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Rome,9 aprii 1607.
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Avendo V.S. Ill.ma l'approvazione del [[Name::Paolo V|Papa]], sarei di parere, che non mutasse niente. E così gli dirà senza dubbio il [[Name::Giovanni Tommaso Perrone|Cardinal Perrone]]. Quando Nostro Signore me ne parlò in Concistoro, mi disse che aveva inteso, che V.S. Ill.ma metteva in dubbio la donazione di [[Name::Costantino]]. Io gli dissi, che la donazione non aveva fondamento, ma che nondimeno V.S. Ill.ma con refutare il diploma di [[Name::Ottone III|Ottone]]<ref>«L'imperatore Ottone III, in un diploma del 1001, ripudiò il ''Costituto'', perché non riscontrava nella pergamena, presentatagli come originale, i caratteri esteriori che garantissero l'autenticità dell'atto, e poteva anzi indicare il contraffattore nella persona del diacono Giovanni dalle dita mozze... » (F. Chabod, ''Lezioni di metodo storico'', 1978, p. 76)
Bellarmin au Cardinal Baronius.
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</ref>, veniva piuttosto a difendere che a riprovare la donazione; ma che nel fine di quella narrazione V.S. Ill.ma riprendeva quelli, che fanno tanto conto di quell'editto di Costantino, come se la chiesa dovesse perire, se quella donazione non ci fosse. Allora Sua Santità disse, che tutti li canonisti la tengono per cosa certa, e che per questo desiderava che non si mettesse in dubbio. Venne poi da me Don [[Name::Costantino Gaetani|Costantino Benedettino]], e mi portò un suo libretto, fatto in favore della donazione, et io letto che l'ebbi, gli dissi, che non provava niente. Il Sig.or [[Name::Luis Torres|Card. di Monreale]] notava quelle parole: Habemus firmiorem propheticum sermonem, e diceva, che questo non era a proposito per lo stato temporale, quale il Papa non difende averlo de iure divino, e però avrebbe voluto levare quelle parole. Io gli dissi che quelle parole erano dette per provare l'autorità spirituale, la quale il Papa non ha da Costantino, come accenna quell'editto, ma dalle parole del vangelo. Io prima era di parere che si levassero quelle quattro linee ultime: Haec dixisse et aperuisse voluimus etc. per compiacere al Papa e ai canonisti. Ma già che Sua Santità l'ha letto, perchè il Card. Monreale le lasciò al Papa notate con una linea, e non gli dispiacciono, non ci farei altro, perchè io non avevo altro motivo per mutare a levare qualche cosa, se non per non contristare il Papa. Questo è il mio parere, sottoponendolo al suo cosi in questo, come in ogni altra cosa. Con questo gli bacio le mani, e raccomando alle sue sante orazioni.Di casa li 9 di aprile 1607.<lb/>
 
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Di V.S. Ill.ma e R.ma / umilissimo servitore / Rob. Card. B.
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/ 111^^ et Rev^� Sgr. mio oss^^. Havendo V.S.111^^ l'approbatione del Papa, sarei di parere,
 
che non mutasse niente. Et cosi gli dir� senza dubio il Cardinal
 
 
 
Perrone. Quando Nostro Signore me ne parl� in Concistoro, mi disse
 
 
 
che haveva inteso, che V.S.111^^^ metteva in dubio la donatione di
 
 
 
Costantino. Io gli dissi, che la donatione non haveva fondamento,
 
 
 
ma che nondimeno V.S.111^^ con reputare il diploma di Othone, ve-
 
 
 
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fanno tanto conto di quell'editto di Costantino, come se la chie
 
 
 
sa dovesse perire, se quella donatione non ci fusse. Allora Sua
 
 
 
Santit� disse, che tutti li canonisti la tengono per cosa certa,
 
 
 
et che per questo desiderava che non si mettesse in dubio. Venne
 
 
 
poi da me Don Costantino Benedettino, et mi port� un suo libretto,
 
 
 
fatto in favore della donatione, et io letto che l'hebbi, gli dis-
 
 
 
si, che non provava niente. Il Sig Card, di Monreale notava
 
 
 
quelle parole: Habemus firmiorem propheticum sermonem, et diceva,
 
 
 
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per provare l'autorit� spirituale, la quale il Papa non ha da Co
 
 
 
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dispiacciono, non ci farei altro, perche io non havevo altro moti
 
 
 
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Papa. Questo il mio parere, sottoponendolo al suo cosi in questo,
 
 
 
come in ogn'altra cosa. Con questo gli bacio le mani,et raccomman-
 
 
 
do alle sue sante orationi.Di casa li 9 di aprile 1607.
 
 
 
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Valliceli.
 
 
 
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Ill.mo e Rev.mo Sgr. mio oss.mo.
Avendo V.S. Ill.ma l'approvazione del Papa, sarei di parere, che non mutasse niente. E così gli dirà senza dubbio il Cardinal Perrone. Quando Nostro Signore me ne parlò in Concistoro, mi disse che aveva inteso, che V.S. Ill.ma metteva in dubbio la donazione di Costantino. Io gli dissi, che la donazione non aveva fondamento, ma che nondimeno V.S. Ill.ma con refutare il diploma di Ottone[1], veniva piuttosto a difendere che a riprovare la donazione; ma che nel fine di quella narrazione V.S. Ill.ma riprendeva quelli, che fanno tanto conto di quell'editto di Costantino, come se la chiesa dovesse perire, se quella donazione non ci fosse. Allora Sua Santità disse, che tutti li canonisti la tengono per cosa certa, e che per questo desiderava che non si mettesse in dubbio. Venne poi da me Don Costantino Benedettino, e mi portò un suo libretto, fatto in favore della donazione, et io letto che l'ebbi, gli dissi, che non provava niente. Il Sig.or Card. di Monreale notava quelle parole: Habemus firmiorem propheticum sermonem, e diceva, che questo non era a proposito per lo stato temporale, quale il Papa non difende averlo de iure divino, e però avrebbe voluto levare quelle parole. Io gli dissi che quelle parole erano dette per provare l'autorità spirituale, la quale il Papa non ha da Costantino, come accenna quell'editto, ma dalle parole del vangelo. Io prima era di parere che si levassero quelle quattro linee ultime: Haec dixisse et aperuisse voluimus etc. per compiacere al Papa e ai canonisti. Ma già che Sua Santità l'ha letto, perchè il Card. Monreale le lasciò al Papa notate con una linea, e non gli dispiacciono, non ci farei altro, perchè io non avevo altro motivo per mutare a levare qualche cosa, se non per non contristare il Papa. Questo è il mio parere, sottoponendolo al suo cosi in questo, come in ogni altra cosa. Con questo gli bacio le mani, e raccomando alle sue sante orazioni.Di casa li 9 di aprile 1607.

Di V.S. Ill.ma e R.ma / umilissimo servitore / Rob. Card. B.

  1. «L'imperatore Ottone III, in un diploma del 1001, ripudiò il Costituto, perché non riscontrava nella pergamena, presentatagli come originale, i caratteri esteriori che garantissero l'autenticità dell'atto, e poteva anzi indicare il contraffattore nella persona del diacono Giovanni dalle dita mozze... » (F. Chabod, Lezioni di metodo storico, 1978, p. 76)