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6 seot.1619. Bell, la R�p.de Lucq. (2)
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negotio del ben commune delle parti, fosse corrispondente anco il modo col quale lo trattano, della sodisfattione commune. Quanto poi al resto, non voglio entrar'à trattare più delle offese che pretendono dal lor Vescovo, se sono vere ò nò, ò come siano; dico bene che, quanto più si sono allargate meco in questo proposito nella lettera che mi scrivano et hanno mostrato maggior sentimento tanto più mi sono sentito io muovere dallo spirito mio à dirle che li devono perdonare. Et presupposto anco quel che loro pretendono che la Republica sia stata in qualche modo offesa dal suo padre e pastore, tuttavia non mi si potrà negare da nessuno, che non sia la Republica obligata à perdonare di vero cuore et riconciliarsi col suo Vescovo, massimi dopò tanto tempo et di tanta sua assenza et travagli che hà patiti; et serrando gli occhi finalmente à gl'affetti particolari che occorrono ordinariamente fra quelli che sono della medesima patria, haver quel riguardo,
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che è tanto debito, all'offitio et carico che hà da Dio per mano del suo Vicario in terra, di Padre, come hò detto, et di Pastore; et così veleranno chiaramente quanto se li conviene di fare per honore di Dio, et che quell'offese, essendo di padre, trattando massime co'l Padre universale che è il Papa, non possono essere in pregiuditio de propri figli, ne della propria madre, che è pure cotesta la sua patria. Et postposta ancora questa consideratione, che pur'è necessaria et degna della molta pietà loro, vediamo che il Signore Nostro nell'evangelio santo comanda in molti luoghi che chi è offeso perdoni con ogni sincerità di cuore all'offendente; ma particolarmente in S.to Mattheo al cap. l8 dice: Sic et pater meus faciet vobis, si non remiseritis unusquisque fratri suo de cordibus vestris; dove Santo Girolamo nel Commentario considera che quella parola "de cordibus vestris" omnem simulationem ficta e pacis evertit, si che bisogna perdonare di vero cuore, altrimente Iddio non resta appagato et non perdona à noi.<lb/>
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negotio del ben commune delle parti, fosse corrispondente anco il modo col quale lo trattano, della sodisfattione commune. Quanto poi al resto, non voglio entrar'à trattare più delle offese che pretendono dal lor Vescovo, se sono vere ò nò, ò come siano; dico bene che, quanto più si sono allargate meco in questo proposito nella lettera che mi scrivano et hanno mostrato maggior sentimento tanto più mi sono sentito io muovere dallo spirito mio à dirle che li devono perdonare. Et presupposto anco quel che loro pretendono che la Republica sia stata in qualche modo offesa dal suo padre e pastore, tuttavia non mi si potrà negare da nessuno, che non sia la Republica obligata à perdonare di vero cuore et riconciliarsi col suo Vescovo, massimi dopò tanto tempo et di tanta sua assenza et travagli che hà patiti; et serrando gli occhi finalmente à gl'affetti particolari che occorrono ordinariamente fra quelli che sono della medesima patria, haver quel riguardo, che è tanto debito, all'offitio et carico che hà da Dio per mano del suo Vicario in terra, di Padre, come hò detto, et di Pastore; et così veleranno chiaramente quanto se li conviene di fare per honore di Dio, et che quell'offese, essendo di padre, trattando massime co'l Padre universale che è il Papa, non possono essere in pregiuditio de propri figli, ne della propria madre, che è pure cotesta la sua patria. Et postposta ancora questa consideratione, che pur'è necessaria et degna della molta pietà loro, vediamo che il Signore Nostro nell'evangelio santo comanda in molti luoghi che chi è offeso perdoni con ogni sincerità di cuore all'offendente; ma particolarmente in S.to Mattheo al cap. l8 dice: Sic et pater meus faciet vobis, si non remiseritis unusquisque fratri suo de cordibus vestris; dove Santo Girolamo nel Commentario considera che quella parola "de cordibus vestris" omnem simulationem ficta e pacis evertit, si che bisogna perdonare di vero cuore, altrimente Iddio non resta appagato et non perdona à noi.
Hora io domando: se bisogna di cuore perdonare al fratello,
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