Jesuit Drama

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Friget enim poësis sine teatro[1]


L’APUG conserva nei fondi CURIA, APUG e COLLEGIO ROMANO numerosi manoscritti di opere teatrali realizzate dai professori di retorica del Collegio Romano e di altri collegi gesuiti, a partire dalla metà del ‘500.

Works Bibliography

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Perspectiva pictorum et architectorum 47.jpg

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Il teatro dei Gesuiti raccolse l’eredità delle rappresentazioni sacre, ma anche del dramma classico, inserendosi nelle dinamiche del teatro barocco. I secoli del massimo splendore furono il XVI e il XVII, ma si mantenne vivo anche nei secoli successivi. Il repertorio è composto prevalentemente da tragedie latine, ma non mancano opere scritte nelle diverse lingue nazionali. Autori, e curatori della messinscena, erano quasi sempre i docenti di retorica; a recitare erano gli allievi. Lo stesso testo si rappresentava in più collegi e talvolta veniva modificato per l’occasione.
Nei collegi le recite ebbero un precedente nelle composizioni poetiche e oratorie, anche studentesche, nonché nei dialoghi, richiedenti una sorta di attitudine scenica, che erano parte integrante del programma didattico e formativo. Di questa tipologia che convivrà parallelamente alla produzione dei drammi veri e propri, l'APUG conserva esemplari miscellanei di orazioni, discorsi, intermezzi affidati ai maestri del Collegio Romano in occasione degli atti accademici, degli omaggi letterari o di saluto per gli ospiti illustri.
Tra i primi esperimenti, il poema dialogico di André des Freux De scientiarum honestate ac utilitate dialogus (1554) al Collegio Romano ; lo stesso Ignazio di Loyola lo approvò e ne volle la diffusione. Si recitava anche fuori d’Italia; ad esempio, a Coimbra, andarono in scena due importanti tragedie latine di Miguel Venegas: Saul Gelboeus (1559), e Tragoedia cui nomen inditum Achabus (1562).
Scorrendo gli indici dei volumi in APUG, oltre ai citati nomi troviamo i manoscritti dei retori Pedro Juan Perpinyà, Orazio Torsellini, Tarquinio Galluzzi, Francesco Benci ecc.

Per i soggetti si attinse dall’Antico Testamento, dal martirologio, più tardi dalla storia. Nucleo ideologico era lo scontro tra il bene e il male, tanto nell’animo dell’uomo come nel mondo; lo scopo edificante richiedeva la vittoria del bene. In tale panorama, Stefano Tucci si differenziò scrivendo un’importante trilogia cristologica, dalla nascita al trionfo di Gesù nel giudizio finale; egli portò in scena anche la morte del Cristo, Rex Martirum, aprendo così la strada alla tragedia cristiana, o del martire. Essa fu realizzata da Bernardino Stefonio, docente di retorica al Collegio Romano, esponente di spicco di quella che Marc Fumaroli (1932-2020) ha definito la «dinastia dei maestri romani dell’arte oratoria». La tragedia del martire nacque in quella sede con il Crispus (1597), cui seguì la Flavia (1600), ambedue di Stefonio; l’imprescindibile modello è Seneca. La novità consiste nell’aver calato nella storia di Roma, il messaggio cristiano portato dai martiri protagonisti mandati a morte da un tiranno.
Non si conservano solo composizioni ma anche indicazioni sulla pratica e sulle regole da tenersi nella stesura del testo e nella rappresentazione vera e propria. Fonte primaria per quest’ultima tipologia i tre volumi (APUG 2800, APUG 2801, APUG 2802) degli Annali del Seminario Romano di Girolamo Nappi (1584-1648) nei quali è possibile percorrere la vita accademica del Seminario anno per anno dal 1563 al 1647.


Status quaestionis

Negli ultimi anni diversi studiosi hanno consultato in APUG opere di retorica con particolare interesse alla produzione teatrale dei padri Francesco Benci, Famiano Strada, Stefano Tuccio e Bernardino Stefonio. Dal convegno internazionale tenutosi nel 1994 dal Centro studi sul teatro medioevale e rinascimentale (Roma-Anagni) [2] si registra un rinnovato interesse verso questa tipologia di opere che corrisponde a una maggiore richiesta della documentazione manoscritta conservata nell'archivio APUG e nelle altre sedi con fondi gesuitici.

Andrea Pozzo, Perspectiva pictorum et architectorum, II, Fig. 47. Scenografia per le Quarant'ore nella Chiesa del Gesù di Roma (1695).

Nell'occasione di rispondere alle richieste degli studiosi che, consultando i cataloghi on line, arrivavano al nostro archivio ci si è resi conto di come, spesso, le descrizioni fossero lacunose riportando dati frammentati e senza identificazione dell'autore. Da queste scarne descrizioni, dove talvolta le opere sono state liquidate come “drammi senza importanza” (Cfr. scheda del Catalogo topografico di APUG 1293) emerge chiaramente come ci sia stato uno spostamento dell'interesse verso queste tematiche che non sono più oggi definite "senza importanza". Non si tratta di un caso isolato ma di un'osservazione che può essere stata fatta anche nel caso di interi fondi. E' il caso, per esempio, che si registra alla fine dell'Ottocento quando proprio quei documenti che noi oggi valorizziamo [3] furono definiti inconcludenti. Si tratta del testo della denuncia del 21 dicembre 1877 ‘’Oggetti trovati in un ripostiglio annesso ai locali della Biblioteca Vittorio Emanuele’’ del bibliotecario Bartolomeo Podestà:

Tuttochè molti degli oggetti siano a ritenersi, come abbiamo veduto, pregevolissimi, altri ve ne sono che non si potrebbe spiegare perché fossero nascosti, se non forse per la fretta o per turbamento d’animo con cui fu condotta l’operazione. A mo’ d’esempio furono sottratti alcuni volumi dalla collezione degli Aldi, lasciandovi poi al posto altri di minor importanza; non si pensò a nascondere volumi e opuscoli di un valore incontestabile bibliografico, quando si fece di manoscritti e di carte inconcludenti.

La possibilità che in un determinato contesto sociale una documentazione sia stata sottoposta a tali valutazioni ci deve portare a considerare la possibilità che parte del materiale non sia stato correttamente conservato, sia andato disperso, ed infine, anche, scartato. Un esempio di questo processo è riscontrabile nella pratica di rilegatura di materiali differenti in volumi miscellanei dove, talvolta, sono state eliminate le carte preliminari (contenenti informazioni quali l'autore, il titolo, la data) con il solo fine di realizzare più velocemente la cucitura dei fascicoli. Meriterebbe una valutazione a sè l'analisi delle motivazioni dello spostamento di interesse, tanto più se si considera che l'istituzione che oggi conserva questi documenti è la stessa che li ha realizzati.
Nell'intraprendere questo progetto si rende necessario effettuare preliminarmente la ricognizione dei materiali presenti in APUG e così da settembre 2020 è stato avviato il censimento (consultabile a questa pagina) nei fondi antichi dell'archivio storico. Parallelamente si opera alla realizzazione di una bibliografia ragionata consultabile nella pagina dedicata.


Linee di ricerca

L'APUG propone alcune possibili linee di ricerca a partire dal patrimonio conservato nei suoi fondi.

  • Osservazione della conflittualità generatasi intorno alla produzione drammaturgica all'interno e all'esterno della Compagnia di Gesù. Analisi degli eventuali tratti evolutivi nella produzione teatrale gesuitica. Cambiamenti nella normativa riguardo la rappresentazione teatrale.[4]


  • La pratica del teatro gesuitico dentro e fuori i Collegi. Dal manoscritto alla stampa: analisi della produzione e circolazione editoriale di opere teatrali. Confronto tra opere teatrali e altre forme discorsive (orazioni, dialoghi ...).


  • Analisi del possibile rapporto tra la ars oratoria e la produzione drammaturgica dei gesuiti. Analisi di una possibile relazione tra fonti della spiritualità ignaziana e produzione teatrale.


Nel caso in cui si voglia partecipare, singolarmente o con il proprio ente di ricerca, si prega di sottoporre a valutazione il proprio progetto compilando il form.

Acknowledgements

Un sentito ringraziamento alla Prof.ssa Mirella Saulini che partecipa al progetto sin dalle prime fasi, sostenendo inoltre l'onere di alcune operazioni di restauro dei codici di Bernardino Stefonio[5].

References

  1. Incitamenta studiorum in Ratio atque institutie studiorum per sex patres ad id ius R.P. Preposti Generalis deputatos conscript (1591) p. 27. Nell'edizione del 1586: "Quoniam vero tragoediae nec ubique, nec semper, nec frequenter agi possunt, ne in nimiam desuetudinem abeat exercitatio, sine qua poesis pene omnia friget ac iacet, non parum expedit, ter aut quater in anno privatim in scholis humanitatis et rhetoricae sine scaenico ornatu a pueris mutuo colloquentibus recitari ab ipsis compositas aeglogas, scaenas, dialogos […]".
  2. I gesuiti e i primordi del teatro barocco in Europa
  3. Cfr. concetto di valorizzazione espresso nel progetto Monumenta Concilii Tridentini
  4. La Ratio studiorum, stabilisce, fin dalla stesura del 1586 e, con correzioni restrittive fino all’edizione definitiva, lo statuto dell’attività teatrale, considerata un mezzo per stimolare l’impegno negli studio degli allievi, pur riconoscendole anche un modesto valore propagandistico. Prescrive, nel 1599, la n. 13 delle Regulae Rectoris: «Sia l’argomento di tragedie e commedie, che è importante non siano se non scritte in latino e rarissime, sacro e onesto; e non si ponga all’interno delle rappresentazioni cosa alcuna che non sia latina e conveniente, né vi si introduca alcun personaggio o abito femminile»
  5. Cfr. la sezione Descrizione fisica: la materialità delle opere con le relazioni dei restauri effettuati sui codici APUG 1202 , APUG 1484, APUG 1252 e APUG 1199

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