Martin Lutero, iniziatore della Riforma protestante, nacque nel 1483 ad Eisleben e vi morì nel 1546.
Nel 1505 si laureò magister artium. Nel medesimo anno, trovandosi in pericolo di vita, promise di abbracciare la vita religiosa se si fosse salvato. Entrò, infatti, in un convento agostiniano, emettendo i voti nel 1506. Divenne presbitero nel 1507. Compì approfonditi studi teologici, cominciando anche a insegnare nella neonata università di Wittenberg.
Fin dal 1516 Lutero predicò contro le indulgenze, ritenendole un evitamento non del peccato ma della pena, quindi una fuga dall'umiliazione del pentimento e della penitenza e un vano confidare in un atto esteriore, invece che nella misericordia divina. A inasprire la sua insofferenza per la questione fu la predicazione del domenicano J. Tetzel, che in quel preciso contesto vendeva le indulgenze grazie a un accordo fra Leone X, il primate di Germania e la banca Fugger.
Il 31 ottobre 1517 Lutero pubblicò 95 tesi in latino, allo scopo di suscitare una discussione universitaria fra dotti su una materia ancora aperta: la prassi delle indulgenze, il tesoro dei meriti della chiesa a cui attingere per il condono della pena dei peccati, il potere del papa di liberare le anime del purgatorio. Il problema principale di Lutero consisteva nel dubitare che la Chiesa avesse la possibilità di distribuire arbitrariamente la grazia. Peggio ancora che la vincolasse a un offerta in denaro, invece di offrirla gratuitamente.
Ebbene, come mai una disputa, che era una semplice bega professorale, divenne un movimento che ha capovolto l'Europa? La deflagrazione della vicenda avvenne per varie ragioni. Le tesi, da Lutero inviate insieme a una lettera all'arcivescovo di Brandeburgo, furono inoltrate a Roma perché ritenute sospette. Inoltre, lo scritto non restò circoscritto all'ambito universitario: non per iniziativa dell'autore, in pochi mesi venne tradotto in tedesco e diffuso in tutta la Germania e nell'Europa colta.
Nel 1518 Roma cominciò a esprimersi sulla posizione di Lutero: prima con un Dialogo sulle affermazioni temerarie di Lutero relative al potere del papa, a cui Lutero rispose, e poi con una imputazione. In questo frangente, si chiese al frate agostiniano di presentarsi a Roma entro sessanta giorni. Lutero, tuttavia, protetto dal principe elettore di Sassonia, ottenne di essere esaminato in Germania dal cardinal Caietano: fu il colloquio di Augusta dell'ottobre 1518, nel quale non si giunse a una convergenza. Lutero, quindi, si appellò al papa, il quale però non ne approvò le posizioni, e poi più radicalmente al concilio. I suoi scritti risentono, a questo punto, di toni molto più aspri e cominciò a identificare il papa con il possibile Anticristo, regnante in una corrotta curia romana.
Nel 1519, nella disputa teologica di Lipsia, l'orizzonte polemico di Lutero si ampliò notevolmente, inglobando l'argomento dell'istituzione divina del papato, del primato pontificio, dell'autorità dei concili.
Nel 1520 Leone X firmò la bolla Exsurge Domine, nella quale si impugnavano quarantuno affermazioni di Lutero, ordinandogli di ritrattare, pena la scomunica. Si condannava primariamente la sua visione antropologica, ossia l'idea che il libero arbitrio dell'uomo, dopo il peccato originale, sia del tutto incapace di operare in ordine alla salvezza. Lutero scrisse al papa e rinnovò anche il suo appello al concilio, anche se poi il 10 dicembre 1520 bruciò pubblicamente la bolla e i documenti allegati.
Nel 1529 a Spira i principi luterani di fronte all'imperatore Carlo V
attestano di non ritrattare. Questa protesta-testimonianza di fede dà il nome alla Riforma, detta appunto "protestante".
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