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Ill. mo e R.mo Signore
Al leggere della lettera di V.S. Ill.ma sono restato in me stesso di maniera confuso et attonito, che quasi non sapevo se era vero quel che io leggevo; intendendo per quella che V.S. Ill.ma è stata uno dei censori del nostro libro, et che, non sapendo,per mia trista sorte, a me è accaduto contrapormi a chi più desideravo iscuoprire ogni humilissimo affetto di servitù. La onde ne ho sentito tanto ramarico al cuore quanto certo non le posso esprimere con parole. Che se mi fosse stato da longe pure accennato qualche cosa di V.S. Ill.ma, overo che io mi fossi potuto imaginare che le censure venissero da quella, non posso credere che ella mi bevesse in tal concetto che io vi havesse voluto non che ardito di ridire sopra, molto meno scriverne alla sacra congregatione, che pur tanto è l'honore et riverenza la quale porto al suolo nome di V.S. Ill.ma che quel suolo Laveria bastato a quietar l'animo et senso mio al suo giudicio, come l'ha potuto vedere in altra occasione et lo vedrà sempre. Io credei che il libro fosse stato dato a rivedere ad altri religiosi, come se fece de primi nostri scritti, et che prendessero piacere di multiplicare censure. Ma poichè (se ben tardi) intendo che le censure vengono dalle mani di V.S. Ill.ma et del molto rev.do Comissario del santo Ufficio, non suolo cedo al giudicio mio, ma le ricevo tutte per buone et legitime, ne pretendo per parte mia altro giudicio et determinatione di V.S. Ill.ma, alla quale rimetterò sempre ogni cosa mia, come anco al rev.do p.re Comissario. Et la supplico si degni escusare il mio fallo, il quale altronde non è proceduto che da ignoranza; et me ne dia tutta quella penitenza che le piacer, che la receverò più che volentieri, purchè rimanghi intieramente sodisfatta. Et accio che V.S. Ill.ma sappia che io non la desidero parte, ma giudice, scrivo alla sacra congregatione et al signore Cardinal Mellini, acio, parendole, non si proceda più avanti in
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