le truppe nemiche si furono avvicinate a Roma da varie parti, noi stemmo qui segregati da tutto il mondo parecchi giorni senza nessuna notizia di ciò che avveniva fuori, perché non si avevano più né giornali né lettere; in Roma quei giorni tutto era aspettazione, incertezza, speranza, ordine e preghiera.
La mattina del dì 20 settembre alle ore cinque in punto, io fui svegliato dalle cannonate, che allora incominciavano. Verso le sei venne un religioso a chiedere degli aiutanti per l'assistenza ai feriti: vi andarono molti scolastici, alcuni padri, ed alcuni fratelli, fra tutti forse una trentina; ai quali si aggiunsero altri del noviziato. Dopo questa spedizione io andai a dire la messa nella cappella di S. Rosalia [1] ; e tutti quella mattina celebrammo coll'accompagnamento delle cannonate. Durò il cannoneggiamento fino alle dieci; nel qual tempo nulla avvenne di notabile. Chi pregava, chi stava in camera, chi andava in giro per casa ricercando notizie ; ma nemmeno il p. Franzelin [2] quella mattina aveva voglia di studiare. Verso le otto però vidi il Perrone [3], che se ne andava verso la bi blioteca col suo mantello sul braccio e col cappello, in somma in acconcio di uscire di casa. Lo interrogai dove volesse andare; ed egli con molta tranquillità mi rispose, che essendo il martedì, era giorno di esami al Vicariato [4], e perciò