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Ill.mo e R.mo Sig.re padrone mio Colend.mo
Vedo che io sono imputato di mala coscienza dalla Sig.ra mia cognata a V. S. Ill.ma e intendo che n'ha ripieno ancora Montepulciano, di che grandemente mi dolgo, e di vedermi a torto infamato da lei, conoscendo il danno e mala soddisfazione che ne posso riportare da suoi figlioli ai quali, mi è detto, persuade con grave pregiudizio mio e danno di tutta la casa cose scandalose contro di me, cosa certo intollerabile e ricevuta da me con dispiacere sopra tutte le mie più gravi avversità, e temo che sarà forzato provvedere con più diligenza alla conservazione delle mie ragioni e de miei figlioli, poichè vedo che il mio buono animo non è accettato ne conosciuto, ne m'ha conciliato grazia presso di loro l'averli con effetti certificati del amore che li porto, ammettendoli al fidei commisso del Sig.re Alessandro mio padre, quale giustamente a me solo si aspettava, essendo attribuito a mezzo obbligo e viltà di animo e dappocaggine questa mia amorevole cortesia, e se voglio vivere con loro in quiete e pace, mi bisogna comperarla e non mi hanno punto di compassione di vedermi, oltre al peso di tanti debiti che mi trovo,privo di tutti i beni e robe di casa per causa dell' incendio seguitomi più grave e dannoso che non si credeva. Se la mia cognata voleva essere assoluta padrona di tutta la roba di questa nostra casa et disporre di essa a suo modo siccome intendo che sperava, non mi doveva sforzare con mali portamenti e molta superbia sua a pigliar moglie per ritrovare chi compatisse alle mie necessità e accorresse nelle malattie. Il domandare, che ho fatto, la parte di questo censo dovuto alla eredità di Monsig.re bon.mem., non è cosa nuova avendolo incluso nella divisione delle parti, e domandatolo e fatto domandare più volte, e più V.S. Ill.ma vedere che mi si appartiene di ragione per la inclusa informazione nella quale sono stato lungo per necessità, e
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