porci a edificare. Imperocchè (diciamlo pure a gloria del sommo vero) non eravamo pochi, che fin da quando la pestilenza desolava l'altre italiane città, avevam dato segno di grandemente temerla, e questo timore ci eravamo sentiti crescere appena fummo certi che anche Roma n'era infestata. Vi era fra noi chi per infermità di natura, o più veramente di religiosa mortificazione e cristiano zelo rifuggiva alla idea e più all'aspetto di quegli orridi sintomi che accompagnano le più gravi malattie, delle convulsioni massimamente, de' vomiti, de' gemiti, delle affannose agonie, delle stentate morti, delle morbose esalazioni. Trà i più pusillanimi v'era stato negli anni addietro chi in udire gli eccidj del colera in Genova e Livorno erasi lasciato prendere da tale angosci, che nella sanità avea sofferto non leggero danno. V'erano singolarmente tra sacerdoti più giovani, e ordinati nel corso medesimo della malattia di quelli, che mancavano d'ogni esperienza nel cofessare ed amministrare gli estremi sacramenti e conforti. Diciam tutto in breve; i due terzi di noi che uscimmo alla cura degli appestati, se consigliati ci fossimo con la sola nostra natura e col giusto concetto che avevamo di nostra virtù, ci saremmo eletti il partito d'infiniti altri che era quello dell'appiattarsi, o del fuggire.
Eppure Iddio che non sa co' viventi usare giustizia senza contemperarla con la misericordia operò in noi a benefizio di coloro che si sarebbon rimasti in un assoluto abbandono, un sì improviso e mirabile trasformamento, che non riconoscevamo più noi in noi medesimi. Accese egli nelle menti e ne' cuori nostri una cotale sua fiamma, che tutti in breve ora ne illuminò, e creò in tutti quella cristiana forza e intrepidezza, senza cui a vuoto sarebbe caduta qualunque voglia di cimentarsi con quel grave pericolo. Parve poi che la nuova virtù nostra ci si raddoppiasse, quando ci avvisammo di porci in più special modo sotto la guardia di Maria con quel voto che facemmo in comune con le altre nostre case di Roma, che fu d'un digiuno decennale nella vigilia della festa del Sacro di Lei Cuore e di tre messe, o tre comunioni e corone in testimonio di gratitudine, se Ella avesse continuato a confortarci e difenderci come avea mirabilmente cominciato a fare. E per verità sarebbe nulla men che empietà, che qualcuno volesse riconoscere derivata da