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Ill.re Signore. La lettera di V.S. mi ha portato molta maraviglia, poichè, in cambio di domandar perdono di un'eccesso così grave, ingiuria il vicario d'ingiustitia, di tirannia, di seminar zizanie et di fare che la città sia un baccano; si che a V.S. par lecito offendere un vechio honorato con parole et con fatti in publico, et non volo che al giudice sia lecito far la giustitia. Consideri che i dottori et i chierici sono obligati a dare essempio agl'altri di mansuetudine, di patientia et di ogni altra virtù; et V.S., in cambio di buono essempio, ha dato un scandalo molto notabile a tutta la città, percuotendo un vechio di 75 anni che doveva riverire come padre. Et se chi percuote un clerico è punito subito della pena più grave che habbia la chiesa, che è la scommunica maggiore riservata al Papa, è anco ragione che, quando un chierico percuote un laico, sia punito di pena grave et essemplare. Ne deve
 
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dire V.S. che è stata forzata per honore et reputatione a dare un mostaccione a ms.Monaldo, perchè nessuno è forzato a far male et è male far la vendetta da se stesso; nè è logico per honore et reputatione propria offendere il creatore; et chi dicesse il contrario errarebbe grandemente centra la dottrina delle Scritture sante; si che veda bene V.S. come parla et non si lasci trasportare dalla collera è maggiore inconveniente.<lb/>
Rome, [janv.?] 1611. Bellarmin en r�ponse � Jean B.Tarug�. 1034
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A quello che lei dice,dell'unione delle nostre famiglie, gli dico che io sempre honorerò la sua casa et haverò cara l'unione, ma non per questo lasserò di fare il servitio di Dio, quale ricerca da prelati che faccino la giustitia senza mirare in faccia a nessuno; perchè altrimenti, se si tolerassero oggi le guanciate, domani bisognaria tolerare le pugnalate; si che entri V.S. in se stessa et, se vole fare quello che deve, accetti humilmente la sentenza datagli et non cerchi di accrescerla con scrivere simili lettere, che non sono atte ad impetrare perdono, ma a provocare il giudice ad aggravar più la mano, vedendo che il reo non conosce il suo peccato. Pigli in bene le mie parole, perchè gli parlo da padre et gli desidero etc.
 
 
/ 111^^ Signore. La lettera di V.S. mi ha portato molta maravi
 
 
 
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JTlecito offendere un vechio honorato con parole et con fatti in pu-
 
 
 
blico, et non volo che al giudice sia lecito far la giustitia. Con
 
 
 
sideri che i dottori et i chierici sono obligati dare essempio a
 
 
 
gl'altri di mansuetudine, di patientia et di ogni altra virt�; et
 
 
 
V.S.,in cambio di buono essempio, ha dato un scandalo molto notabi-
 
 
 
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riverire come padre. Et se chi percuote un clerico punito subito
 
 
 
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giore riservata al Papa, anco ragione che, quando un chierico p
 
 
 
percuote un laico, sia punito di pena grave et essemplare. Ne deve
 
 
 
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V^veda bene V.S. come parla et non si lasci trasportare dalla collera
 
 
 
maggiore inconveniente.
 
 
 
Arch.Vat.Ges.17 fo.28. Brouillon aut.
 
 
 
A quello che lei dice,dell'unione delle nostre famiglie, gli
 
 
 
dico che io sempre honorer� la sua casa et haver� cara l'unione, ma
 
 
 
non per questo lasser� di fare il servitio di Dio, quale ricerca da
 
 
 
prelati che faccino la giustitia senza mirare in faccia nessuno;
 
 
 
perche altrimenti, se si tolerassero oggi le guanciate, domani biso
 
 
 
gnaria tolerare le pugnalate; si che entri V.S. in se stessa et, se
 
 
 
vele fare quello che deve, accetti humilmente la sentenza datagli et
 
 
 
non cerchi di accrescerla con scrivere simili lettere, che non sono
 
 
 
atte ad impetrare perdono, ma provocare il giudice ad aggravar pi�
 
 
 
la mano, vedendo che il reo non conosce il suo peccato. Pigli in bene le mie parole,perche gli parlo da padre et gli desidero etc^/ f.2X8
 

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Ill.re Signore. La lettera di V.S. mi ha portato molta maraviglia, poichè, in cambio di domandar perdono di un'eccesso così grave, ingiuria il vicario d'ingiustitia, di tirannia, di seminar zizanie et di fare che la città sia un baccano; si che a V.S. par lecito offendere un vechio honorato con parole et con fatti in publico, et non volo che al giudice sia lecito far la giustitia. Consideri che i dottori et i chierici sono obligati a dare essempio agl'altri di mansuetudine, di patientia et di ogni altra virtù; et V.S., in cambio di buono essempio, ha dato un scandalo molto notabile a tutta la città, percuotendo un vechio di 75 anni che doveva riverire come padre. Et se chi percuote un clerico è punito subito della pena più grave che habbia la chiesa, che è la scommunica maggiore riservata al Papa, è anco ragione che, quando un chierico percuote un laico, sia punito di pena grave et essemplare. Ne deve dire V.S. che è stata forzata per honore et reputatione a dare un mostaccione a ms.Monaldo, perchè nessuno è forzato a far male et è male far la vendetta da se stesso; nè è logico per honore et reputatione propria offendere il creatore; et chi dicesse il contrario errarebbe grandemente centra la dottrina delle Scritture sante; si che veda bene V.S. come parla et non si lasci trasportare dalla collera è maggiore inconveniente.
A quello che lei dice,dell'unione delle nostre famiglie, gli dico che io sempre honorerò la sua casa et haverò cara l'unione, ma non per questo lasserò di fare il servitio di Dio, quale ricerca da prelati che faccino la giustitia senza mirare in faccia a nessuno; perchè altrimenti, se si tolerassero oggi le guanciate, domani bisognaria tolerare le pugnalate; si che entri V.S. in se stessa et, se vole fare quello che deve, accetti humilmente la sentenza datagli et non cerchi di accrescerla con scrivere simili lettere, che non sono atte ad impetrare perdono, ma a provocare il giudice ad aggravar più la mano, vedendo che il reo non conosce il suo peccato. Pigli in bene le mie parole, perchè gli parlo da padre et gli desidero etc.