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Illustrissimo, e reverendissimo Signor mio Osservandissimo.
Se io non ricorressi à V. S. Illustrissima, quando posso ricevere l'onore delle sue grazie, mostrerei ò di non conosceri quello, che ella possi, ò di non stimare la benignità che ella suole partecipar meco. Visitanto io in questo tempo la mia Diocesi[1], hò trovato nei confini alcuni parochi eretici miei sudditi, i quali non solo sono fuori di ogni speranza di salute, quanto alle persone loro; ma periculosi, e dannevoli, quanto à gli altri; poiche mi vanno anche infettando pian piano anche molte altre terre, e ville vicine, senza che io me ne possi riparare. Enon volendo, per quanto sarà in me, tolerare questi disordini, vengo à V. S. Illustrissima, acciò mi favorisco di somministrarmi rimedio con la sua prudenza, la quale desiderarei, che mirasse à maniera destra, acciocche l'assetto, che si deve dare non porti seco turbolenze, e tumulti; ma in modo però, che Io possi anche vivere sicuro nella coscienza; il che non so,se possi essere, laciando, che cosi si camini. E però certo, che non posso tentare di usare forza, nè contro i parochi, nè contro gli altri sudditi, se non con certezza di venire alle mani, et à pericolosa battaglia con i Principi eretici, che confinano, la qual cosa, per la condizione di questi tempi,

  1. Si tratta della diocesi di Bamberga.