve dissi, che prima d'entrare nel fatto, desideravamo intendere chiaramente, quale armi si adopereranno d'una parte e d'altra. Il ministro Coüet rispose, che non intendeva, che altre armi ci fossero lecite, se non la pura e sola parola di Dio, e per dar colore alla sua fraudolenta proposizione, aggiunse uno panegirico delle lodi della detta parola di Dio. Io replicai sopra di ciò, dicendo, che in vero la parola d'Iddio è così degna et eccellente, che sarebbe impossibile a noi lodarla secondo li meriti suoi, et che l'animo nostro era di pigliare per fondamento primo e principale di tutta la dottrina.
Per poi aggiungere: [...] che nella detta parola si trovava la scorza e la medolla, la lettera e l'intelligenza, et che non si doveva far capitale della parola di Dio, altra che bene e sanamente intesa; altrimenti avverrebbe ciò che non senza causa dice l'Apostolo: littera occidit. Et esplicandomi aggiunsi, che il sano senso della parola di Dio, non si poteva cavare d'altro, che dal consenso e determinazione della chiesa e dall'accordo comune di santi Padri [...]
Per Commelet, per Bellarmino e per gli stessi calvinisti leggere un testo è saper distinguere tra la scorza e la midolla. Si parte dal presupposto che un testo c'è una "verità" da scoprire e quindi ci si dovrà contare con uno o più interpreti autorizzati che siano capaci di determinare il senso nascosto. Inoltre, la determinazione della veritas cristiana e della veritas ebraica si muovono nel registro della verità morale. Come lo ricorda il salmo 45,5 che evoca le nozze dello sposo Re: "Avanza maestoso sul carro, per la causa della verità". Al seguito della verità procedono la "clemenza" e la "giustizia".

Il testo delle Notae in Genesim può essere, tra tante altre cose, un'occasione per considerare la evoluzione di una delle pratiche più complesse come lo è l'appropriazione di un testo dalla parte di una comunità di lettori. Per arrivare ad altre distinzioni come quelle di Jacques Derrida nella sua Farmacia di Platone: Un testo è un testo solo se nasconde al primo sguardo, al primo venuto, la legge della sua composizione e la regola del suo gioco. Un testo resta per sempre impercettibile. Oppure, come direbbe Michel de Certeau, arrivare alla l’apologia dell’impertinenza del lettore, che, come un bracconiere, lo porta ad adottare diverse posizioni davanti al testo e di usarlo per finalità forse non previste (Michel de Certeau; L’invenzione del quotidiano.

Il manoscritto APUG 385b

Le Notae in Genesim di Roberto Bellarmino sono i suoi appunti personali in preparazione delle sue lezioni sul libro della Genesi, che tenne tra il 1574 e il 1576 al Colegio dei gesuiti a Lovanio. Ci fornisce una finestra senza precedenti sul metodo di insegnamento di Bellarmino, le sue competenze linguistiche, teologiche ed esegetiche. Di particolare interesse è l’uso di Bellarmino della Poliglotta di Anversa (Anversa, 1568-1572), che mette in luce il suo minuzioso confronto tra le varie interpretazioni della Scrittura, il ruolo primario attribuito al testo ebraico, il ruolo del Targum e la sua posizione rispetto all'autorità della Vulgata.

Inoltre, i suoi appunti rivelano la dipendenza di Bellarmino da fonti ebraiche come il Sefer ha-shorashim di David Kimhi e i commenti biblici ebraici.
Le Notae in Genesim di Roberto Bellarmino rivelano la sua crescente competenza della lingua ebraica, uno strumento fondamentale per stabilire il testo e l'interpretazioni più affidabili Scrittura; uno sforzo che ha perseguito per tutta la sua vita come voce distintiva al seguito del Concilio di Trento.

Digitalizzazione e trascrizione

  • Trascrizione integrale con immagine del manoscritto a fronte: APUG 385b
  • La trascrizione e le annotazioni al testo sono state realizzata dal Prof. Piet Van Boxel.
BELLARMINO GENESI.jpg


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Descrizione

Catalog description in MANUS on line.
Dimensioni: 150x112x11
Coperta: piena pergamena semifloscia.
Cucitura: su due nervi in pelle allumata ancorati ai contropiatti.
Capitelli: mancanti.
Lacci di chiusura: presenti le tracce dei fori

E’ presente una nota volante inserita tra cg-[I], sia manoscritta che stampata. Sono presenti, inoltre, due etichette cartacee, una sul dorso e una sul piatto anteriore con segnatura manoscritta.

Restauro

  • Distacco delle controguardie a secco o con umidificazione controllata e separazione della coperta dal blocco delle carte.
  • Consolidamento del nervo di testa con prolungamento posteriore per mezzo di inserto in pelle allumata o con spago. Ancoraggio dell’ultimo fascicolo e ripresa della cucitura dove necessario.
  • Pulitura a secco di tutte le carte con pennello a setole morbide e Smoke-off sponge dove necessario.
  • Misurazione del pH delle carte. Risultato inferiore a 5, si è proceduto con una deacidificazione senza smontaggio del volume per mezzo di soluzione alcolica di propionato di calcio al 3,5% oppure di Nanorestore paperⓇ in propanolo, a seguito di test di solubilità degli inchiostri.
  • Restauro delle controguardie con carta giapponese di adeguata grammatura e amido.
  • Leggera indorsatura in carta giapponese e amido.
  • Pulitura della coperta in pergamena a secco e con soluzione idroalcolica. Leggera umidificazione e messa in forma.
  • Rreinserimento di lacci in pelle allumata
  • Assemblaggio del volume per mezzo di adesione a pieno delle controguardie.

Manoscritti sulla Genesi in APUG

Benedetto Pereira, Objectiones quatuor contra dicta quaedam P. Benedicti Pererii in quarto tomo eius in Genesim, ed ad eas ipsius Pererii Responsiones

Pedro de Parra, Explicatio in Genesim, Cap. I et partem c. 2 usque ad formationem mulieris - In classe theologica Collegii Romani

Jacques Bonfrère, Commentarius in Genesim. Auctore R.P. Jacobo Bonfrero e Societate Jesu

Bibliografia

  1. Dal greco ἀπὸ μηχανῆς θεός, vale a dire "divinità che scende dalla macchina" e che risolveva un intreccio che era diventato irrisolvibile. Questo potrebbe rappresentare ogni "marchingegno" (μηχανῆς) che al di fuori della teoria cerca di spiegare ciò che la teoria non spiega.
  2. Fragnito, G., Cinquecento italiano. Religione, cultura e potere dal Rinascimento alla Controriforma. Bologna, 2011, pp. 39-40.
  3. Questa denominazione in Herschel Baker, The Wars of Truth: Studies in the Decay of Christian Humanism in the Earlier Seventeenth Century, Cambridge, Mass., 1952, reimpresión: Gloucester, 1969.