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f. 9r


della vita di Giuseppe giusto, legendo quel libro lagrimando, mi pareva che io fui carcerato come fu quel Giuseppe giusto[1], et in questo tempo il mio Padre mi pare che fù consigliato di tenermi nelle deletie mondane, così fece, mi comprò due belli boschi di olive, et molte vigne, et un bellissimo giardino il quale si chiama pietra dell’allegrezza[2] e mi conduceva seco spesse volte a spasso per tenermi in quelle delitie per farmi scordare di quello mio desiderio, però tutte quelle cose mi servirono per tormento, non per delitie, il mio pensiero non fu altro forché come io ho d’affare per andare contavo il giorni e l’hore di quell'anno che mi promesse il mio Padre però io per dare disgusto a mio Padre et la mia madre cercavo di andare alla guerra, che era

  1. La figura di Giuseppe, figlio di Giacobbe, viene considerata nel Corano come «la più bella storia» (12, 3). Il rapporto tra Giuseppe e il suo padre, e poi con i suoi fratelli, elabora una imagine del propio modo di agire di Dio e il destino di quelli che Lui accompagna. Sono da evidenziare l'importanza dei sogni e la loro interpretazione per prenderne decisioni importanti nella vita propria e sociale, tale come fanno sapere le interpretazioni sufi della Sura. Per altro, viene sottolineato il modo in cui Loyola Mandes legge questa storia per mezzo dell'analogia con la propria vicenda.
  2. Il giardino, in categorie islamiche, è lo spazio dell'armonia, della permanenza e la distinzione. Viene associato all'idea di eternità e plenitudine. Luogo di sollievo nel deserto, carico di senso vitale e teologico.