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Molto Ill.re Sig.r Fratello. Scrivo al Sig.r card.le Borromeo, come V.S. vede. La sua lettera ho stracciata, e consumata, come desiderava; così farà lei della mia. Non mi ricordo aver detto a Giuseppe, che da lei abbia udito quella parola "superbo"; ma si bene una volta dicendogli io, che era tenuto altero da questi di casa, e esso negandolo, e dicendo che era cortesissimo con tutti, io gli dissi, che lui non vedeva se stesso, ma che gli altri notavano i suoi gesti alteri; e allora aggiunsi, che V.S. ancora aveva notato questo modo di procedere. Ora le cose sono tutte mutate, e credo stia contentissimo, ne più ha gelosia della camera, anzi mi pare, che volentieri si assenta, e lascia fare agli altri. E si bene già si è accorto, che io non lo voglio per padrone, ne per consigliere, o maestro, come pare pretendeva, nondimeno vede insieme che l'amo, e stimo, per amor vostro, più d'ogni altro, poi che non solo faccio le spese a lui, ma anche al servitore, e al cavallo, che non le faccio a nessuno altro. E avendo questo inverno bisogno di 60 scudi per non so che suoi debiti, glieli diedi a conto dei donativi offertigli tre volte di 20 scudi per volta, quali aveva ricusati; e questa estate avendo, per comprare il suo officio di scrittore apostolico, bisogno di 300 scudi, che i suoi non bastavano, e avendoli presi a compagnia d'officio al 12 per cento, io gli feci guastare quel contratto, e gli diedi 300 scudi a ciò non avesse da pagare i censi. E si bene lui diceva, che gli bastava, che glieli prestassi, io nondimeno dissi, che glieli a conto dei donativi che gli avrei fatto per sei 5 sette anni. Tutto questo ho fatto per tenerlo contento, e sicuro che gli voglio bene, perchè non si può credere il grugno, che faceva, e quanto tempo stava taciturno, e non la griccia, quando sospettava che io non gli volesse bene. Non mi pare, che abbia niente contra V.S., anzi lui è quello che fa il procuratore, a ciò io vi mandi denari, o altre
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