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Capone, 20 Novembre 1603. Bellarmin � son fr�re Thomas.
370
/ Molto 111^^ S�g^ Fratello. Ho visto quanto V.S. scrive intor no all'obligo di dare � parenti. Non ci � difficult� che siamo ob-
ligati soccorrere alla povert� de parenti, ma il dubio sta nella
quantit�, perche non si pu� dare se non per modum eleemosinae, non
^ u t fiant d�tiores, sed ut minus egentes; et se bene fra li vescovi
religiosi et non religiosi non ci � differenza, secondo l'opinio
ne di quelli che tengano che tutti i prelati sono meri dispensato
ri et non padroni dell'entrata ecclesiastiche, nondimeno quelli che
tengano che i prelati et altri beneficiati sono padroni de frutti
/^ecclesiastici de loro benefitii et che possano donare � suo bene
placito, intendono questo loro parere solo dell! prelati et bene
ficiati secolari, perche i regolari non possono mai essere padroni,
ma solo dispensatori, havendo il voto della povert�, il quale, se
condo
Thomaso, non si leva per la prelatura. Et se il Sig^ car-
dinaie Tarugi � liberale con li suoi, come V.S. scrive nell'altra
lettera, lo fa non solo perche non � regolare come io, ma anco per
che ha denari d'avanzo che non ho io; perche, se bene io ho maggio
ri entrate, tuttavia ho molto maggiori uscite; perche il Sig^ Car
dinale suddetto non ha obligo di proveder la chiesa,ne il seminario
et cosi tira 4000 ducati netti dal vescovado di Siena; dove che io
ho da fare tutta la spesa della chiesa che � grossissima, et in
gran parte nodrisco il seminario, et ho una infinit� di poveri at
torno, et so che l'entrate della chiesa hanno da servire per le e
chiese et poveri del luogo dove sono l'entrate. In somma l'esperi-
enza mostra che ci avanza poco � niente.
Tuttavia, perche V. S. ha seguitato il mio parere di vendere
l'offitio et metterlo in stabili, mi contento di crescere la previ
sione in cento altri scudi, che saranno in tutto 240; et perche V.
S. dice che i frutti dell'offitio li haveva quando voleva, far�
che anco questi li habbia quando vorr�, ci� � ogni mese, e vero og-