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Ormai quarant’anni fa Jacques Le Goff, in un articolo pubblicato nella ''Enciclopedia storica'' Einaudi, argomentava la sostanziale coincidenza tra documento e monumento.<ref>Questo articolo venne pubblicato direttamente in italiano. La versione francese uscì pochi anni dopo nel volume XXXX. In una più recente traduzione inglese di questo volume, non è però presente questo breve saggio.</ref> Dopo aver ricostruito la storia e l'evoluzione dei due termini, Le Goff concludeva dicendo che  
 
Ormai quarant’anni fa Jacques Le Goff, in un articolo pubblicato nella ''Enciclopedia storica'' Einaudi, argomentava la sostanziale coincidenza tra documento e monumento.<ref>Questo articolo venne pubblicato direttamente in italiano. La versione francese uscì pochi anni dopo nel volume XXXX. In una più recente traduzione inglese di questo volume, non è però presente questo breve saggio.</ref> Dopo aver ricostruito la storia e l'evoluzione dei due termini, Le Goff concludeva dicendo che  
 
<blockquote>Il documento è monumento. È il risultato dello sforzo compiuto dalle società storiche per imporre al futuro - volenti o nolenti - quella data immagine di se stesse. Al limite, non esiste un documento-verità. Ogni documento è menzogna. Sta allo storico di non fare l’ingenuo. I medievalisti che hanno lavorato tanto per costruire una critica - sempre utile, certo - del falso devono superare questa problematica perché qualsiasi documento è nello stesso tempo vero - compresi, e forse soprattutto, quelli falsi - e falso, perché un monumento è in primo luogo un travestimento, un’apparenza ingannevole, un montaggio. Bisogna anzitutto smontare, demolire quel montaggio, destrutturare quella costruzione e analizzare le condizioni in cui sono stati prodotti quei documenti-monumenti.</blockquote>
 
<blockquote>Il documento è monumento. È il risultato dello sforzo compiuto dalle società storiche per imporre al futuro - volenti o nolenti - quella data immagine di se stesse. Al limite, non esiste un documento-verità. Ogni documento è menzogna. Sta allo storico di non fare l’ingenuo. I medievalisti che hanno lavorato tanto per costruire una critica - sempre utile, certo - del falso devono superare questa problematica perché qualsiasi documento è nello stesso tempo vero - compresi, e forse soprattutto, quelli falsi - e falso, perché un monumento è in primo luogo un travestimento, un’apparenza ingannevole, un montaggio. Bisogna anzitutto smontare, demolire quel montaggio, destrutturare quella costruzione e analizzare le condizioni in cui sono stati prodotti quei documenti-monumenti.</blockquote>
All’epoca della pubblicazione del primo volume dei ''Monumenta Historica Societatis Iesu'' sembrava
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All’epoca della pubblicazione del primo volume dei ''Monumenta Historica Societatis Iesu'' sembrava quasi scontato intitolare una raccolta di fonti ''Monumenta''. Il dubbio dei gesuiti coinvolti nell'iniziativa si appuntò più sull'uso del termine ''historica'' al posto dell'originario ''historiae'': l'uso del secondo avrebbe infatti dato l'impressione che i monumenti pubblicati sarebbero stati utili solo per la storia della Compagnia di Gesù. Invece dopo che il generale Martín giudicò più opportuna la diffusione dei ''Monumenta'' anche al di fuori dell'ordine, ''historica'' sembrò essere più appropriato, giacché "los documentos, si bien todos ó la mayor parte serán de la Compañia, podrán servir también para otra suerte de historias, como la eclesiástica y la profana."<ref>Così in Cecilio Gómez Rodeles, ''Historia de la publicacion "Monumenta historica Societatis Iesu". Recuerdo del primer centenario del Restablecimento de la misma Compañia. 1814-1914'', Madrid, Imprenta del asilo de huérfanos del S. C. de Jesús, 1913, p. 18.</ref>

Revision as of 09:48, 10 November 2017

Ormai quarant’anni fa Jacques Le Goff, in un articolo pubblicato nella Enciclopedia storica Einaudi, argomentava la sostanziale coincidenza tra documento e monumento.[1] Dopo aver ricostruito la storia e l'evoluzione dei due termini, Le Goff concludeva dicendo che

Il documento è monumento. È il risultato dello sforzo compiuto dalle società storiche per imporre al futuro - volenti o nolenti - quella data immagine di se stesse. Al limite, non esiste un documento-verità. Ogni documento è menzogna. Sta allo storico di non fare l’ingenuo. I medievalisti che hanno lavorato tanto per costruire una critica - sempre utile, certo - del falso devono superare questa problematica perché qualsiasi documento è nello stesso tempo vero - compresi, e forse soprattutto, quelli falsi - e falso, perché un monumento è in primo luogo un travestimento, un’apparenza ingannevole, un montaggio. Bisogna anzitutto smontare, demolire quel montaggio, destrutturare quella costruzione e analizzare le condizioni in cui sono stati prodotti quei documenti-monumenti.

All’epoca della pubblicazione del primo volume dei Monumenta Historica Societatis Iesu sembrava quasi scontato intitolare una raccolta di fonti Monumenta. Il dubbio dei gesuiti coinvolti nell'iniziativa si appuntò più sull'uso del termine historica al posto dell'originario historiae: l'uso del secondo avrebbe infatti dato l'impressione che i monumenti pubblicati sarebbero stati utili solo per la storia della Compagnia di Gesù. Invece dopo che il generale Martín giudicò più opportuna la diffusione dei Monumenta anche al di fuori dell'ordine, historica sembrò essere più appropriato, giacché "los documentos, si bien todos ó la mayor parte serán de la Compañia, podrán servir también para otra suerte de historias, como la eclesiástica y la profana."[2]

  1. Questo articolo venne pubblicato direttamente in italiano. La versione francese uscì pochi anni dopo nel volume XXXX. In una più recente traduzione inglese di questo volume, non è però presente questo breve saggio.
  2. Così in Cecilio Gómez Rodeles, Historia de la publicacion "Monumenta historica Societatis Iesu". Recuerdo del primer centenario del Restablecimento de la misma Compañia. 1814-1914, Madrid, Imprenta del asilo de huérfanos del S. C. de Jesús, 1913, p. 18.