Annali del Seminario Romano

From GATE

Una delle opere maggiormente richiesta in consultazione negli ultimi anni è stata l’opera storiografica inedita del gesuita Girolamo Nappi (1584-1648) dal titolo: Annali del Seminario Romano. Redatta negli anni 1640-1647 e suddivisa in tre volumi contiene elenchi dei chierici e dei convittori secondo l’anno di ingresso, biografie, statuti, regolamenti, avvisi, consuetudini e documenti vari sulle attività svolte all’interno dell’istituzione romana. La storia del Seminario Romano, un nome dopo l’altro, scorre tra queste pagine dalle origini nel 1565 al 1647. Quest’opera costituisce, insieme ad altra documentazione conservata principalmente in Archivio Segreto Vaticano, Biblioteca Vaticana e nell’Archivum Romanum Societatis Iesu una fonte primaria preziosissima. Consente di ricostruire la storia di questo istituto affidato alla Compagnia di Gesù in seguito a ciò che era stato sancito nella ventitreesima sessione del Concilio di Trento (canone XVIII) sul sacramento dell’ordine che istituiva i seminari per la formazione sacerdotale: “Per educazione della Gioventù ciascuna Chiesa Cattedrale à misura dell’entrate e del Distretto fosse tenuta d’alimentare in un Seminario un certo numero di Giovanetti ò natij della Città, o della Diocesi […] s’istituissero ivi nella disciplina ecclesiastica” (p. 818, APUG 586 esemplare con note manoscritte di Pallavicino Sforza).

I volumi pur presentandosi essenzialmente omogenei nella composizione dei fascicoli e con un’unica mano che redige i testi contengono testi manoscritti e a stampa inseriti, un bando e una pianta di grande formato. Inoltre scorrendo la numerazione coeva vi sono omissioni ed errori nella paginazione che lasciano dedurre una composizione non così fluida come potrebbe apparire a prima vista.

Pomis sua nomina servant

Pomis sua nomina servant. Incisione presente nelle carte preliminari del volume III degli Annali del Seminario Romano, APUG 2802


Da una gran moltitudine di Giovani, che come tante Piante, si sono allevate nel Seminario Romano dall’Anno che fu fondato, e poi dal detto Seminario furono transpiantate e sparse nel bel Giardino di questo nostro mondo, havendone io scelte alcune, ch’hanno dato frutti meravigliosi, ho stimato dover esser cosa molto grata alla Gioventù seminariana darne una breve notitia con una scelta d’alquanti più segnalati, che però mi son pigliato fatica di ridurli insieme alcuni, con distinguerli in quattro classi: la prima quelli che si sono dimostrati illustri nelle Dignità Ecclesiastiche; seconda, coloro che sono stati conspicui in nobiltà et titoli signalati; terza, quelli che in vita virtuosa sono stati insegni; e finalmente coloro che in Dottrina e libri stampato si sono fatti famosi. Con questa scelta così distinta penso che si sarà molto ben esplicato il significato di quel Motto Virgiliano posto sopra l’Impresa del Seminario Romano, che dice, ‘Pomis sua nomina servant’. Poiché questa scelta di tale huomini illustri, da benissima ad intendere quali siano quelli Pomi che s’aspettano dalle Piante seminate nel Romano Seminario, quali piante formano il Corpo della loro Impresa. APUG 2802, III, 4.

Secondo Hayden White[1], la doxa dello establishment storiografico moderno suppone che ci siano tre forme possibili di rappresentazione storica: gli annali, la cronica e la storia propriamente detta. L'imperfezione delle due prime forme radicherebbe nella sua fallimentare narratività degli avvenimenti che annoverano tra le loro righe. Questa posizione è stata sostenuta anche da Benedetto Croce: dove non c'è narrativa non c'è storia.

Queste distinzioni presuppongo un determinato concetto di realtà o di fattualità e la possibilità di una sua rappresentazione. Gli annali possono essere considerati come una determinata osservazione della realtà storica. Vale a dire, un modo possibile non tanto di rispondere alla domanda di che cosa è successo ma come è stato narrato ciò che è successo.

L'edizione integrale degli Annali sarà un aiuto per considerare non tanto la storia del Seminario Romano, quanto la selezioni di eventi che la costituiscono. Questa forma narrativa presentando "semplicemente" gli eventi senza glosa potrebbero creare la illusione che si trasmette la realtà in quanto tale, senza fare sentire la scrittura di un autore interprete dei fatti.

La cronologia è una delle tante forme possibili di organizzare il discorso.

Le cronologie tentano di creare nel lettore la percezione che nella sfilza di date e di eventi non ci sia una narrazione, vale a dire, un io narrante, bensì che siano gli avvenimenti a parlare da soli. La cronologia, in questo modo, pretende di essere oggettiva nei confronti della narrazione che spesso è sospettata di essere soggettiva. Le cronologie emergono a partire da un determinato tipo di temporalizzazione. La realtà alla quale si riferivano, per esempio, le cronologie medievali procedevano da un tempus contrapposto alla aeternitas. Altre distinzioni temporali sorgeranno nell'età moderna. Le cronologie sono frutto anche di determinate selezioni. Tracciano un limite tra il presente e il suo passato, per poi elencare ciò che deve essere ricordato, il resto andrà consegnato all'oblio. Si creano così i periodi che sono altro rispetto al presente dell'osservatore. L'origine arbitraria della cronologia è nel discorso stesso. Questa operazione cronologica, differenziando passato e presente, occulta la simultaneità del tempo

Manuscripts

Bibliography

  • Relazione scritta ad un'amico delle feste celebrate nel Collegio Romano della Compagnia di Gesù per l'anno centesimo dopo la fondazione di essa (In Roma, Grignani, 1640). Link
  1. The Content of the Form: Narrative Discourse and Historical Representation. Johns Hopkins University Press, 1990.