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Molto Ill.re Sig.r Fratello. Ho visto quanto V.S. scrive intorno all'obbligo di dare a parenti. Non ci è difficoltà che siamo obbligati soccorrere alla povertà de parenti, ma il dubbio sta nella quantità, perchè non si può dare se non per modum eleemosinae, non ut fiant ditiores, sed ut minus egentes; e se bene fra i vescovi religiosi e non religiosi non ci è differenza, secondo l'opinione di quelli che tengano che tutti i prelati sono meri dispensatori e non padroni dell'entrata ecclesiastiche, nondimeno quelli che tengano che i prelati et altri beneficiati sono padroni de frutti ecclesiastici dei loro benefici e che possano donare a suo beneplacito, intendono questo loro parere solo dei prelati e beneficiati secolari, perchè i regolari non possono mai essere padroni, ma solo dispensatori, avendo il voto della povertà, il quale, secondo S.to Thomaso, non si leva per la prelatura. E se il Sig.r cardinale Tarugi è liberale con li suoi, come V.S. scrive nell'altra lettera, lo fa non solo perchè non è regolare come io, ma ancora perchè ha denari d'avanzo che non ho io; perchè, se bene io ho maggiori entrate, tuttavia ho molto maggiori uscite; perchè il Sig.r Cardinale suddetto non ha obbligo di provveder la chiesa, ne il seminario e cosi tira 4000 ducati netti dal vescovado di Siena; dove che io ho da fare tutta la spesa della chiesa che è grossissima, e in gran parte nodrisco il seminario, e ho una infinità di poveri attorno, e so che l'entrate della chiesa hanno da servire per le chiese e poveri del luogo dove sono l'entrate. In somma l'esperienza mostra che ci avanza poco o niente.
Tuttavia, perche V.S. ha seguitato il mio parere di vendere l'officio e metterlo in stabili, mi contento di crescere la previsione in cento altri scudi, che saranno in tutto 240; e perchè V.S. dice che i frutti dell'officio li aveva quando voleva, farò che ancora questi li abbia quando vorrà, ciò è ogni mese, e vero ogni
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