APUG 1060 I 329r-330v

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Copia d’una lettera arabica mandata al Padre Baldassarre Loyola Mandes da un turco già illuminato per ricevere la Santa Fede, voltata dall’Arabico in Italiano. In Napoli 29 Maggio 1666.

Incomincio questa nel nome del Padre, del Figliolo e dello Spirito Santo, quali sono tre Persone e un solo Dio. Amen.

E dopo questo prego l’istesso Dio che faccia allontanare da Vostra Reverenza ogni male incontro e le dia quanto mai desidera in questo mondo e nell’altro, conforme conviene ad un Signore d’Altezza si grande per nascita, per potenza e per fama, che è appunto come un'alba nata dalle tenebre per spargere raggi di Santità da ogni parte e che con il Lume ricevuto spicca fra tutti: essendo che è unico in questi tempi per le gran< meraviglie, per la purità, per la fede e per la carità: e non dico questo solamente per l’amore, che le porto, oppure per i benefici ricevuti, ma senza esagerazione alcuna; mentre a ciascuno è noto il suo altissimo nome, che solo pensato rende il cuore allegro, dileguando da quello ogni ombra di tristezza, avendolo io più volte esperimentato. Questo è il mio Padrone, il mio amatore in Dio, e dopo Iddio ogni mio bene, il vero Lume dei miei occhi il Signor Baldassarre Loyola Mandes, al quale darà in dono la S.ta non dico cose materiali, o celesti, ma se stessa; essendo che ella è inclinata all’opere pie di carità e di pietà in riguardo della stessa ta.. Incomincia per tanto a riverire Vostra Reverenza per quanto sa, e vuole, accompagnando l’inchino con profumati odori di quella Patria Celeste, che sono più grati d’ogni soavità penetrante l’anima disposta per sollevarla: quello che presentandole tutto il sopraddetto giusta i suoi meriggi appena si reputa degno di registrare il suo nome nella più falsa estremità della presente, dandogli parte come ho ricevuto la sua gratissima lettera, che fu da me letta con sommo gusto, intendendo il contenuto, e quello che principalmente mi ha rallegrato è l'avere avuto notizia della sua salute, rendendo perciò grazie a Dio, pregando S. D. ta, che gli dia il compimento dei suoi desideri come anche

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una lunga vita. Amen.
Circa poi il sapere qualche cosa di me: mi trovo soddisfatissimo e contentissimo in questa parte e molto più per le grazie, che mi hanno fatto e fanno questi serenissimi Principi, conoscendo però il tutto essere in riguardo della raccomandazione di Vostra Reverenza la quale supplico di scrivere due lettere, una al Gran Duca, l’altra al Gran Principe suo figlio ringraziandoli di quanto m’hanno fatto e raccomandandomi alla di loro protezione; perché mi sono oggidì circondato dai nemici maomettani, che mi minacciano ancorché di lontano, cercando per ogni via la mia rovina: però io non temo di loro, né di cosa alcuna, mentre sto appoggiato totalmente in Dio, del quale devo per ogni ragione temere. Io piacendo al cielo mi farò cristiano nel fine di questo mese con un cuore più chiaro d’un cristallo e più puro del latte, perché Dio ha riempito il mio cuore con il suo amore e già sono incominciati a comparire sopra di me li splendori della sua grazia, conoscendo il tutto essermi venuto per mezzo di Vostra Reverenza e so di certo che non per altro fine mi ha fatto ciò, che per mera carità, domandando anche il compimento del mio bene da Vostra Reverenza perché altra persona non conosco per mio benefattore, se non Iddio in Cielo e lei in terra: laonde sto con un cuor pendente per l’amore che le porto, non potendo riposare se non quando sarò presente per godere di Vostra Reverenza: e questo non solo sarà per poco tempo, ma sin che io viva. Prego per tanto l’Altissimo Iddio che le dia altezza non mondana, mentre che il mondo con quanto mai in esso si ritrova si dilegua come un'ombra, ma in quella Patria Celeste. Il Severissimo Gran Duca, il Gran Principe, come anche il Principe Mauliaj la salutano caramente, assicurandola che l’amano veramente di cuore. Io mi trovo qui lontano dalla sua persona, orfano non avendo altro che Dio, poiché mi reggo assaltato più volte dai nemici e invidiosi maomettani, li quali stanno attendendo questa mia mutazione, gridando, fremendo, e minacciandomi per essere io già risoluto d’abbracciare la Verità Cristiana. Quelli Turchi poi di Livorno, dei quali ero sacerdote e Maestro mi mandano giornalmente lettere di fuoco per pervertirmi, ma io le leggo e burlandomi di loro invece di rendergli risposta le straccio calpestandole con i piedi. Per fine la riverisco

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per quanto comportano le mie forze, accompagnando tal umilissima riverenza con soavissimi odori d’ambra e di musco, assicurandola essere il primo fra i suoi amatori e l’ultimo fra i suoi servitori, che non sa sufficientemente spiegare il suo incognito affetto verso l’A. Alfachi Olcait Addaraui. Firenze 14 Maggio dell’anno del purissimo, santissimo e divinissimo Messia 1666.
Saluto tutti quelli che sono affezionati, o hanno qualche appoggio a Vostra Reverenza insieme con quelli che si trovano al servizio di Vostra Reverenza.