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R.do Padre. La R.V. può stare quieta nella religione dove si trova, perche il voto di entrare in una religione non obliga quello che poi entra in un'altra et in quella fà professione, ancorche sia più larga; et questo caso è risoluto chiaramente da Bonifactio Papa nel Cap. Qui post votum[1], de Regularibus[2] in 6o et da S. Thomaso nella 2.2 quaest. 189, art. 8, ad 3[3]. Et Santo Pietro Celestino nella Constitutione sua fra gl'altri privilegii che dona alla sua Congregatione Celestina, gli concede che possa ricevere non solo laici et clerici, ma ancora religiosi di qual si voglia religione; et se può licitamente ricevere religiosi professi, quanto più quelli che hanno solo un voto semplice di farsi religiosi? Si che la R.V. procuri attendere all'observanza delle regole della sua Congregatione Celestina; et non si dia fastidio di quell'altro voto, eccetto però che, come si dice nel Capitolo sopra citato di Bonifatio Papa, potria domandare al suo confessore qualche penitenza, per non havere adempito il primo voto. Preghi Dio per me. Di Roma li 2 de Maggio 1614.

  1. Costituzione «De regolaribus et transeuntibus ad religionem».
  2. Concilio di Trento, «Decretum de regularibus et monialibus», Sess. XXV, cap. 6.
  3. «Uno è obbligato ad adempiere i suoi voti, fino a che può farlo lecitamente: se p. es. uno ha fatto il voto di castità, anche dopo aver contratto matrimonio con lo scambio dei con- sensi prima della consumazione è tenuto a osservarlo, poiché può fare ciò entrando nella vita religiosa. Se quindi uno può passare leci- tamente da un ordine all’altro, è tenuto a far- lo, se nella vita secolare l’aveva promesso. Ma questo è un grave disordine: poiché nor- malmente ciò costituirebbe uno scandalo. Quindi a un religioso non è lecito passare da un ordine a un altro più rigoroso».