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25 aout 1618. Bell.� Fr�d.Ces� (contin.) / hore; della Luna,era di 24 hore,et un quarto, e per� pareva,che
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hore; della Luna,era di 24 hore, et un quarto, e però pareva,che la Luna con il proprio moto fusse tornata alquanto in dietro, e così pian piano si discostasse, e poi si accostasse al Sole. Quanto al moto delli Pianeti del mezzo giorno al Settentrione, procuravo salvarlo con dire,che il moto de'Pianeti non era un perfetto circolo, ma una spira, e così pian piano passassero da mezzo giorno al settentrione, e poi ritornassero per la medesima via. Ma questa mia intentione non satisfaceva in tutti li Pianeti: ne anco nelle stelle del firmamento, che con fare moti nel circolo meridiano longissimi, pare, che evidentemente dimostrino, che siano portate dal Cielo, e però nel mezzo faccino li circoli longhissimi, nelli estremi brevissimi. Queste, e simili cose desideravo imparare da V.E. se forse lei havesse fatte considerationi particolari intorno al salvare talmente li moti delle stelle che si potesse insieme salvare l'opinione delli santi Padri, che mette il Cielo immobile, e le stelle mobili. Ma non voglio però occuparla in queste speculationi, se lei ha altre occupationi di maggior momento. Procuriamo, Signor mio, di vivere con il santo timor di Dio, talmente, che arriviamo al Cielo, che all'hora in un punto ci chiariremo d'ogni cosa. Iddio la conservi sana, e mi comandi: rimando la scrittura di V.E. acciò forse lei non si habbia riservata copia, e per sorte tra li miei infiniti scartafacci non si perdesse. Di Roma li 25. d'Agosto 1618.<lb/>
la Luna con il proprio moto fusse tornata alquanto in dietro, e cos� pian piano si discostasse, e poi si accostasse al Sole. Quan to al moto delli Pianeti del mezzo giorno al Settentrione,procu^"ravo salvarlo con dire,che il moto de'Pianeti non era un perfetto circolo, ma una spira, e cos� pian piano passassero da mezzo gior no al settentrione, e poi ritornassero per la medesima via. Ma questa mia intentione non satisfaceva in tutti li Pianeti: ne anco nelle stelle del firmamento, che con fare moti nel circolo merir diano longissimi,pare, che evidentemente dimostrino, che siano portate dal Cielo, e per� nel mezzo faccino li circoli longhissimi, nelli estremi brevissimi. Queste,e simili cose desideravo im parare da V.E. se forse lei havesse fatte considerationi partico lari intorno al salvare talmente li moti delle stelle che si po/^"tesse insieme salvare l'opinione delli santi Padri, che mette il Cielo immobile,e le stelle mobili. Ma non voglio per� occuparla in queste speculationi, se lei ha altre occupationi di maggior momento. Procuriamo,Signor mio, di vivere con il santo timor di Dio, talmente,che arriviamo al Cielo, che all'hora in un punto ci chiariremo d'ogni cosa. Iddio la conservi sana, e mi comandi: rimando la scrittura di V.E. acci� forse lei non si habbia riser vata copia, e per sorte tra li miei infiniti scartafacci non si perdesse. Di Roma li 25.d'Agosto 1618.
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Di V.E.<lb/>
Di V.E. Servitore Affettionatiss. Il Cardinale Bellarmino.
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Servitore Affettionatiss.<lb/>
Rosa ursina etc.
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Il Cardinale Bellarmino.
  
  
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hore; della Luna,era di 24 hore, et un quarto, e però pareva,che la Luna con il proprio moto fusse tornata alquanto in dietro, e così pian piano si discostasse, e poi si accostasse al Sole. Quanto al moto delli Pianeti del mezzo giorno al Settentrione, procuravo salvarlo con dire,che il moto de'Pianeti non era un perfetto circolo, ma una spira, e così pian piano passassero da mezzo giorno al settentrione, e poi ritornassero per la medesima via. Ma questa mia intentione non satisfaceva in tutti li Pianeti: ne anco nelle stelle del firmamento, che con fare moti nel circolo meridiano longissimi, pare, che evidentemente dimostrino, che siano portate dal Cielo, e però nel mezzo faccino li circoli longhissimi, nelli estremi brevissimi. Queste, e simili cose desideravo imparare da V.E. se forse lei havesse fatte considerationi particolari intorno al salvare talmente li moti delle stelle che si potesse insieme salvare l'opinione delli santi Padri, che mette il Cielo immobile, e le stelle mobili. Ma non voglio però occuparla in queste speculationi, se lei ha altre occupationi di maggior momento. Procuriamo, Signor mio, di vivere con il santo timor di Dio, talmente, che arriviamo al Cielo, che all'hora in un punto ci chiariremo d'ogni cosa. Iddio la conservi sana, e mi comandi: rimando la scrittura di V.E. acciò forse lei non si habbia riservata copia, e per sorte tra li miei infiniti scartafacci non si perdesse. Di Roma li 25. d'Agosto 1618.
Di V.E.
Servitore Affettionatiss.
Il Cardinale Bellarmino.