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eodem Martiale colligere, et intelligere potes, dum sic canit,
Flentibus Heliadum ramis dum vipera serpit,
Fluxit in obstantem succina gemma feram;
Quae dum miratur pingui se rore teneri,
Concreto riguit juncta repente gelu.
Ne tibi regali placeas Cleopatra sepulchro,
Vipera si tumulo nobiliore jacet. Memorant saecula nostra, Asdrubalem Hannibalis germanum fratrem in monte Floris succineo in tumulo jacere. Et in hoc Musaeo lacerta quae integra in succini massa occlusa videtur, cumque prioribus annis, manibus unius juvenis principis, curiositatis ergo contrectaretur, incautè in terram lapsa dissiliit, ac tam foetidum putredinis odorem emisit, ut omnes adstantes intolerabili nauseâ affecerit; hodie tamen adhuc circumcirca inaurato aurichalco septo conclusum visitur, licet ob aeris penetrationem lacerta satis corrupta sit; donum Serenissimi Principis Augusti, Ducis Brunsvicensis et Luneburgensis.
Jungam hoc loco, quae de succino dicenda restabant. Convenerant nonnulli Medici in horto Botanico nobilissimi Equitis Francisci Corvini amici singulares ad variarum plantarum propietates explorandas; aderat et inter caeteros Author noster. Et inter caeteras quidem quaestiones propositas mentio quoque facta est virtutis attractivae Electri, sive Succini de quo Aristoteles L. Probl. sic dicit; quod scilicet electrum seu succinum omnia praeter ocymum (quae vulgò herba Basilica dicitur,) ad se attrahat; respondet Kircherus, nihil facilius esse, quam id experimento comperire. Ecce enim validum hic frustum (quod semper secum gestare solebat) succini; nec deerit nobis ocymum, planta passim nota; quam, ubi attulissent, is primò variis stipulis, festucis, et inter caetera herbarum folia ocymi quoque seposuit, et succino attritione praevia calefacto id expositis rebus applicatum eas ad se sine ulla difficultate, et absque mora attraxit; ocymi vero folia separatim posita, adeo avidè traxit, ut nemini de experimenti veritate, contra Aristotelem, amplius dubium esse possit; verùm ne solertiae nostri Authoris temerè credidisse viderentur, singuli ad veritatem rei contestandam propriis manibus experimentum sumere voluerunt, quam ut compererunt, nimia Aristotelis in similibus rebus, quae absque experientia, aliorum solummodo relatione perceperat, credulitas explosa fuit.
Accidit et simile quidpiam in Musaeo Kircheriano. Princeps magni nominis et ubique notus ex Guisiana familia, cum praeter multa experimenta, vidisset quoque electrum ad se omnia trahendi facultatem obtinere, per jocum dixit Kirchero; si omnia trahit succinum, utique et chirothecas has meas, uti auro contextas, ita quoque ponderosiores, trahere posset: quod si sortitum fuerit successum desideratum, easdem ei dono ad perpetuam rei peractae memoriam se relicturum: Respondit Kircherus, id nulla difficultate fieri posse ipsa praxi se demonstraturum. Dictum, factum: Itaque ex una parte in longioris ligni trabe ad instar staterae pendulae chirothecas appendit, ex altera verò trabis parte pondus ad aequilibrium exactissimè apposuit: Quo peracto; praevia perfrictione succinum chirothecis ex trabe pendulis applicuit; quae statim vim succini sentientes, quocunque vellet, ante et retro tractae motum trahentis secutae sunt. Quo viso miratus Princeps, quemadmodum promiserat, chirothecas manibus Kircheri impofitas, muneris loco relinquere cogitabat. Verum is, uti eas apud se, tanquam rem pretiosiorem, vi instituti, tenere prohiberetur,

lo puoi scoprire grazie allo stesso Marziale, che così canta:
Piangono i rami delle sorelle Eliadi
Mentre una vipera si avvicina strisciando
Cade una goccia d’ambra sull’animale ormai prossimo;
Mentre stupisce d’essere imprigionata dalla densa rugiada,
Irrigidisce fondendosi nel gelo improvvisamente rappreso.
Non ti compiacere, o Cleopatra, del sepolcro regale,
Se la vipera giace in un più nobile sepolcro.
I nostri tempi ricordano che Asdrubale, fratello di Annibale, giace in un sepolcro d’ambra sul monte Fiore. Inoltre in questo Museo c’è una lucertola che si vede interamente racchiusa in un’ambra, e quando in anni passati fu manipolata da un giovane principe per curiosità, senza che lo si volesse scivolò a terra, si spaccò ed emise un odore così fetido di putrefazione, da indurre a nausea intollerabile tutti i presenti; oggi però la si può ammirare racchiusa in una custodia di oricalco bordata d’oro, anche se ormai la lucertola si è guastata per la penetrazione dell’aria; dono del Serenissimo Principe Augusto, Duca di Brunswich e Luneburg.
Aggiungerò qui ciò che restava da dire sull’ambra. Si erano riuniti alcuni medici, amici particolari del nobilissimo cavaliere Francesco Corsini nell’Orto Botanico, per esaminare le proprietà di varie piante; tra gli altri c’era anche il nostro Autore. E tra le altre questioni in campo si accennò anche alla proprietà dell’elettro, o ambra, di attrarre i corpi: su di essa però Aristotele L.Probl. così dice:
Il quale elettro, o ambra, attrae a sé ogni cosa tranne l’ocymum (che volgarmente si chiama basilico); Kircher risponde che non c’è nulla di più facile che provarlo con un esperimento. Ed ecco un bel pezzetto d’ambra (che portava sempre con sé); né poteva mancare l’ocimo, pianta generalmente nota; quando la portarono egli prima la separò da vari fuscelli e paglie e inoltre dalle altre foglie; sfregò l’ambra e la riscaldò, l’avvicinò alle erbe sparse, ed essa le attrasse a sé senza difficoltà e senza indugio; ma le foglie dell’ocimo, accostate a parte, le attrasse così rapidamente che nessuno può più dubitare della verità dell’esperimento, contro quanto dice Aristotele; tuttavia per non dare l’impressione di aver creduto troppo in fretta alla diligenza del nostro Autore, ciascuno poi volle rifare l’esperienza di propria mano, per provare la verità del fenomeno, e non appena l’ebbe sperimentata, contestò la credulità eccessiva di Aristotele in simili questioni, poiché senza esperienza diretta aveva accolto la relazione di altri.
Anche nel Museo Kircheriano accadde qualcosa di simile. Un principe di grande nome e noto ovunque, della famiglia di Guisa, avendo visto oltre a molti esperimenti anche questa capacità dell’elettro di attrarre a sé ogni cosa, disse per scherzo a Kircher: “Se l’elettro attrae qualunque cosa, potrebbe quindi attrarre anche questi miei guanti che sono piuttosto pesanti, perché intessuti d’oro”; se avesse ottenuto il successo desiderato glieli avrebbe lasciati in dono , a perpetuo ricordo dell’episodio. Kircher rispose che avrebbe dimostrato coi fatti che ciò si poteva fare senza difficoltà. Detto, fatto: appese i guanti da una parte di un’asta di legno piuttosto lunga, simile al braccio di una stadera; dall’altra parte dell’asta sistemò un peso, per ottenere scrupolosamente l’equilibrio; fatto ciò, dopo averla sfregata, avvicinò l’ambra ai guanti appesi all’asta; essi avvertendo subito la forza dell’ambra, tratti avanti e indietro, dovunque egli volesse, seguirono il movimento che li attraeva. Ammirato, il principe, come aveva promesso, pose i guanti tra le mani di Kircher: pensava di lasciarglieli in dono. Ma egli, non potendo tenerli in virtù della regola, come cosa troppo preziosa,