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<ref>I passi che seguono sono estratti da: Dell'Istoria di Milano del Cavaliere Carlo de' Rosmini, Tomi quattro, Tipografia Manini e Rivolta, Milano, 1820, in "Biblioteca Italiana o sia Giornale di Letteratura, Scienze ed Arti compilato da Varj Letterati", VIII/29, Gennaio-Marzo, 1823</ref>.
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<ref>Osservazioni antiche ed erudite: I passi che seguono sono estratti da: Dell'Istoria di Milano del Cavaliere Carlo de' Rosmini, Tomi quattro, Tipografia Manini e Rivolta, Milano, 1820, in "Biblioteca Italiana o sia Giornale di Letteratura, Scienze ed Arti compilato da Varj Letterati", VIII/29, Gennaio-Marzo, 1823, pp. 3-37. Si tratta di una recensione piuttosto severa dell'opera in questione. A Carlo Rosmini è riconosciuta una certa adeguatezza dello stile, soprattutto nei casi in cui impiega Francesco Guicciardini come modello, tuttavia gli è imputato un pessimo ingegno a causa del suo rigido giudizio nei confronti del Verri. </ref>
  
 
Il [[Name::Alessandro Verri|Verri]] fu dottissimo in molte parti dell'umano sapere, fu sommo nella politica, nell'economia pubblica e nella filosofia, e con questi presidi scrisse la storia. Ebbe sempre davanti che scrivea la storia d'una città, e nulla ommise di quanto potea farne conoscere gli avvenimenti, i costumi, le usanze. Non vogliamo dire che il Verri sia immune da errori, chè anzi alcune sue opinioni tanto in fatto di storia che di politica ne pajono da ricusarsi, ma il suo errore è sempre quello di un nobile ingegno che tutto impiega la vita nella castità del luogo nativo: di che fare si adoperò con si bella costanza, che quando la morte lo colse improvvisa, lo trovò fra  i pubblci affari, dopo mezza notte, e certo gli troncò una ultima idea che volgeva in mente per la carissima patria.
 
Il [[Name::Alessandro Verri|Verri]] fu dottissimo in molte parti dell'umano sapere, fu sommo nella politica, nell'economia pubblica e nella filosofia, e con questi presidi scrisse la storia. Ebbe sempre davanti che scrivea la storia d'una città, e nulla ommise di quanto potea farne conoscere gli avvenimenti, i costumi, le usanze. Non vogliamo dire che il Verri sia immune da errori, chè anzi alcune sue opinioni tanto in fatto di storia che di politica ne pajono da ricusarsi, ma il suo errore è sempre quello di un nobile ingegno che tutto impiega la vita nella castità del luogo nativo: di che fare si adoperò con si bella costanza, che quando la morte lo colse improvvisa, lo trovò fra  i pubblci affari, dopo mezza notte, e certo gli troncò una ultima idea che volgeva in mente per la carissima patria.

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Il Verri fu dottissimo in molte parti dell'umano sapere, fu sommo nella politica, nell'economia pubblica e nella filosofia, e con questi presidi scrisse la storia. Ebbe sempre davanti che scrivea la storia d'una città, e nulla ommise di quanto potea farne conoscere gli avvenimenti, i costumi, le usanze. Non vogliamo dire che il Verri sia immune da errori, chè anzi alcune sue opinioni tanto in fatto di storia che di politica ne pajono da ricusarsi, ma il suo errore è sempre quello di un nobile ingegno che tutto impiega la vita nella castità del luogo nativo: di che fare si adoperò con si bella costanza, che quando la morte lo colse improvvisa, lo trovò fra i pubblci affari, dopo mezza notte, e certo gli troncò una ultima idea che volgeva in mente per la carissima patria.

Noi non andiamo più oltre, ma questi pochi saranno forse bastanti a mostrare al Rosmini, che malamente può dirsi non pericolosa la baldanza di mordere i trapassati: perché quando è morto un uomo come il Verri il suo sepolcro è affidato alla custodia di tutti i buoni. Guai a chi vuol profanarlo!

La taccia di adulatore è gravissima, perché e' comprende ogni specie di viltà, e sino al tradimento: quindi che vuol darla ad alcuno, dee recarne argomenti che debbano essere accolti da tutti: altrimenti gli viene retribuita al nome pessimo di calunniatore.

Verri pensando continuamente alle cose non s'imbarazzo gran tutto delle parole: in che seguitò forse il partito di certa scuola, che di que' tempi regnava in Milano, e forte sdegnata a' parolaj si buttò nell'eccesso contrario. Caldo e robusto è qualche volta lo stile del Verri, perché le cose gli danno fiamma e forza al discorso, ma certamente non se gli può conceder lode d'un merito ch'ei non cercò.

Lo stile del Rosmini è da lodarsi per quelle parti che dallo studio dipendono: si conosce tosto in lui uno scrittore che s'occupò con diligenza dello studio de' nostri classici, e come in modello mira principalmente nel Guicciardini: da cui però vorremmo che altra cosa avesse preso oltre l'andamento dell'orazione. Perché se questo modo di scrivere, che tiene il Rosmini, fosse ancora cento volte più facile e candido, se anche vi fosse congiunta quella schietta eleganza, do cui ne sembra mancare, non per questo noi diremmo, che fosse di buono stile in quella larga significazione, in cui è da porsi prendersi queste parole. Che bellezza è mai quella di un corpo senz'anima? Le antiche leggende de' Rabbini racconto che gli Angeli, avento veduto crear l'uomo da Dio, studiarono tanto che dalla medesima argilla ne trassero una somiglianza bellissima: ma la fatica fu inutile, la statua restò fredda e immobile, perché mancava l'alito della bocca divina.

E quest'aura vitale, non ne pare aparsa abbastanza nella prosa degl'Italiani: che a parlare degli stessi antichi pur troppo è vero che per dieci buoni poeti non abbiamo un buon prosatore. L'Italia potea forse negli ultimi tempi consolarsi di questa sua povertà. quando noi vedevamo fiorire congiunti felicemente tre ingegni elettissimi, che per diverso sentiere condussero alla medesima perfezione della prosa. Ma uomo vivo non potrà vederli insieme mai più che di un altro non ne resta che la memoria carissima e il desiderio: giovane lagrimato da ogni gentile persona, le cui sante ossa dovrebbero riposare in Ravenna presso quelle del divino Alighieri. Ed oh chi sa quanto potremo ancora rallegrarci degli altri due! Che il primo senza consolazione piangendo chiama inutilmente il perduto figliolo dell'amor suo, nè perdona agli occhi infermi, nè risparmia ella la misera vita che accusa troppo lunga: veramente infelice, che la pubblica calamità d'Italia gli fu domestico lutto, e nel grande Perticari gli morì l'ottimo Giulio, che già dovea chiuder gli occhi nell'ultima pace, e custodir la sua fama immortale. Nè il secondo ci conforta più lunghe speranza, che mal ferma sanità gli amareggia di continui fasti la vita e non gli permette di affrettarsi come vorrebbe alla gloria: se non che tanta oramai ne acquistò, che non deve ai più lodati invidiare.

Ma non belle parolette, o ben accomodati perio=

  1. Osservazioni antiche ed erudite: I passi che seguono sono estratti da: Dell'Istoria di Milano del Cavaliere Carlo de' Rosmini, Tomi quattro, Tipografia Manini e Rivolta, Milano, 1820, in "Biblioteca Italiana o sia Giornale di Letteratura, Scienze ed Arti compilato da Varj Letterati", VIII/29, Gennaio-Marzo, 1823, pp. 3-37. Si tratta di una recensione piuttosto severa dell'opera in questione. A Carlo Rosmini è riconosciuta una certa adeguatezza dello stile, soprattutto nei casi in cui impiega Francesco Guicciardini come modello, tuttavia gli è imputato un pessimo ingegno a causa del suo rigido giudizio nei confronti del Verri.