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Ill.mo Signore e Padrone perpetuo.
Lecce,10 maggio 1611. L'archeveque de Oorinthe � Bellarmin. 1056
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Ho scritto a V.S. Ill.ma più lettere, con el quali supplicandola mi favorisse al solito, le faceva intendere come per ordine di mon signor nuntio di Napoli de fatto sono stato carcerato nelle carceri vescovali di Lecce, dove anco al presente mi trovo, sono già da quaranta giorni, sotto pretesto che certi greci l'habbiano portate et consignate lettere, quali dicono che io non sono arcivesdovo di Corintho: et che di questo detto nuntio, come scriveva al Sig.r vicario di Lecce, n'havea dato aviso in Roma. Veda V.S.I. in che me ritrovo per malignità di greci, quali, per haver dato ubedienza io al la santa madre chiesa Romana et a N.S.Paolo papa V mi vanno machinando et ordendo malignità et tradimenti; tutta volta perche io sono sicuro in mia conscienza, non dubito punto; che però ho scritto al nuntio che s'assicuri delle persone di costoro, ch'io desidero giustificare questa mia causa et mi dia licentia che torni in Napoli, che se da primo m'avesse scritto che m'avesse conferito in Napoli, volendo mi averei andato, perchè io non sono fuggitivo et volentieri vado alli superiori; et se non n'hanno conosciuto ancora, desidero farmi conoscere. Mi dispiace si bene del modo del procedere, del smaccho et poca reputatione mia et sopra tutto della confusione nella quale mi trovo, povero, forastiero,bisognoso, che se non fusse stata la carità de'padri Gesuiti del collegio di questa città di L Lecce, certo haverei patito, non solamente dell'altra commodità, ma etiam della fame.<lb/>
/ 111^^ Signore e Padrone perpetuo.
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Monsignor Nuntio scrive con questo ordinario passato che mi tartenghi, che aspetta la resolutione et risposta da Roma. Io non ho altra speranza ch'a V.S.I. le mandai li giorni passati la bolla del la mia consecratione del patriarcha, tradotta da greco in latino dal padre Guerrieri: al presente le mando una informatione presa dalla corte vescovale di Lecce, de certi greci che alle 8 del presente mese di magio sono arrivati in questa città, li quali conoscendone me,
Ho scritto V.S.111^^ pi� lettere,con el quali supplicandola mi favorisse al solito, le faceva intendere come per ordine di mon signor nuntio di Napoli de fatto s ono stato carcerato nelle carcej^^ri vescovali di Lecce, dove anco al presente mi trovo, sono gi� da quaranta giorni, sotto pretesto che certi greci l'habbiano portate et consignate lettere, quali dicono che io non sono arcivesdovo di Corintho: et che di q uesto detto nuntio,come scriveva al Sig^ vica rio di Lecce, n'havea dato aviso in Roma. Veda V.S.I. in che me ritrovo per malignit� di greci, quali,per haver dato ubedienza io al la santa madre chiesa Romana et N.S.Paolo papa V mi vanno machinahdo et ordendo malignit� et tradimenti; tutta volta perche io sono sicuro in mia conscienza, non dubito punto; ohe per� ho scritto al nuntio che s'assicuri delle persone di costoro, ch'io desidero giustificare questa mia causa et mi dia licentia che torni in Napoli, che se da primo m'avesse scritto che m'avesse conferito in Napoli, volendo mi averei andato, perche io non sono fuggitivo et volentie ri vado alli superiori; et se non n'hahno conosciuto ancora, desi dero farmi conoscere. Mi dispiace si bene del modo del procedere, del smaccho et poca reputatione mia et sopra tutto della confusione nella quale mi trovo, povero,forastiero,bisognoso, che se non fusse stata la carit� de'padri Gesuiti del collegio di questa citt� di L Lecce, certo haverei patito,non solamente dell'altra commodit�, ma etiam della fame.
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Monsignor Nuntio scrive con questo ordinario passato che mi tartenghi, che aspetta la resolutione et risposta da Roma. Io non h� altra speranza ch'V.S.I. le mandai li giorni passati la bolla del la mia consecratione del patriarcha, tradotta da greco in latino dal padre Guerrieri: al presente le mando una informatione presa dalla corte vesoovale di Lecce, de certi greci che alle 8 del presente me se di magio sono arrivati in questa citt�, li quali conoscendone me.
 

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Ill.mo Signore e Padrone perpetuo. Ho scritto a V.S. Ill.ma più lettere, con el quali supplicandola mi favorisse al solito, le faceva intendere come per ordine di mon signor nuntio di Napoli de fatto sono stato carcerato nelle carceri vescovali di Lecce, dove anco al presente mi trovo, sono già da quaranta giorni, sotto pretesto che certi greci l'habbiano portate et consignate lettere, quali dicono che io non sono arcivesdovo di Corintho: et che di questo detto nuntio, come scriveva al Sig.r vicario di Lecce, n'havea dato aviso in Roma. Veda V.S.I. in che me ritrovo per malignità di greci, quali, per haver dato ubedienza io al la santa madre chiesa Romana et a N.S.Paolo papa V mi vanno machinando et ordendo malignità et tradimenti; tutta volta perche io sono sicuro in mia conscienza, non dubito punto; che però ho scritto al nuntio che s'assicuri delle persone di costoro, ch'io desidero giustificare questa mia causa et mi dia licentia che torni in Napoli, che se da primo m'avesse scritto che m'avesse conferito in Napoli, volendo mi averei andato, perchè io non sono fuggitivo et volentieri vado alli superiori; et se non n'hanno conosciuto ancora, desidero farmi conoscere. Mi dispiace si bene del modo del procedere, del smaccho et poca reputatione mia et sopra tutto della confusione nella quale mi trovo, povero, forastiero,bisognoso, che se non fusse stata la carità de'padri Gesuiti del collegio di questa città di L Lecce, certo haverei patito, non solamente dell'altra commodità, ma etiam della fame.
Monsignor Nuntio scrive con questo ordinario passato che mi tartenghi, che aspetta la resolutione et risposta da Roma. Io non ho altra speranza ch'a V.S.I. le mandai li giorni passati la bolla del la mia consecratione del patriarcha, tradotta da greco in latino dal padre Guerrieri: al presente le mando una informatione presa dalla corte vescovale di Lecce, de certi greci che alle 8 del presente mese di magio sono arrivati in questa città, li quali conoscendone me,
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