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Molto Illustre, e R.mo Signor come fratello.
Ho procurato aiutare l'Agente di V. S. R.ma con qualche consiglio, ma non si è potuto fare altro, che aspettare il giuditio de'Giudici
deputati. Et se V. S. R.ma mi dà licenza, gli dirò quello, che io fa
rei in simili negotii, lasciandi à lei il giuditio se farei bene, ò
male. In oasi di giurisdizione nello stato ecclesiastico, non vorrei
perdere la pace mia interiore, ne acquistarmi nimicitie; et però
scriverei à Roma le mie ragioni, et poi mi quietarei, ne mandarci fu
ora smmuniche, ne monitorii, ne farei altro rumore, perche poco im
porta al servitio di Dio se un delinquente sia punito da una Corte,
ò dall'altra; già che l'una e l'altra serve al medesimo Principe.
Et tanto più farei come hò detto in questo tempo, quanto si sà, che
al Principe supremo piace la quiete, et dispiacciono i rumori. Io
speravo, che questo caso si potesse dichiarare caso del S.to Offi
cio, poichè quell'huomo scelorato hà abusato il sacramento di Matri
monio, havendo sotto coperta di Matrimonio essercitato tanto tempo
si grande abominatione, ma non mi èriuscito. Raccomandiamo à Dio
Giusto Giudice, che inspiri zelo di giustizia à suoi Ministri, et
procuriamo di stare in gratin sua. Con il quale fine mi raccomando
alle sue Sante Orationi. Di Roma li 5 d'Aprile 1614.
Di V. S. Molt'Illustre, e R.ma
Come fratello aff.mo
Il Cardinal Bellarmino.

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