Rome,16 aout 1607. Bellarmin au Nonce de Florence.
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/ Molto ill^^^t
S�g�^ come fratello. Don Gio.dal Bosco,
monacho Celestino, che con licenza di V.S.R^^ and� su l'armata del
Sereniss� Sig�^ Gran Duca, mi scrive da Fiorenza queste formali
parole�^Florentiam rediens atque causam clari equitis Mancini, na-
,^potis tui, apud Serenissimum Magnum Ducem fortiter et ardenter a-
gens, obstupui dum mirari se dixit ille serenissimus quod nepotem
illius tuerer, qui dd me ad illustrem Nuntium talia scripserit,
quae si non notus essem atque probatus, mlhi famam eripuissent.
Serenissimaque magna ducissasubridens intulit, Scis quod ob id
/^quod nobis adfuisti, Cardinalis Bellarminus volebat Dominum Nun-
cium excommunicare, ac ea occasione quidquid de me scripseras, in!) dicavit. Forse questo monaco si come dice il falso, che quel cava
liere Mancini sia mio nipote, non essendomi ne anco parente, che
io sappia, cosi dir� il falso del resto che referisce delle parole
delli sereniss^ G.duca,et G.duchessa, perche io non ho hauto per
male, che scrivesse alle loro altezze, essendo io stesso pronto �
servirle con la propria persona, quando fusse buono, ma solo mi �
dispiaciuto, che il suggetto non fusse tale, quale Disognava per
tal'impresa. Ne si � mai parlato di scommunicare un Nuntio Aposto-
lico, non essendo in me ne autorit�,ne voiunt� di tal cosa. Bt
quello che io gli scrissi, fu per ordine di Nro Sig^^, il quale,
forse non ricordandosi delle facult� di V.S.R^^, mi disse, che non
credeva, che lei havesse tale autorit�, et mi essorto � farne ri-
sentimento.
Quanto poi � quello, che ho scritto della vita di Don Gio.del
Bosco, cio� che sia libero, et di poca edificatione, non credo,se
nen possa dubitare, et lei ha da sapere, che in Francia e stato
carcerato per cose gravissime, et tre anni f�, mnel capitolo pro
vinciale di Francia, fu risoluto, che se Don Gio.del Bosco fusse
di nuovo caduto in qualche errore, fusse deputato � perpetua car-