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Aeanli, 13 mai 1617. Jean Vincent Sederini � Bellarmin.
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Ill.mo et R.mo Sig.re et Padrone mio col.mo. L'essermi noto quanto V.S. Ill.ma tenghi à core l'honore della
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sua anticha congregatione et quanto all'incontro riceva spiacere dal sentire che li padri Giesuiti faccino cose indegne da relligiosi et l'authorità nella quale V.S. Ill.ma sta appresso tutti, mi danno adito avvisarla dell'aggravio che li detti padri qui in Ascoli cercano farmi. Morì l'anno passato un mio cognato, quale lasciò herede di tutte le sue facoltà la Compagnia del Giesù, et è stato il primo benefattore ohe li padri Giesuiti habbiano havuto qui; morto che fù, li detti padri pigliorno l'heredità, et dovendo io con seguire per residuo di dote et interusinio nella detta heredità da 2700 scudi incirca, feci intendere agl'heredi le mie raggioni et per non litigare compromettemmo la causa in mano di monsignor Maximi all'hora governatore d'Ascoli; ma non mettendo conto alli padri che la causa fosse diffinita; per non pagar il giusto debito, con belle parole procrastinando, fecero spirare il primo et secondo em compromesso. Ond'io vedendomi così stangheaggiato da chi meno credevo, feci in modo che si cominciasse la causa iuridicamente avanti à monsignor Sega successore del detto monsignor Maximi in Ascoli, et essendo hora la causa adotta à sentenza, hier l'altro il padre Rettore et il padre Palmucci (diventati stracca corte), parlando con monsignor Governatore della detta causa et (essendoli fatti alcuni motivi com'è solito di giudici) detti padri con arroganza in credibile cominciorno à dire che havriano avvisati li Padroni di Roma et altre cose impertinenti: la onde Monsignor, per non venire à qualche inconveniente, se li cacciò modestamente d'avanti, et hora non vuole più ingerirsi in detta causa. Quanto il procedere di questi padri in voler litigare à torto con li più proximi de loro primi benefattori dia scandalo à tutta la città, V.S. Ill.ma potrà meglio considerarlo ch'io scriverlo. Hanno occupato tutti li libri di memoria del defunto, acciò non si vedino le ricepute; più volte
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sua anticha congregatione et quanto all'incontro riceva spiacere dal sentire che li padri Giesuiti faccino cose indegne da relli^Tg^osi et l'authorit� nella quale V.S.Ill/ma sta appresso tutti, mi danno adito avvisarla dell'aggravio che li detti padri qui in Asco li cercano farmi. Mor� l'anno passato un mio cognato, quale lasci� herede di tutte le sue facolt� la Compagnia del Gies�, et � stato il primo benefattore ohe li padri Giesuiti habbiano havuto qui; mor^^to che f�, li detti padri pigliorno l'heredit�, et dovendo io con seguire per residuo di dote et interusinio nella detta heredit� da 2700 scudi incirca, feci intendere agl'heredi le mie raggioni et per non litigare compromettemmo la causa in mano di monsignor Maxi mi all'hora governatore d'Ascoli; ma non mettendo conto alli padri ^^Tche la causa fosse diffinita; per non pagar il giusto debito, con belle parole procrastinando, fecero spirare il primo et secondo em compromesso. Ond'io vedendomi cos� stangheaggiato da chi meno cre devo, feci in modo che si cominciasse la causa iuridicamente avanti � monsignor Sega successore del detto monsignor Maximi in Ascoli, ^^et essendo hora la causa adotta � sentenza, hier l'altro il padre Rettore et il padre Palmucci (diventati stracca corte), parlando con monsignor Governatore della detta causa et (essendoli fatti al cuni motivi^'com'� solito di giudici) detti padri con arroganza in credibile cominciorno � dire che havriano avvisati li Padroni di ^^TRoma et altre cose impertinenti: la onde Monsignor, per non^venire � qualche inconveniente, se li cacci� modestamente d'avanti, et ho ra non vuole pi� ingerirsi in detta causa. Quanto il procedere di questi padri in voler litigare � torto con li pi� proximi de loro primi benefattori dia scandali � tutta la citt�, V.S.Ill/ma potr� meglio considerarlo ch'io scriverlo. Hanno occupato tutti li libri di memoria del defunto, acci� non si vedino le ricepute; pi� volte
 
 
 
 
 
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Ill.mo et R.mo Sig.re et Padrone mio col.mo. L'essermi noto quanto V.S. Ill.ma tenghi à core l'honore della sua anticha congregatione et quanto all'incontro riceva spiacere dal sentire che li padri Giesuiti faccino cose indegne da relligiosi et l'authorità nella quale V.S. Ill.ma sta appresso tutti, mi danno adito avvisarla dell'aggravio che li detti padri qui in Ascoli cercano farmi. Morì l'anno passato un mio cognato, quale lasciò herede di tutte le sue facoltà la Compagnia del Giesù, et è stato il primo benefattore ohe li padri Giesuiti habbiano havuto qui; morto che fù, li detti padri pigliorno l'heredità, et dovendo io con seguire per residuo di dote et interusinio nella detta heredità da 2700 scudi incirca, feci intendere agl'heredi le mie raggioni et per non litigare compromettemmo la causa in mano di monsignor Maximi all'hora governatore d'Ascoli; ma non mettendo conto alli padri che la causa fosse diffinita; per non pagar il giusto debito, con belle parole procrastinando, fecero spirare il primo et secondo em compromesso. Ond'io vedendomi così stangheaggiato da chi meno credevo, feci in modo che si cominciasse la causa iuridicamente avanti à monsignor Sega successore del detto monsignor Maximi in Ascoli, et essendo hora la causa adotta à sentenza, hier l'altro il padre Rettore et il padre Palmucci (diventati stracca corte), parlando con monsignor Governatore della detta causa et (essendoli fatti alcuni motivi com'è solito di giudici) detti padri con arroganza in credibile cominciorno à dire che havriano avvisati li Padroni di Roma et altre cose impertinenti: la onde Monsignor, per non venire à qualche inconveniente, se li cacciò modestamente d'avanti, et hora non vuole più ingerirsi in detta causa. Quanto il procedere di questi padri in voler litigare à torto con li più proximi de loro primi benefattori dia scandalo à tutta la città, V.S. Ill.ma potrà meglio considerarlo ch'io scriverlo. Hanno occupato tutti li libri di memoria del defunto, acciò non si vedino le ricepute; più volte
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