Annali del Seminario Romano

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Dei dati alla produzione d'informazioni

L'abbondanza dei dati contenuti negli Annali del Seminario Romano del gesuita Girolamo Nappi (1584-1648), redatta negli anni 1640-1647, ha attirato l'attenzione di molti curiosi e ricercatori. Il progetto di edizione digitale vorrebbe essere di aiuto per la produzione di informazioni. Secondo Gregory Bateson l'informazione è la notizia di una differenza, oppure, "la differenza che produce differenza". Per tanto, l'informazione non si trova nel documento ma si produce nel sistema, individuo o società, che osserva a partire da determinate distinzioni.
Di fatto per il Nappi, come si vedrà, solo alcuni dati costituiscono informazioni e meritano di essere registrati; molti altri sono consegnati all'oblio. L'edizione integrale degli Annali sarà un modo per considerare, non tanto la storia del Seminario Romano, quanto la selezione di eventi che la costituiscono.

Gli Annali del Seminario Romano sono una ricostruzione della storia di questo istituto affidato alla Compagnia di Gesù in seguito a ciò che era stato sancito nella ventitreesima sessione del Concilio di Trento (canone XVIII) sul sacramento dell’ordine che istituiva i seminari per la formazione sacerdotale: “Per educazione della Gioventù ciascuna Chiesa Cattedrale à misura dell’entrate e del Distretto fosse tenuta d’alimentare in un Seminario un certo numero di Giovanetti ò natij della Città, o della Diocesi […] s’istituissero ivi nella disciplina ecclesiastica” (p. 818, APUG 586 esemplare con note manoscritte di Pallavicino Sforza).


Pomis sua nomina servant: selezioni e gerarchie

Pomis sua nomina servant. Incisione presente nelle carte preliminari del volume III degli Annali del Seminario Romano, APUG 2802


Da una gran moltitudine di Giovani, che come tante Piante, si sono allevate nel Seminario Romano dall’Anno che fu fondato, e poi dal detto Seminario furono transpiantate e sparse nel bel Giardino di questo nostro mondo, havendone io scelte alcune, ch’hanno dato frutti meravigliosi, ho stimato dover esser cosa molto grata alla Gioventù seminariana darne una breve notitia con una scelta d’alquanti più segnalati, che però mi son pigliato fatica di ridurli insieme alcuni, con distinguerli in quattro classi: la prima quelli che si sono dimostrati illustri nelle Dignità Ecclesiastiche; seconda, coloro che sono stati conspicui in nobiltà et titoli signalati; terza, quelli che in vita virtuosa sono stati insegni; e finalmente coloro che in Dottrina e libri stampato si sono fatti famosi. Con questa scelta così distinta penso che si sarà molto ben esplicato il significato di quel Motto Virgiliano posto sopra l’Impresa del Seminario Romano, che dice, ‘Pomis sua nomina servant’[1]. Poiché questa scelta di tale huomini illustri, da benissima ad intendere quali siano quelli Pomi che s’aspettano dalle Piante seminate nel Romano Seminario, quali piante formano il Corpo della loro Impresa. (APUG 2802, III, 4.)

Gli Annali possono essere considerati come una determinata osservazione della realtà storica. Vale a dire, un modo possibile non tanto di rispondere alla domanda di che cosa è successo ma come è stato narrato ciò che è successo. Questa prospettiva storiografica permette di accedere non solo alla visione di un singolo autore o di una determinata opera, ma è un modo per considerare come un determinato sistema storiografico si rapportava con il proprio passato.

Uno degli assi portanti degli Annali è la selezione gerarchica dei nomi. La descrizione del "mondo" e della società stessa, in un sistema sociale gerarchico come quello del secolo XVII, si realizzava dal vertice della gerarchia. Nel testo del Nappi la selezione dei nomi risponde al criterio di identificare gli huomini illustri, i più segnalati, distinti in quattro classi: Nel vertice si trovano membri della gerarchia ecclesiastica, all'interno dalla quale sono considerati solo l'illustri.[2] Poi si annoverano li appartenenti alla nobiltà. Il citato motto del Seminario starebbe a significare il ruolo dell'educazione che non farebbe altro rinsaldare il concetto di nobiltà. Come ricorda il gesuita Solverò Pietrasanta nella sua Simbolica heroica, è l'educazione che nobilita la nobiltà. Se la terra dove si cresce, o vi si educa, non è adatta, vale a dire è salmastra, salsa nel testo di Virgilio, non diventa fertile con l'aratro, nemmeno la qualità naturale del vino, che sarebbe l'equivalente a la nobiltà, mantiene la sua rinomata fama (pomis sua nomina servat).[3]: Questi germogli non sono notevoli per la gloria né delle foglie, né dei fiori, né dei frutti, prima di raccogliere la linfa nelle nell'orto [del Seminario]. Così teneri adolescenti, ancora pressoché sconosciuti, vengono posti in questo luogo come germogli, dove una volta cresciuti nella linfa della virtù, giunti all'onore del loro nome, nobiliteranno la loro nobiltà e conseguiranno lodi immortali.
La terza classe è composta da coloro che si sono distinti nella vita virtuosa, che implicherà una delimitazione alla nobiltà di lignaggio. Per ultimo quelli diventati famosi per aver stampato dei libri. Da questa ultima categoria è possibile considerare la tecnologia della stampa come un mezzo per stabilire la fama o il suo contrario.

Un secondo asse dell'opera del Nappi è narrare ciò che si è considerato degno di memoria. Questo implica che il concetto di verità si riferisce a quello che la società non ha dimenticato o non doveva dimenticare. Non si trova nell'ordine dell'empiricità, nè appartiene a una concezione "scientifica" della storia. Questo concetto di verità non gravita attorno al binomio verità/non verità, ma piuttosto è determinato da un senso morale della verità (ἀλήθεια) in quanto qualcosa "non dimenticata", perché "buona" e "bella". Come afferma lo stesso Nappi si tratta di una honorata memoria a' fine d'eccitare li posteri all'imitatione dell'antipassati.
Alla selezione dei nomi segue una scelta delle cose successe in Seminario, dopo le cose accadute a Roma e infine per tutto il mondo. La selezione di queste cose principali accadute nel mondo alimenteranno non solo la verità moralizzante della storia, ma le composizioni drammaturgiche degli studenti del seminario.

Il terzo asse narrativo è la cronologia. La cronologia è una delle tante forme possibili di organizzare il discorso. Le cronologie tentano di creare nel lettore la percezione che nella sfilza di date e di eventi non ci sia una narrazione, vale a dire, un io narrante, bensì che siano gli avvenimenti a parlare da soli. La cronologia, in questo modo, pretende di essere oggettiva nei confronti della narrazione che spesso è sospettata di essere soggettiva. Malgrado non riusciendo a riempire tutte le frazioni in cui il tempo può essere diviso, operano con la distinzione continuità/discontinuità. Le cronologie emergono a partire da un determinato tipo di temporalizzazione. La realtà alla quale si riferivano, per esempio, le cronologie medievali procedevano da un tempus contrapposto alla aeternitas. La scrittura degli Annali appartiene a un tempo osservato attraverso la distinzione tempus/aeternitas. Questa osservazione presuppone una totalità, di conseguenza, ogni tassello, presente o no nell'elenco degli avvenimenti s'ingloba in una "storia senza tempo". Altre distinzioni temporali sorgeranno nell'età moderna.
Le cronologie sono frutto anche di determinate selezioni. Tracciano un limite tra il presente e il suo passato, per poi elencare ciò che deve essere ricordato, il resto andrà consegnato all'oblio. Si creano così i periodi temporali (antico, medievale, moderno, ecc) che sono altro rispetto al presente dell'osservatore. Il testo degli Annali si presenta come un scrittura tipica della modernità incipiente che pone di manifesto la rottura tra passato e futuro. L'origine arbitraria della cronologia è nel discorso stesso. Questa operazione cronologica, differenziando passato e presente, occulta la simultaneità del tempo.

Dalla materia indigesta alla Historia più colta

Secondo Hayden White[4], la doxa dello establishment storiografico moderno suppone che ci siano tre forme possibili di rappresentazione storica: gli annali, la cronica e la storia propriamente detta. L'imperfezione delle due prime forme radicherebbe nella sua fallimentare narratività degli avvenimenti che annoverano tra le loro righe. Questa posizione è stata sostenuta anche da Benedetto Croce: dove non c'è narrativa non c'è storia. Queste distinzioni presuppongo un determinato concetto di realtà o di fattualità e la possibilità di una sua rappresentazione.

Una prima distinzione la stabilisce il Nappi stesso quando ammette che la fatica del suo lavoro, di notar anno per anno le cose occorse in tutti gl'Anni dalla fondatione del Seminario, ha prodotto una «materia indigesta» con la quale poter fabbricare una «historia più colta».
Questa forma narrativa presentando "semplicemente" gli eventi senza glosa potrebbe creare l'illusione che si trasmette la realtà in quanto tale, senza fare sentire la scrittura di un autore interprete dei fatti. Questa concezione storiografica potrebbe essere analizzata da prospettive più astratte.

Come ricorda Michel de Certeau, la scrittura della storia interroga il «reale» da due posizioni diverse. La prima è il reale conosciuto dallo storico, il suo oggetto di studio, l'altra è il reale in cui lo scrittore è implicato mentre realizza la sua operazione di scrittura. Nel primo caso il reale è il risultato dell'operazione storiografica, nel secondo è il suo postulato: La scienza storica sta proprio nel loro rapporto, e ha come suo obiettivo di svilupparlo in un discorso[5]. L'analisi degli Annali potrebbe permettere questa doppia osservazione di primo e secondo ordine.

Descrizione materiale

L'opera è suddivisa in tre volumi contiene elenchi dei chierici e dei convittori secondo l’anno di ingresso, biografie, statuti, regolamenti, avvisi, consuetudini e documenti vari sulle attività svolte all’interno dell’istituzione romana.
I volumi pur presentandosi essenzialmente omogenei nella composizione dei fascicoli e con un’unica mano che redige i testi contengono testi manoscritti e a stampa inseriti, un bando e una pianta di grande formato. Inoltre scorrendo la numerazione coeva vi sono omissioni ed errori nella paginazione che lasciano dedurre una composizione non così fluida come potrebbe apparire a prima vista

Manuscripts

Bibliography

  • Relazione scritta ad un'amico delle feste celebrate nel Collegio Romano della Compagnia di Gesù per l'anno centesimo dopo la fondazione di essa (In Roma, Grignani, 1640). Link
  1. Questo motto trova la sua origine nel secondo libro delle Georgiche di Virgilio (v.240): salsa autem tellus et quae perhibetur amara, frugibus infelix — ea nec mansuescit arando, nec Baccho genus aut pomis sua nomina servat. L'adattamento del verso virgiliano al motto impiegato per il Seminario Romano, secondo il gesuita Silvestro da Pietrasanta (1590-1647) è dovuto al suo maestro Famiano Strada SJ (1572-1649). Vedi S. Pietrasanta, Symbola heroica.
  2. Una raccolta di Annibale Adami SJ con le vite degli alunni del seminario diventati cardinali: Seminarii romani Pallas purpurata, sive Eminentissimi S. R. E. cardinales qui ad haec vsque tempora à Seminario Romano prodiere imaginibus expressi epigrammatis illustrati Hannibal Adamus Firmanus Societatis Iesu scribebat. Romae, 1659.
  3. Vedi n.1. Si veda anche il commento di E. Stampini, Le Georgiche di Virgilio, commentate da Ettore Stampini parte prima libri I e II.
  4. The Content of the Form: Narrative Discourse and Historical Representation. Johns Hopkins University Press, 1990.
  5. M. de Certeau, La scrittura della storia, p. 44.