Difference between revisions of "Juan de Ávila"
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Revision as of 16:31, 30 August 2025
Vita e opere
San Juan de Ávila nacque nel 1500 ad Almodóvar del Campo, in Spagna (“de Ávila” non indica la città di origine, bensì il cognome paterno). Dal 1513 studiò diritto a Salamanca per quattro anni. Nel 1520 si trasferì ad Alcalá de Henares, centro nevralgico di idee erasmiane, per dedicarsi alla teologia. Fu ordinato presbitero nel 1526 e, animato da uno spirito missionario, vendette tutti i suoi beni con l’intenzione di partire per le Americhe. Tuttavia, gli venne chiesto di restare in Spagna, dove iniziò a predicare con grande fervore in Andalusia. Nel 1531 fu accusato di eresia dall’Inquisizione, ma dopo due anni di processo venne assolto nel 1533. Continuò la sua opera fondando collegi e seminari, tra cui l’Università di Baeza nel 1538, con l’obiettivo di formare un clero più colto e spiritualmente preparato. La sua opera più nota, Audi, filia, fu pubblicata nel 1556 e rappresenta un capolavoro della spiritualità cristiana. Egli fu un riferimento spirituale per grandi santi come Teresa d’Ávila, Giovanni di Dio, Francisco de Borja e Ignazio di Loyola. Rifiutò sempre cariche ecclesiastiche e visse in povertà fino alla sua morte, avvenuta il 10 maggio 1569 a Montilla.
Culto
Fu beatificato nel 1894 da Leone XIII, canonizzato nel 1970 da Paolo VI e proclamato Dottore della Chiesa da Benedetto XVI nel 2012. Nel 1946 Pio XII lo aveva dichiarato patrono del clero diocesano spagnolo.
La scelta di non diventare gesuita
Nonostante le aspettative e i suoi stretti rapporti con la Compagnia di Gesù, il Maestro Ávila non ne divenne mai un membro.
Ci sono diverse ipotesi sul motivo per cui non si unì all'ordine:
- la sua salute precaria a partire dai primi anni '50 del Cinquecento;
- la potenziale difficoltà per i conversos di entrare nella Compagnia (nel suo caso era un ebreo convertito al cattolicesimo);
- dal 1555 al 1560 la caduta di prestigio di Francisco de Borja, grande estimatore di Juan de Ávila e, fino a quel momento, Commissario della Compagnia nella Spagna e nelle Indie occidentali: venne sospettato di eresia dall’Inquisizione, fu calunniato, cadde in disgrazia presso Filippo II, e soffrì per i comportamenti indegni di alcuni familiari;
- la nomina di Bartolomé Bustamante a provinciale dell'Andalusia nel 1555.
Le ultime due motivazioni risultano molto plausibili. La nostra ricostruzione è la seguente. Il 1554 sembra essere l'anno in cui si riteneva imminente il suo ingresso nella Compagnia. Infatti, il 12 maggio 1554, in occasione della conclusione del processo di fondazione del Collegio di Córdoba, si radunarono vari membri dell'ordine: in quel contesto è attestato che il provinciale Miguel de Torres aveva la speranza che il maestro Ávila entrasse presto tra i Gesuiti e, inoltre, il padre Jerónimo Nadal, commissario di Ignacio per promulgare le Costituzioni nella Penisola Iberica e massima autorità gesuitica presente all'evento, aveva autorizzato la sua ammissione, prima di ripartire per l'Italia. La Compagnia di Gesù, dunque, non pose alcun ostacolo all'ingresso del Maestro Ávila e, anzi, lo desiderava vivamente. Questo accadeva nonostante egli fosse conversos e avesse subito un processo inquisitorio dal 1531 al 1533, nel quale era stato completamente prosciolto.
Sembra, dunque, che il 1555 segni un passo indietro nella volontà di Juan de Ávila di entrare nella Compagnia, vista la situazione tragica di Francisco de Borja, il cambiamento del superiore della Compagnia in Andalusia e soprattutto temendo di attirare ulteriori sospetti dell’Inquisizione su di sé e sui Gesuiti della provincia andalusa.
Tuttavia, dal 1550 al 1560, una trentina di suoi discepoli entrarono nella Compagnia di Gesù, tra cui diversi conversos. Probabilmente Ávila riteneva che la loro scelta passasse più inosservata della propria. Prima del 1555, Francisco de Borja aveva svolto un ruolo fondamentale di mediazione per l'ingresso di Juan de Ávila e dei suoi discepoli nella Compagnia di Gesù. La sua influenza era stata decisiva nel favorirne l'accoglienza, nonostante le reticenze di alcuni membri della Compagnia e il peso dello statuto di limpieza de sangre. L'ambiente ecclesiale e sociale era carico di diffidenza e timori verso tali nuovi cristiani. Di fatto, alcuni dei discepoli di Juan de Ávila entrati nell'ordine furono sottoposti a indagini inquisitoriali. In Andalusia, il forte legame tra gli avilisti e i gesuiti contribuì ad alimentare sospetti anche nei confronti di alcuni membri della Compagnia, ritenuti vicini ai conversos e agli alumbrados. Il clima di sospetto perdurò sia durante la vita del Maestro che dopo la sua morte.
Anche se non entrò a far parte dell'ordine, i contatti di Juan de Ávila con i Gesuiti rimasero molto stretti fino alla sua morte. Il rapporto fu particolarmente proficuo e quotidiano nella sua ultima residenza a Montilla. La sua figura rimase così strettamente associata all'ordine che egli scelse la chiesa della Compagnia a Montilla come luogo per la sua sepoltura.
Bibliografia
María Amparo López Arandia, ¿Caminos Encontrados? Juan de Ávila y la Compañía de Jesús, in María Dolores Rincón González – Raúl Manchón Gómez (ed.), El maestro Juan de Ávila (1500?-1569). Un exponente del humanismo reformista, Madrid, Fundación Universitaria Española-Universidad Pontificia De Salamanca, 2014, 567-591.
Wenceslao Soto Artuñedo, San Juan de Ávila y la Compañía de Jesús. La fundación del colegio de Córdoba, in Vida y obra de San Juan de Ávila, Córdoba, Almuzara, 2021, 117-153.