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[pri]ma e seconda processione per il traslocamento della imagine di Santa Maria Maggiore dalla sua Capella alla Chiesa Nostra del Gesù; i dieci giorni che quivi si tenne esposta a riscuotere gli omaggi della fede e della pietà de' buoni cittadini, singolarmente nella frequenza all'Augusto Sacramento, e nelle processioni di penitenza, sono fatti di tal natura, che negli annali del Cristianesimo formeranno uno de' più insini documenti delle maravigliose trasmutazioni che in u gran popolo sa operare uno straordinario ravvivamento della nostra divina religione. Noi possiamo dire d'aver veduta Ninive convertita, d'avere sparse lagrime di tenerissima consolazione al nuovo spettacolo, e anche d'aver divisa co' romani la dolce speranza, che coteste belle opere avessero disarmato il braccio del Signore. Ma non era nella liberazione dalla pestilenza che Iddio voleva esaudire tante lagrime e tanti voti. Ne' giorni medesimi delle più fervide orazioni penetrava il morbo per le contrade della città, e cominciava a mieteremolte vite. Contutto ciò non v'era ordine di cittadini che non facesse i più gagliardi sforzi per illudersi e darsi ad intendere, che ordinarie erano in Roma quelle morti, che dalle comuni cagioni si doveano ripetere, e che era quasi empietà il recare in dubbio la grazia ottenuta per la intercessione di Maria. Dalle quali credenze ebbe origine la universale illuminazione che Roma celebrò ad onore della celeste Liberatrice nella sera della solenne di lei Assunzione, e nelle due precedenti: illuminazione ch'era qui senz'esempio, e ch'ebbe quasi ad eguagliare quella, con che ventitrè anni addietro erasi festeggiato il trionfale ritorno del sovrano pontefice Pio VII. dalla quinquennale prigionia. Tra i quali lietissimi sfoghi della comune confidenza poche cure si presero da' Magistrati, niuna da cittadini a premunirsi di quegli espedienti, che tanto erano necessarj si a diminuire gli effetti del micidiale contagio, si a curare i corpi e l'anima de' contagiosi.

Perciò il giorno sacro a San Rocco, in cui crebbe di molto il numero degli attaccati dal morbo, e in proporzione il numero delle morti, può dirsi che cogliesse i romani così fuori d'ogni aspettazione, e così sproveduti, come se qui, ed allora per la prima volta il colera di asiatico, fosse divenuto europeo. I medici che finora erano stati tra di loro divisicominciarono oggi solo ad accordarsi, e a riconoscere la presenza, e la furia del colera; i Magistrati a coloro che da Roma si allontanavano, cessarono di rilasciare