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Non si maravigli V. R. della tardanza di mie risposte alle sue carissime lattere, perche non ero in Genova. Havendo per lungo tempo desiderato il vedere e riverire la Sacra Sindone, Iddio per sua pietà hà voluto consolarmi senz¡alcun mio merito, mentre in questi tempi di vacanze il Padre Rettore di [[Place::Torino]] Alessandro Scoti che desiderava il mio andare una volta al suo Colleggio, hà richeisto la licenza dall'Altezza Reale del [https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Emanuele_II_di_Savoia Duca di Savoia], che custodisce questo Sacro Tesoro, di farmi goder privatamente con la vista il detto Sacro Sudario. Non credevo però che quel Principe dovesse fare tanto honore alla Compagnia quanto hò veduto. Hò stimato bene di dar hora minutamente la relatione del tutto à V. R. acciò che sia informata per darne notitia, se giudicasse ben fatto al nostro Padre Generale, mentre à me non conviene à farlo sapere da me stesso peche pare che ci sarebbe qualche parte di vanità; mà dall'altra parte <span style="color:Red">mi pare che sono in obligo di far sapere à superiori tal honore fatto dall'Altezza Reale alla Compagnia</span>.<br>
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Dico dunque che partito da Genova, quando hebbi l'avviso dal sopra detto P. Rettore, con il Procuratore del nostro Colleggio Giovanni Camillo Giustiniano m'inviai verso Torino dove hò trovato due vescovi trattenuti dal Duca aspetandomi per la futura fontione, uno de'quali era Monsignor di Agosta, l'altro di Vercelli, e subito che fui gionto, il [https://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Emanuele_Giacinto_di_Simiana marchese di Pianezza] mandò avviso del mio arrivo à sua Altezza Reale conforme l'avviso, che egli haveva prima da lui, la qual Altezza era nella venneria luogo di spasso, distante da Torino in circa tre miglia. Et il Duca gli rispose che senz¡incommodo di nessuno esso voleva veniere alla sua habitatione di Torino in un giorno in cui per altro non era solito à venire.
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Molto Reverendo in Xto Padre



P. C.

Non si maravigli V. R. della tardanza di mie risposte alle sue carissime lattere, perche non ero in Genova. Havendo per lungo tempo desiderato il vedere e riverire la Sacra Sindone, Iddio per sua pietà hà voluto consolarmi senz¡alcun mio merito, mentre in questi tempi di vacanze il Padre Rettore di Torino Alessandro Scoti che desiderava il mio andare una volta al suo Colleggio, hà richeisto la licenza dall'Altezza Reale del Duca di Savoia, che custodisce questo Sacro Tesoro, di farmi goder privatamente con la vista il detto Sacro Sudario. Non credevo però che quel Principe dovesse fare tanto honore alla Compagnia quanto hò veduto. Hò stimato bene di dar hora minutamente la relatione del tutto à V. R. acciò che sia informata per darne notitia, se giudicasse ben fatto al nostro Padre Generale, mentre à me non conviene à farlo sapere da me stesso peche pare che ci sarebbe qualche parte di vanità; mà dall'altra parte mi pare che sono in obligo di far sapere à superiori tal honore fatto dall'Altezza Reale alla Compagnia.
Dico dunque che partito da Genova, quando hebbi l'avviso dal sopra detto P. Rettore, con il Procuratore del nostro Colleggio Giovanni Camillo Giustiniano m'inviai verso Torino dove hò trovato due vescovi trattenuti dal Duca aspetandomi per la futura fontione, uno de'quali era Monsignor di Agosta, l'altro di Vercelli, e subito che fui gionto, il marchese di Pianezza mandò avviso del mio arrivo à sua Altezza Reale conforme l'avviso, che egli haveva prima da lui, la qual Altezza era nella venneria luogo di spasso, distante da Torino in circa tre miglia. Et il Duca gli rispose che senz¡incommodo di nessuno esso voleva veniere alla sua habitatione di Torino in un giorno in cui per altro non era solito à venire.