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pregai allora il card. Gesualdo che si contentasse di fare il mio vi cario perpetuo suo vicario foraneo et dargli le prime istanze, a ciò quel popolo non sentisse tanto la gravezza della soggezione. Mi promise, ma poi i suoi ministri cominciarono a trattare i Procidani molto aspramente, e prima per causa del Pastor bonus, che i Procidani non volevano pagare, fu interdetta la chiesa, e il giorno dell'Ascensione tutto quel popolo privò della messa e offici divini con molto scandalo. Di poi per ogni minima cosa chiamavano i preti a Napoli e li trattenevano mesi interi senza spedirli. Appresso per le cause matrimoniali gli bisognava fare più spesa e spendere più tempo a Napoli che a Roma. Per queste e simili cause più volte vennero a Roma procurai che si dichiarasse soggetta all'arcivescovo di Napoli, come sono le altre chiese parrocchiali della stessa diocesi. Ma perchè questa chiesa è in isola e non vi si può molte volte andare senza pericolo, la esperienza ha dichiarato che ha bisogno di più esenzione che non hanno le altre parrocchie: e per questo più volte sono venuti così i preti come i laici di Procida a Roma e a Capua dolersi che gli fosse stata tolta l'esenzione, e volevano a spese loro tornare a litigare. Ma io sempre li ho trattenuti con speranza di fargli avere qualche abilità del nuovo arcivescovo.
Ora, quando piacesse a V.S. Ill.ma concedergli che il vicario dell'abate fosse ancora vicario foraneo di V.S. Ill.ma e che avesse le prime istanze e autorità di approvare i confessori e spedire le dispense matrimoniali, che vengano da Roma, credo sarebbero tutti contentissimi, così l'abate come il clero et popolo. E questo si potrebbe fare con moderare il breve del papa o con qualche scrittura di V.S. Ill.ma altro modo che più gli piacesse. Quando anche V.S. Ill.ma liberasse la chiesa di Procida dal pagamento del Pastor bonus, quale non ci è memoria che mai sia stato pagato in Procida, prima di questa ultima dichiarazione, saria cosa degnissima della bontà sua.
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