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Ill.mo e Rev.mo Sig.re padrone col.mo.<lb/>
Montepulciano,22 janvier 161^. Jean Bapt.Tarugi � Bellarmin. 1033
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M'è pur necessario venire avanti V.S. Ill.ma con questa a doler mi della più grand'ingiustitia di questo vicario che si sia sentita o fatta in Montepulciano. Sono molti giorni che fui sforzato per honore et reputatione mia a dare un mostaccione a Monaldo Bellarmini, e, per non infastidirla, non le starò a raccontare il caso, che subito, fuor d'ogni statuto et ordine di questa città, mi fece detto vicario pregion'in casa tredici giorni, et accorgendom' io di questo torto, lo feci preghare che mi lasciasse uscir di casa coma è solito. Lui, che haveva nella bocca il male e nel cuore veleno, come è stato pur forza che habbia mostrato, in un certo mo do mi dava ad intendere esser un poca di pena per sodisfare e parte di condennazione, che se bene io mal volentieri sopportavo, non dimeno, perchè intanto si trattava la pace, come poi è seguita, volsi piutosto humiliandomi sopportare, che per via di ragione fargli conoscere l'insulto che mi faceva. Ne ciò è bastato: ha dato ad intendere che haverebbe, come tutti i vescovi et antecessori suoi, osservato li statuti della città, i quali al più rigore condannano uno in venticinque lire; lui, doppo la pace fatta, che suole sbattere sempre il terso, m'ha mandato una condannagione che stia in esilio quattro mesi, da pigliarla fra venti giorni, che, non osservando, debba esser carcerato in pregione per quattro mesi. Hor quanto sia stata d'ammiratione alla città con mostrare in un certo modo spetie di tirannia, ogniono se lo può immaginare. La casa in particolare di mio padre ha fatto sempre professione di servir V.S. Ill.ma, et amica con tutti i suoi; ma questo vicario con questa sua ingiusta sentenzia va cercando di mostrare al mondo la poca intelligenza che desidera che sia fra queste due case. E non è già lecito a uno,che sta in luogho di pastore, di seminar zizanie e d'esser causa che in questa città si ritrovino tante inimicitie che, se non fosse l'ottimo governo de nostri principi, per
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Ill.mo e Rev.mo Sig.re padrone col.mo.
M'è pur necessario venire avanti V.S. Ill.ma con questa a doler mi della più grand'ingiustitia di questo vicario che si sia sentita o fatta in Montepulciano. Sono molti giorni che fui sforzato per honore et reputatione mia a dare un mostaccione a Monaldo Bellarmini, e, per non infastidirla, non le starò a raccontare il caso, che subito, fuor d'ogni statuto et ordine di questa città, mi fece detto vicario pregion'in casa tredici giorni, et accorgendom' io di questo torto, lo feci preghare che mi lasciasse uscir di casa coma è solito. Lui, che haveva nella bocca il male e nel cuore veleno, come è stato pur forza che habbia mostrato, in un certo mo do mi dava ad intendere esser un poca di pena per sodisfare e parte di condennazione, che se bene io mal volentieri sopportavo, non dimeno, perchè intanto si trattava la pace, come poi è seguita, volsi piutosto humiliandomi sopportare, che per via di ragione fargli conoscere l'insulto che mi faceva. Ne ciò è bastato: ha dato ad intendere che haverebbe, come tutti i vescovi et antecessori suoi, osservato li statuti della città, i quali al più rigore condannano uno in venticinque lire; lui, doppo la pace fatta, che suole sbattere sempre il terso, m'ha mandato una condannagione che stia in esilio quattro mesi, da pigliarla fra venti giorni, che, non osservando, debba esser carcerato in pregione per quattro mesi. Hor quanto sia stata d'ammiratione alla città con mostrare in un certo modo spetie di tirannia, ogniono se lo può immaginare. La casa in particolare di mio padre ha fatto sempre professione di servir V.S. Ill.ma, et amica con tutti i suoi; ma questo vicario con questa sua ingiusta sentenzia va cercando di mostrare al mondo la poca intelligenza che desidera che sia fra queste due case. E non è già lecito a uno,che sta in luogho di pastore, di seminar zizanie e d'esser causa che in questa città si ritrovino tante inimicitie che, se non fosse l'ottimo governo de nostri principi, per
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