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Capuani 5 octobre 1604. Bellarmin au card.de
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Ill.mo e Rev.mo Signore mio osservandissimo.<lb/>
 
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Molti mesi sono che io supplicai V.S. Ill.ma di gratificare questa città di un poco di acqua; e pensando che già il negozio fosse finito, di nuovo li signori eletti mi ricercano che di nuovo dia fastidio a V.S. ill.ma, massime che il Ponseggi suo agente sempre cresce nelle domande, volendo ora per se cinquanta scudi, come dice, per dottorarsi. Ill.mo Padrone, la prego a considerare che questa poca acqua non serve niente al monastero di S.to Ange lo, e già V.S. Ill.ma scrisse al suo agente dal mese di novembre passato che era stata assicurata dal vescovo di Caserta, che il conceder quest'acqua non portava danno alcuno a S.to Angelo. Del medesimo lo assicuro io, che ci ho mandato a posta il mio mastro di casa. Di più si degni considerare che la città si contenta fare l'abbeveratoio per gli animali, se bene poco necessario, essendovi il fiume vicino, e che la stessa città ha fatto spese grossissime nei condotti, le quali sono vane, se l'acqua non viene. Il condurre la stessa acqua a spese della città alla chiesa di V.S. Ill.ma pare superfluo, essendo vicino alla chiesa una fontana sufficiente; e forse saria dannoso il moltiplicare tanta acqua in un luogo umido da per se, e la spesa saria di più di 300 scudi. Ma se V.S. Illma vuole, in cambio di questa spesa la città si contenta pagare un censo perpetuo in ricognizione di quest'acqua, di due o tre ducati l'anno: il che saria più utile alla chiesa e manco spesa alla città. Intanto dico che, se io fossi in luogo di V.S. Ill.ma, non avrei scrupolo veruno di gratificare la città, senza ricercar ne abbeveratoio, ne fontana alla chiesa, ne denari per il dottorato di Ponseggi, e solo mi contentarsi di questo censo onorato di tre ducati. E se io, che sono povero uomo, mi contentarsi di questo, quanto più doveria contentarsene un principe magnanimo come il Sig.r Cardinale di S.ta Cecilia. E con questo, sperando favorita risposta, gli faccio umilissima riverenza etc. Di Capua li 15 d'ottobre 1604.
C�cile. 427
 
 
 
/ 111^^ et Rev^^ Signore mio osservandissimo.
 
Molti mesi sono che io supplicai V.S.111^^ di gratificare questa citt�/ di un poco di acqua; et pensando che gi� il negotio fusse finito, di nuovo li signori eletti mi ricercano che di nuo vo dia fastidio V.S.111^^, massime che il Fonseggi suo agente sempre cresce nelle domande, volendo hora per se cinquanta scudi, come dice, per dottorarsi. 111^^ Padrone, la prego considerare che questa poca acqua non serve niente al monasterio di S^^ Ange lo, et gi� V.S.111^^ scrisse al suo agente dal mese di novembre passato che era stata assicurata dal vescovo di Caserta, che il conceder quest'acqua non portava danno alcuno S^� Angelo. Del medesimo lo assicuro io, che ci ho mandato posta il mio mastro di casa. Di piu si degni considerare che la citt� si contenta fa re l'abeveratoio per l'animali, se bene poco necessario, essendo,^f^vi il fiume vicino, et che l'istessa citt� ha fatto spese grossi ssime ne condotti, le quali sono vane, se l'acqua non viene. Il condurre l'istessa acqua spese della citt� alla chiesa di V.S. 111^^ pare superfluo,essendo vic�no alla chiesa una fontana suffi ciente; et forse saria dannoso il multiplicare tanta acqua in un luogo humido da per se, et la spesa saria di pi� di 300 scudi. Ma se V.S.111^^^^ vele, in cambio di questa spesa la citt� si contenta pagare un censo perpetuo in recognitione di quest'acqua, di due tre ducati l'anno: il che saria pi� utile alla chiesa et manco spe sa alla citt�. Intanto dico che, se io fusse in luogo di V.S.111^^, i^^non harei scrupulo veruno di gratificare la citt�,senza ricercar ne abeveratoio,ne fontana alla chiesa,ne denari per il dottorato di Ponseggi, et solo mi contentarsi di questo censo honorato di tre du cati. Et se io,che sono pover huomo, mi contentarsi di questo,quanto piu doveria contentarsene un principia magnanimo come il Sig^ Card�naie di S^a Cecilia. Et con questo,sperando favorita risposta, gli fo humilissima riverenza etc. Di Capua li 15 d'ottobre 1604.
 
F.B. 6. f.97. Minute au^ogr.
 

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Ill.mo e Rev.mo Signore mio osservandissimo.
Molti mesi sono che io supplicai V.S. Ill.ma di gratificare questa città di un poco di acqua; e pensando che già il negozio fosse finito, di nuovo li signori eletti mi ricercano che di nuovo dia fastidio a V.S. ill.ma, massime che il Ponseggi suo agente sempre cresce nelle domande, volendo ora per se cinquanta scudi, come dice, per dottorarsi. Ill.mo Padrone, la prego a considerare che questa poca acqua non serve niente al monastero di S.to Ange lo, e già V.S. Ill.ma scrisse al suo agente dal mese di novembre passato che era stata assicurata dal vescovo di Caserta, che il conceder quest'acqua non portava danno alcuno a S.to Angelo. Del medesimo lo assicuro io, che ci ho mandato a posta il mio mastro di casa. Di più si degni considerare che la città si contenta fare l'abbeveratoio per gli animali, se bene poco necessario, essendovi il fiume vicino, e che la stessa città ha fatto spese grossissime nei condotti, le quali sono vane, se l'acqua non viene. Il condurre la stessa acqua a spese della città alla chiesa di V.S. Ill.ma pare superfluo, essendo vicino alla chiesa una fontana sufficiente; e forse saria dannoso il moltiplicare tanta acqua in un luogo umido da per se, e la spesa saria di più di 300 scudi. Ma se V.S. Illma vuole, in cambio di questa spesa la città si contenta pagare un censo perpetuo in ricognizione di quest'acqua, di due o tre ducati l'anno: il che saria più utile alla chiesa e manco spesa alla città. Intanto dico che, se io fossi in luogo di V.S. Ill.ma, non avrei scrupolo veruno di gratificare la città, senza ricercar ne abbeveratoio, ne fontana alla chiesa, ne denari per il dottorato di Ponseggi, e solo mi contentarsi di questo censo onorato di tre ducati. E se io, che sono povero uomo, mi contentarsi di questo, quanto più doveria contentarsene un principe magnanimo come il Sig.r Cardinale di S.ta Cecilia. E con questo, sperando favorita risposta, gli faccio umilissima riverenza etc. Di Capua li 15 d'ottobre 1604.