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ammirare quanto bisogna, patire per amore di questo Dio humanato, ch'hà patito tanto per noi. Stavo in tal tempo ammirando fra l'altre cose il gran zelo che hà quell'Altezza Reale, verro quello Sacra reliquia, che ne anche voleva dar à nessuno licenza per toccarla nè con corone, nè con altro: ma quasi con lagrime à gli occhi andava mostrandomi con una verga in mano piaga per piaga e luogo per luogo dei segni in essa miracolossamente stampati della passione del mio amato Signore Christo Giesù. Vedendo poi li circostanti quanta dimostratione mi fece, mi diedero alcune corone per toccarla, però confome la convenieza a i comandi del Duca li dimandai licenza di far ciò che si è detto. Egli liberalissimamente e piacevolissimamente mi rispose che non solamente si contentava che io la toccassi, mà anche volle che io la baciassi nella propria piaga del costato, et in risguardo mio tutti i gesuiti ch'ivi erano presenti, cosa mai più, dicono, fatta à nessuno. Onde essendo quel Sacro Tesoro tenuto dai due vescovi per darmelo a baciare mi venne la gola spirituale che non mi sono contentato solamente di baciarlo, mà anche messi la faccia, occhi e quando vi è dentro quel sacro fonte delle gratie, dal quale ricevette un cieco nato, come sono io, il lume delli proprii occhi. Mà certamente, Padre mio, non fù la mia volontà mai di ricevere questa Sacra reliquia con tal honore, mentre il mio desiderio era d'accostarmi à lei scalzo, coperto di sacco e cenere con una corda al collo, come si deve però fui privo di tal sodisfatione benche communicassi tal desiderio al P. Rettore richiedendo da lui licenza à farlo, per causa di quel Domenicano nominato per fratello del gran Turco[1], il quale era di passaggio per Francia e si era fermato in Torino, per goder anche lui la cora vista della Sacra Sindone. Pareva che se io havessi fatto quanto si è detto, haverei dato occasione ò di mortificar il detto frate, che andava pomposamente, ò pure di dar che dire al popolo. Ma spero nella gran bontà di Dio, si come sono stato un'honorato nel riverirla così sarò quanto prima, per amore di quel Dio, che la fece celebre, dispreggiato fra altri Rè infedeli, per essaltare il nome Sacro Santo del mio sommo bene Giesù Christo, dove non è conosciuto. Finalmente rimessa al proprio luogo la Santa Sindone e licentiati dal Duca ritornai al Colleggio nella stessa maniera di ceremonie come si era fatto nel venire. M'invitarono poi à vedere qualche cosa della grandezza e richezza del Duca, mi dichiarai però con tutti che altro non voleva vedere se non cose di divotione.

Io torno poi altra dimostratione che fece verso di noi quel Principe, due volte mandò à regalarci di cose mangiative, e nella seconda volta, che fù la magiore della prima, mandò quindici huomini accompagnati da molta gente della sua corte carrichi d'ogni sorte di robba cioè volatiglia d'ogni sorte, carne, confetture, et altre cose simili. Non posso spiegar poi la gran dimostratione d'affetto de'primi Signori di quella corte particolarmente del marchese di Pianezza il quale si può dire huomo tutto di Dio per la gran divotione e vita esemplare da tutti ammirata. Volle questo Signore, frà l'altre cose, udir la mia messa e communicarsi dalla mia mano e nel licentiarsi da me si messe inginocchione alla presenza di tutti nella portaria del Colleggio domandando da un miserabile cieco nato che per misericordia di Dio, gia è illuminato, la sua benedittione. In questo fatto et in cose simili, Padre mio, restai confuso e quasi sbalordito per le mie miserie.

  1. Si rifesrisce al P. Domenico di San Tommaso, detto anche P. Ottomano. Questo era un celebre religioso proveniente del Islam che, come il P. Loyola Mandes, haveva ricervuto il battesimo a Malta e dopo fece ingresso all'Ordine dei Predicatori.