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Faenza,3 ju�llet 1621. Antoine Viarano � Bellarmin.
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Ill.mo et Rev.mo Signore padrone colend.mo <lb/>
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Son sforzato per interesse di reputazione di far' sapere à V.S.Ill.ma un
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torto che mi ha fatto un certo don Giovanni Battista Fior.o, che è stato abbate in questo monasterio de'Celestini di Faenza; il quale è che nell'anno 1591 io fui elletto advocato di questo monasterio di Faenza de Celestini, dove ho servito sino all'anno 1617,nel qual tempo andai per giudice di Ruota di Siena, et ho servito ivi mesi 38 , come sa il Sig.r Pietro Guidotti suo maiordomo. Mentre son stato in detto officio per servire al Seren.mo Gran Duca prencipe naturale di detto don Marcantonio, egli ha deputato un altro advocato, non avendo in risguardo la mia servitù di tanto tempo,ne meno che i miei avo e proavo habbino fatto il medesimo per più di 60 anni, ma per sdegno che pretese havere da me che mi fossi ressentito seco di certe parole che lui disse contra di me che mi haverebbe mandato li sbirri à levare li libri del studio, se non li havessi pagato x scudi che li ero debitore, non pagati per la mia absenza. Per ciò mi fede tal torto; del che havendone scritto al rev.mo padre abbate generale, che mi cognosce et sa quanto io ho faticato per questo monasterio, lui mi risponde che ne tratti col' padre Abbate di casa, al quale si rimette. Et perche non mi pare convenirsi di mettere la reputazione mia à persona che non mi cognosce nè sa chi io mi sia, perciò ho resoluto di darne parte à V.S. Ill.ma, pregandola ad bavere in consideratione che tutto è succeduto per la mia absenza causata per servire al Seren.mo Gran :Duca di Toscana et che non voglia permettere che humori et pensieri de'frati preiudichino alla mia et de miei antenati servitù, del che gli ne restarà con eterno obdigo et lo riceverà per grazia singolarissima dalla benignità di V.S. Ill.ma,alla quale son sforzato,contra il mio solito di farli sapere come questo don Marcantonio Fior.o si è portato tanto bene qui in Faenza che da tutti è odiato, havendo proceduto con molta superbia, la dove sul principio cantava messe alla pontificia con musiche et aparati; poi
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/ Ill/mo et Rev/mo Signore padrone colend/mo Son sforzato per interesse di reputazione di far'sapere � V.S.
 
Ill/ma un torto che mi ha fatto un certoZdon Giovanni Battista Fior�, che � stato abbate in questo monasterio de'Celestini di Faenza; il ^^quale � che nell'anno 1591 io fui elletto advocato di questo monas terio di Faenza de Celestini, dove ho servito sino all'anno 1617,nel qual tempo andai per giudice di Ruota di Siena, et ho servito ivi mesi 3 8 , come sa il Sig/r Pietro Guidotti suo maiordomo. Mentre son stato in detto officio per servire al Sere^/mo Gran Duca prencipe ^7 naturale di detto don Marcantonio, egli ha deputato un altro advoca to, non avendo in risguardo la mia servit� di tanto tempo,ne meno che i miei avo e proavo habbino fatto il medesimo per pi� di 60 anni, ma per sdegno che pretese bavere da me che mi fossi ressentito seco di certe parole che lui disse centra di me che mi haverebbe mandato /rii sbirri � levare li libri del studio, se non li havessi pagato x scudi che li ero debitore, non pagati per la mia absenza. Per ci� mi fede tal torto; del che havendone scritto al rev/mo padre abbate ge nerale, che mi cognosce et sa quanto io ho faticato per questo mona sterio, lui mi risponde che ne tratti col'padre Abbate di casa, al .^^quale si rimette. Et perche non mi pare convenirsi di mettere la re putazione mia � persona che non mi cognosce n� sa chi^ io mi sia, per ci� ho resoluto di darne parte � V.S.Ill/ma, pregandola ad bavere in consideratione che tutto � succeduto per la mia absenza causata per servire al Seren/mo Gran :Duca di Toscana et che non voglia permette./fre che humori et pensieri de'frati preiudichino alla mia et de miei antenati servit�, del che gli ne restar� con eterno obdigo et lo ri cever� per grazia singolarissima dalla benignit� di V.S.Ill/ma,alla quale son sforzato,contra il mio solito di farli sapere come questo don Marcantonio Fior/o si � portato tanto bene qui in Faenza che da tutti � odiato, havendo proceduto con molta superbia, la dove sul principio cantava messe alla pontificia con musiche et aparati; poi
 
 
 
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Ill.mo et Rev.mo Signore padrone colend.mo
Son sforzato per interesse di reputazione di far' sapere à V.S.Ill.ma un torto che mi ha fatto un certo don Giovanni Battista Fior.o, che è stato abbate in questo monasterio de'Celestini di Faenza; il quale è che nell'anno 1591 io fui elletto advocato di questo monasterio di Faenza de Celestini, dove ho servito sino all'anno 1617,nel qual tempo andai per giudice di Ruota di Siena, et ho servito ivi mesi 38 , come sa il Sig.r Pietro Guidotti suo maiordomo. Mentre son stato in detto officio per servire al Seren.mo Gran Duca prencipe naturale di detto don Marcantonio, egli ha deputato un altro advocato, non avendo in risguardo la mia servitù di tanto tempo,ne meno che i miei avo e proavo habbino fatto il medesimo per più di 60 anni, ma per sdegno che pretese havere da me che mi fossi ressentito seco di certe parole che lui disse contra di me che mi haverebbe mandato li sbirri à levare li libri del studio, se non li havessi pagato x scudi che li ero debitore, non pagati per la mia absenza. Per ciò mi fede tal torto; del che havendone scritto al rev.mo padre abbate generale, che mi cognosce et sa quanto io ho faticato per questo monasterio, lui mi risponde che ne tratti col' padre Abbate di casa, al quale si rimette. Et perche non mi pare convenirsi di mettere la reputazione mia à persona che non mi cognosce nè sa chi io mi sia, perciò ho resoluto di darne parte à V.S. Ill.ma, pregandola ad bavere in consideratione che tutto è succeduto per la mia absenza causata per servire al Seren.mo Gran :Duca di Toscana et che non voglia permettere che humori et pensieri de'frati preiudichino alla mia et de miei antenati servitù, del che gli ne restarà con eterno obdigo et lo riceverà per grazia singolarissima dalla benignità di V.S. Ill.ma,alla quale son sforzato,contra il mio solito di farli sapere come questo don Marcantonio Fior.o si è portato tanto bene qui in Faenza che da tutti è odiato, havendo proceduto con molta superbia, la dove sul principio cantava messe alla pontificia con musiche et aparati; poi
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