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'''La questione delle indulgenze'''<lb/>
 
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Fin dal 1516 Lutero predicò contro le indulgenze, ritenendole un evitamento della pena, ma non del peccato, una fuga dall'umiliazione del pentimento e della penitenza e un vano confidare in un atto esteriore, invece che nella misericordia divina. A inasprire la sua insofferenza per la questione fu la predicazione del domenicano Joan Tetzel, che in quel preciso contesto geografico vendeva le indulgenze grazie a un accordo fra Leone X, il primate di Germania e la banca Fugger. <lb/>
 
Fin dal 1516 Lutero predicò contro le indulgenze, ritenendole un evitamento della pena, ma non del peccato, una fuga dall'umiliazione del pentimento e della penitenza e un vano confidare in un atto esteriore, invece che nella misericordia divina. A inasprire la sua insofferenza per la questione fu la predicazione del domenicano Joan Tetzel, che in quel preciso contesto geografico vendeva le indulgenze grazie a un accordo fra Leone X, il primate di Germania e la banca Fugger. <lb/>
Il 31 ottobre 1517 Lutero inviò all'arcivescovo di Brandeburgo una lettera con allegate 95 tesi in latino, allo scopo di suscitare una discussione universitaria fra dotti su una materia attuale: la prassi delle indulgenze, la dottrina del tesoro dei meriti della chiesa a cui attingere per il condono della pena dei peccati, il potere del papa di liberare le anime del purgatorio. Nelle sue tesi Lutero negava alcuni convincimenti della teologia dominante della chiesa del suo tempo, affermando, anzitutto, che la falsa sicurezza di pagare per essere perdonati da Dio portava i fedeli all'inferno. In più, sosteneva pericolosamente che il papa può rimettere solo le pene che lui stesso ha irrogato: per quanto riguarda le anime, sono nelle mani di Dio e nessuna autorità terrena può intervenire sulla loro sorte. <lb/>
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Il 31 ottobre 1517 Lutero inviò all'arcivescovo di Brandeburgo una lettera con allegate novantacinque tesi in latino, allo scopo di suscitare una discussione universitaria fra dotti su una materia attuale: la prassi delle indulgenze, la dottrina del tesoro dei meriti della chiesa a cui attingere per il condono della pena dei peccati, il potere del papa di liberare le anime del purgatorio. Nelle sue tesi Lutero negava alcuni convincimenti della teologia dominante della chiesa del suo tempo, affermando, anzitutto, che la falsa sicurezza di pagare per essere perdonati da Dio portava i fedeli all'inferno. In più, sosteneva pericolosamente che il papa può rimettere solo le pene che lui stesso ha irrogato: per quanto riguarda le anime, sono nelle mani di Dio e nessuna autorità terrena può intervenire sulla loro sorte. <lb/>
Ebbene, come mai una disputa che poteva essere una semplice bega professorale divenne un movimento che capovolse l'Europa? La deflagrazione della vicenda dipese da varie ragioni, tra cui le seguenti. Anzitutto, le 95 tesi inviate all'arcivescovo di Brandeburgo furono inoltrate a Roma, perché trattavano anche la delicata questione dell'autorità papale. Inoltre, in pochi mesi lo scritto venne tradotto in tedesco e diffuso in tutta la Germania e nell'Europa colta (e non per iniziativa dell'autore).<lb/>
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Ebbene, come mai una disputa che poteva essere una semplice bega professorale divenne un movimento che capovolse l'Europa? La deflagrazione della vicenda dipese da varie ragioni, tra cui le seguenti. Anzitutto, le novantacinque tesi inviate all'arcivescovo di Brandeburgo furono inoltrate a Roma, perché trattavano anche la delicata questione dell'autorità papale. Inoltre, in pochi mesi lo scritto venne tradotto in tedesco e diffuso in tutta la Germania e nell'Europa colta (e non per iniziativa dell'autore).<lb/>
 
'''Le tappe cruciali del conflitto con Roma'''<lb/>
 
'''Le tappe cruciali del conflitto con Roma'''<lb/>
 
Nel 1518 Roma cominciò a esprimersi sulle posizioni di Lutero: prima con un ''Dialogo sulle affermazioni temerarie di Lutero relative al potere del papa'', a cui Lutero rispose; poi con una imputazione. In questo frangente, si chiese al frate agostiniano di presentarsi a Roma entro sessanta giorni. Lutero, tuttavia, protetto dal principe elettore di Sassonia, ottenne di essere esaminato in Germania dal cardinal Caietano: fu il colloquio di Augusta dell'ottobre 1518, nel quale non si giunse a una convergenza. Lutero, quindi, si appellò al papa, il quale però ribadì la disapprovazione; poi il frate fece ricorso al concilio. I suoi scritti risentono, a questo punto, di toni molto più aspri e cominciò a identificare il papa con il possibile Anticristo, regnante in una corrotta curia romana.<lb/>
 
Nel 1518 Roma cominciò a esprimersi sulle posizioni di Lutero: prima con un ''Dialogo sulle affermazioni temerarie di Lutero relative al potere del papa'', a cui Lutero rispose; poi con una imputazione. In questo frangente, si chiese al frate agostiniano di presentarsi a Roma entro sessanta giorni. Lutero, tuttavia, protetto dal principe elettore di Sassonia, ottenne di essere esaminato in Germania dal cardinal Caietano: fu il colloquio di Augusta dell'ottobre 1518, nel quale non si giunse a una convergenza. Lutero, quindi, si appellò al papa, il quale però ribadì la disapprovazione; poi il frate fece ricorso al concilio. I suoi scritti risentono, a questo punto, di toni molto più aspri e cominciò a identificare il papa con il possibile Anticristo, regnante in una corrotta curia romana.<lb/>

Revision as of 00:07, 8 October 2024

Gli inizi nell'ordine agostiniano
Martin Lutero, iniziatore della Riforma protestante, nacque nel 1483 ad Eisleben e vi morì nel 1546.
Nel 1505 si laureò magister artium. Nel medesimo anno, trovandosi in pericolo di vita, promise di abbracciare la vita religiosa. Entrò quindi in un convento agostiniano, emettendo poi i voti nel 1506. Divenne presbitero nel 1507. Compì approfonditi studi teologici, cominciando anche a insegnare nella neonata università di Wittenberg.
La questione delle indulgenze
Fin dal 1516 Lutero predicò contro le indulgenze, ritenendole un evitamento della pena, ma non del peccato, una fuga dall'umiliazione del pentimento e della penitenza e un vano confidare in un atto esteriore, invece che nella misericordia divina. A inasprire la sua insofferenza per la questione fu la predicazione del domenicano Joan Tetzel, che in quel preciso contesto geografico vendeva le indulgenze grazie a un accordo fra Leone X, il primate di Germania e la banca Fugger.
Il 31 ottobre 1517 Lutero inviò all'arcivescovo di Brandeburgo una lettera con allegate novantacinque tesi in latino, allo scopo di suscitare una discussione universitaria fra dotti su una materia attuale: la prassi delle indulgenze, la dottrina del tesoro dei meriti della chiesa a cui attingere per il condono della pena dei peccati, il potere del papa di liberare le anime del purgatorio. Nelle sue tesi Lutero negava alcuni convincimenti della teologia dominante della chiesa del suo tempo, affermando, anzitutto, che la falsa sicurezza di pagare per essere perdonati da Dio portava i fedeli all'inferno. In più, sosteneva pericolosamente che il papa può rimettere solo le pene che lui stesso ha irrogato: per quanto riguarda le anime, sono nelle mani di Dio e nessuna autorità terrena può intervenire sulla loro sorte.
Ebbene, come mai una disputa che poteva essere una semplice bega professorale divenne un movimento che capovolse l'Europa? La deflagrazione della vicenda dipese da varie ragioni, tra cui le seguenti. Anzitutto, le novantacinque tesi inviate all'arcivescovo di Brandeburgo furono inoltrate a Roma, perché trattavano anche la delicata questione dell'autorità papale. Inoltre, in pochi mesi lo scritto venne tradotto in tedesco e diffuso in tutta la Germania e nell'Europa colta (e non per iniziativa dell'autore).
Le tappe cruciali del conflitto con Roma
Nel 1518 Roma cominciò a esprimersi sulle posizioni di Lutero: prima con un Dialogo sulle affermazioni temerarie di Lutero relative al potere del papa, a cui Lutero rispose; poi con una imputazione. In questo frangente, si chiese al frate agostiniano di presentarsi a Roma entro sessanta giorni. Lutero, tuttavia, protetto dal principe elettore di Sassonia, ottenne di essere esaminato in Germania dal cardinal Caietano: fu il colloquio di Augusta dell'ottobre 1518, nel quale non si giunse a una convergenza. Lutero, quindi, si appellò al papa, il quale però ribadì la disapprovazione; poi il frate fece ricorso al concilio. I suoi scritti risentono, a questo punto, di toni molto più aspri e cominciò a identificare il papa con il possibile Anticristo, regnante in una corrotta curia romana.
Nel 1519, nella disputa teologica di Lipsia, l'orizzonte polemico di Lutero si ampliò notevolmente, inglobando l'argomento dell'istituzione divina del papato, del primato pontificio, dell'autorità dei concili.
Nel 1520 Leone X firmò la bolla Exsurge Domine, nella quale si impugnavano quarantuno affermazioni di Lutero, ordinandogli di ritrattare, pena la scomunica. Si condannava in primo luogo la sua visione antropologica, ossia l'idea che il libero arbitrio dell'uomo, dopo il peccato originale, sia del tutto incapace di operare in ordine alla salvezza. Lutero reagì scrivendo al papa e, in seguito, rinnovò anche il suo appello al concilio, ma poi il 10 dicembre 1520 bruciò pubblicamente la bolla e i documenti allegati.
Nel frattempo Lutero aveva elaborato e allargato il suo impianto teologico ed ecclesiologico, pubblicando numerosi discorsi e trattati.
Il 3 gennaio 1521 la bolla Decet Romanum Pontificem comminò la scomunica di Lutero e dei suoi seguaci. Prassi voleva che le istituzioni civili dell'Impero ratificassero ed eseguissero la sentenza, mettendo al bando lo scomunicato. Così non fu: il principe elettore di Sassonia dotò Lutero di un salvacondotto, con il quale raggiungere la Dieta di Worms per presentarsi davanti agli stati dell'Impero. In tale occasione non avvenne nessuna ritrattazione. Il medesimo principe protettore, Federico di Sassonia, nascose Lutero presso il castello della Wartburg, mentre l'imperatore Carlo V lo metteva al bando e ordinava di bruciarne gli scritti. Tale editto di Worms, tuttavia, rimase ampiamente disatteso, poiché in gran numero i tedeschi si stavano entusiasmando per la causa del professore di Wittenberg.
A Spira nel 1529, di fronte all'imperatore Carlo V, i principi luterani attestarono di non ritirare il loro sostegno a Lutero. Questa protesta-testimonianza religiosa è il motivo per cui la riforma fu chiamata "protestante".

Bibliografia
M. LIENHARD, Martin Lutero, in M. VENARD (ed.), Storia del cristianesimo. Religione-Politica-Cultura, VII, Dalla riforma della Chiesa alla riforma protestante (1450-1530), Roma, Borla-Città Nuova, 2000, pp. 626-660.