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Rhinocerotis Cornua. Inter peregrina et exotica animantia, quae mirabilium foecunda parens natura producere solet, est hoc deforme monstri genus. Animal est grande, durissimo et solidissimo corio, ceu thorace ferreo à natura loricatum. Corporis mole Elephanto non impar, à qua tamen non nihil deficit, eo quod breviores habeat pedes. Caput habet ad modum suum in rostro acutius, et usque ad frontem productius, grossissimi ac robustissimi colli; os repandum, inter nares ei excrescit cornu rotundum, et robustissimum, parumper versus frontem incurvatum, ferrugineum nigrorem habens; caudam more Boum ejusque formae gestat. Nonnulli porro Rhinocerotes duobus cornibus instructi sunt. Majori inter nares, minori verò supra nares; feritate, dolo, et fortitudine corporis molem aequat, adeo ut nulli belluarum cedat. Tempore Domitiani saepius in arenam producti fuerunt, semperque visi luctandi dexteritate caeteris praevalere; adeò ut Elephantes sternere, Leopardos exanimare, Leones interimere, Tauros conficere, Ursos extenuare, aliaque ferocioris naturae animalia enecare, et vincere compertum sit. Unde Martialis lib. Spectac. Epigr. 22. canit.
Sollicitant pavidi dum Rhinocerota Magistri,
Seque diù magnae colligit ira ferae,
Desperabantur promissi proelia Martis
Sed tamen is rediit, qui fuit ante furor.
Namque gravem gemino cornu sic extulit Urfum,
Jactat ut impositas Taurus in astra pilas.
Habet Musaeum tria Rhinocerotum Cornua, duo minora bipalmaria in longitudine, et septem unciarum in calcis radice, diametro, unde in conum excrescentia, leviter incurvata in acumen gracilescunt. Tertium verò cornu caeteris subtilius est, cum in calce semipalmarem solum expleat diametrum, indeque ultra tres palmos in acumen decrescit prioribus acutius.
Hippopotamus, seu Equus marinus. Animal est quadrupes, et amphibium, quod licet inter aquas degat, tamen inter terrestria quoque referre libuit amphibia. Refert de illo Odoardus Barbosa, quod saepius visus sit à Lusitanis Nautis in Insula Cefula, ad pascua exire, et in pratis in morem pecudis recenti gramine vesci: deprehensum saepius et circumventum in praedam

Corna di rinoceronte: questo orribile genere di belva è uno fra gli animali stranieri ed esotici che Madre Natura suole produrre, essa che è madre di meraviglie. È un animale enorme, dalla natura armato di un cuoio durissimo e compatto, come di una corazza di ferro. Non lontano dall’elefante per mole – ne è appena inferiore perché ha le zampe più brevi. Il capo termina in modo assai particolare in un rostro aguzzo e allungato verso la fronte, il collo è assai grosso e robusto; la bocca è rivolta all’insù: tra le narici gli sporge un corno rotondo assai robusto, appena un po’ incurvato verso la fronte, di color grigio ferro; ha coda di bue. Alcuni rinoceronti inoltre sono dotati di due corni. Il più grande tra le narici, il più piccolo sopra. La ferocia, l’astuzia e la forza sono pari alla mole, tanto che esso non è secondo a nessun’altra belva. Ai tempi di Domiziano i rinoceronti furono spesso presentati nell’arena e sempre parvero superare gli altri animali per l’abilità nella lotta, al punto che si scoprì che riuscivano ad atterrare elefanti, ad uccidere leopardi, a finire leoni, a fiaccare tori, a sopraffare orsi, superando altri animali di natura più feroce. Perciò Marziale nel Liber de spectaculis, ep, XXII, canta:

Mentre la pungevano tremando i picadores
a nel gran corpo della bestia l’ira a lungo s’accoglieva,
già non s’aspettavano più le lotte del Marte promesso,
ma ecco che infine il furore di prima esplose.
Infatti col doppio corno sollevò un massiccio orso,
così come un toro scaraventa verso gli astri palle di stoffa.

Il Museo conserva tre corna di rinoceronte, due più piccole di due palmi di lunghezza, e del diametro di sette pollici alla radice, donde levandosi a forma di cono, si incurvano per terminare a punta. Il terzo corno è più sottile degli altri, perché alla radice ha un diametro di solo mezzo palmo e poi si assottiglia più dei precedenti per oltre tre palmi terminando a punta.
Ippopotamo o cavallo marino. È un animale quadrupede e anfibio, che sebbene viva in acqua, abbiamo preferito collocare tra gli animali terrestri. Ce ne dà notizie Odoardo Barbosa, perché da marinai portoghesi fu visto spesso pascolare nell’isola Cesula, e cibarsi d’erba fresca nei prati, come una pecora: spesso circondato e catturato divenne preda dei cacciatori,