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Molto Ill.re Sig.r fratello. Alla sua lettera dell! 18 di novembre dico, che ho operato con ms. Orazio Favonio che si contenti non molestare ms. Vincenzo Tarugi per sei mesi, pur che gli dia sicurezza qua in Roma che dopo sei mesi lo pagherà; ne può fare altro, essendo stato più volte ingannato dal Sig.r Giuseppe Tarugi sotto la parola data a me da esso Sig.r Giuseppe, quando gli feci dare dal Papa il non gravetur per alcuni mesi.
All'altra lettera del 23 di novembre ho risposto al vicario che questi miei dottori mi hanno mostrato che quella permuta, che desiderava l'Alfiere, non si può fare senza il consenso apostolico, e vi andrà spesa a cavare il breve.
Alla terza lettera del 26 di novembre, dico che ho impetrato dal Papa quanto il prete desiderava, come lui riferirà.
All'ultima poi del p° di dicembre dico che la causa del mio non venire a Montepulciano, non son gli artifici della mia corte, perchè tutti desideravano venire, ma, come ho scritto, la causa è stata il non aver denari, perchè non voglio far debiti che passino le mie forze. E' stata anche causa il dubitare che il Papa non mi darebbe licenza, vedendomi qua occupatissimo in cose di suo servizio. Si aggiunge ora il vedere la natura di cotesta gente, che contra dicano ad ogni cosa, ancor che in utile loro, come ora accade nel particolare della prebenda annessa all'arcidiaconato, con occasione che i frati di S. Agnese hanno voluto liberarsi dall'obbligo di venire ogni giorno a dir messa nel duomo, io impetrai dal Papa che quest'obbligo lo pigliasse il capitolo con ricevere da frati degna ricompensa; il capitolo si contentò, ma si trattenne tanto in consultare che mai non finiva; così i frati si accordarono con l'arcidiacono, e parlandone io con il Papa, sua disse che quello era meglio, e così si fece la spedizione e io ottenni grazia della composizione, pensando aver fatto servizio al capitolo di avergli dotato una dignità che era poverissima. Ora tutti
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