APUG 1060 I 230r-231v
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Molto Reverendo in Cristo Padre
Pax Christi:
O che bella nuova invio con questa a Vostra Reverenza altro non so che dire se non resto stupito nella gran bontà di Dio verso le sue creature. Domenica quinta dopo Pasqua arrivò alle mie mani quel Turco, che mi scriveva dal Livorno per Roma, cioè quello, che mi scrisse nella sua prima lettera tante cose contra la Cristiana verità per avvertirmi, alla qual lettera risposi conforme l’insegnamento dello Spirito Santo; la copia poi di tal lettera, insieme con la mia risposta fatte in Italiano, come anche l’originale suo scritto in Arabico già l’ho mandate a Vostra Reverenza.
Di questo uomo credo che Vostra Reverenza avrà avuto maggior notizia di me, mentre ella fu l’autore di trovarlo e cercar per ogni via la sua salute; ma io qui brevemente narro quanto dal medesimo ho sentito e visto dei suoi fatti per maggior gloria di quel Iddio, che per sua pietà si è degnato d’illuminar la sua gran cecità. Dico dunque, che domenica sopraddetta arrivarono due Galere del gran Duca a questa città di Genova con le quali venne tal uomo, il quale, mentre stavo insegnando l’Evangelica verità a gran numero di Turchi, in chiesa nostra di S. Gerolamo, parte battezzati, parte catecumeni, e parte ancora ostinati, entrò con un altro schiavo delle galere di Genova pagato da lui per farlo capitar alle mie mani, mentre la maggior difficoltà che ebbe, disse egli, fu questa, perché nessuno voleva condurlo, né insegnarlo dove stavo io per il gran odio che mi portano quelli
delle galere, dicendogli quanto mai potevano dire contro me di male, e che subito si gettò ai miei piedi; vedendo poi tal uomo esser forestiero lo interrogai chi fosse, allora per molti contrassegni da me ben conosciuti mi fece conoscerlo, e perché no potevo trattar seco subito a lungo per il bene commune dell’altri presenti, gli dissi che tornasse da me nel giorno seguente, nel qual giorno udì da lui quanto seguita.
Partito tal uomo dall'Africa per andar a visitar Maometto, al ritorno fu preso e portato a Livorno, dove per parte toccata al gran Duca restò suo schiavo, ma come è uomo dottissimo nella Setta Maomettana e Sacerdote famoso in essa, lo hanno eletto quei Turchi schiavi e mercanti di Livorno per loro maestro e Sacerdote e, per star in tal posto ivi sicuro senza nessun travaglio che patiscono li schiavi, bisognò che il Re di Tunisi castigasse grandemente i poveri Sacerdoti di Cristo e religiosi con molti altri schiavi cristiani sotto il suo comando, per esser stato ancora questo tale maestro dei suoi figliuoli e degli altri figliuoli del Re suo antecedente. Insomma andava esercitando l'officio sopraddetto nella chiesa dei Turchi che in Livorno hanno, e insieme trattando per spazio di due anni incirca la sua liberazione, conforme l’ordine del Re di Tunisi dato ad un mercante giudeo nel Livorno ma perché il gran Duca in tutto questo tempo non volle mai consentir la liberazione