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== Vita e opere ==
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== Vita ==
  
Juan de Ávila nacque nel 1499 o nel 1500 ad Almodóvar del Campo, in Spagna. Egli si firmò sempre Joannes, quindi il nome di battesimo poteva essere piuttosto questo. “De Ávila” non indica la città di origine, bensì il cognome paterno. Sua madre apparteneva a una famiglia della piccola nobiltà spagnola (''hidalgos''); suo padre era, più o meno remotamente, di origine giudea. La famiglia di Juan era la più ricca e rispettata della città. Infatti, dal 1513 egli poté studiare diritto per quattro anni a Salamanca. Percepita una chiamata del Signore, tornò nella casa natale e visse tre anni in raccoglimento e preghiera, lontano dalla vita pubblica. Nel 1520 si trasferì, per lo studio delle arti e della teologia, ad Alcalá de Henares, centro nevralgico di idee erasmiane. Qui nacque la sua amicizia con il compagno don Pedro Guerrero, futuro arcivescovo di Granada e destinatario di varie lettere ed opere.<lb/>
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Juan de Ávila nacque nel 1499 o nel 1500 ad '''Almodóvar del Campo''', in Spagna. Egli si firmò sempre Joannes, quindi il nome di battesimo poteva essere piuttosto questo. “De Ávila” non indica la città di origine, bensì il cognome paterno. Sua madre apparteneva a una famiglia della piccola nobiltà spagnola (''hidalgos''); suo padre era, più o meno remotamente, di origine giudea. La famiglia di Juan era la più ricca e rispettata della città. Infatti, dal 1513 egli poté studiare diritto per quattro anni a '''Salamanca'''. Percepita una chiamata del Signore, tornò nella casa natale e visse tre anni in raccoglimento e preghiera, lontano dalla vita pubblica. Nel 1520 si trasferì, per lo studio delle arti e della teologia, ad '''Alcalá de Henares''', centro nevralgico di idee erasmiane. Qui nacque la sua amicizia con il compagno don Pedro Guerrero, futuro arcivescovo di Granada e destinatario di varie lettere ed opere.<lb/>
Juan de Ávila fu ordinato presbitero nel 1526 e, animato da zelo evangelico, vendette i suoi beni con l’intenzione di partire per le Americhe. Raggiunse Siviglia per unirsi a un gruppo di missionari che doveva salpare per il Messico. Tuttavia, fu ritenuto “non idoneo”, probabilmente a causa delle sue origini da una famiglia di ''conversos''. Il rifiuto lo costrinse a rimanere in Spagna, dove, convinto dall'arcivescovo di Siviglia, iniziò una intensa attività di predicazione in Andalusia. In questo periodo di missioni popolari, studio, preghiera, visse principalmente a Écija. Nel 1531 fu denunciato presso l'Inquisizione di Siviglia per alcune sue affermazioni. Nel 1532 fu rinchiuso in carcere, finché venne assolto nel 1533. Alla fine del 1534 o al principio del 1535, si trasferì e incardinò a Cordova, invitato dal vescovo: per vari anni fu la base da cui partiva e a cui tornava per il suo apostolato. Alla fine del 1536 si spostò a Granada, ove avvenne la conversione di Juan de Dios, grazie a un suo sermone. Gli atti capitolari di Granada del 1538 sono il primo documento in cui Juan de Ávila viene chiamato "Maestro". Fondò anche centri di studio, collegi, seminari, università con l’obiettivo di formare un clero più colto e spiritualmente preparato.
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Juan de Ávila fu ordinato presbitero nel 1526 e, animato da zelo evangelico, vendette i suoi beni con l’intenzione di partire per le Americhe. Raggiunse '''Sevilla''' per unirsi a un gruppo di missionari che doveva salpare per il Messico. Probabilmente fu ritenuto “non idoneo” a causa delle sue origini da una famiglia di ''conversos''. Convinto dall'arcivescovo di Sevilla, iniziò una intensa attività di predicazione in Andalusia. In questo periodo di missioni popolari, studio, preghiera, visse principalmente a '''Écija'''. Nel 1531 fu denunciato presso l'Inquisizione di Sevilla per alcune sue affermazioni. Nel 1532 fu rinchiuso in carcere, finché venne assolto nel 1533. Alla fine del 1534 o al principio del 1535, si trasferì e incardinò a '''Córdoba''', invitato dal vescovo: per vari anni fu la base da cui partiva e a cui tornava per il suo apostolato. Alla fine del 1536 si spostò a '''Granada''', ove avvenne la conversione di Juan de Dios, grazie a un suo sermone, e quella di Francisco de Borja in concomitanza con l'omelia dei funerali della moglie di Calo V. Gli atti capitolari di Granada del 1538 sono il primo documento in cui Juan de Ávila viene chiamato "Maestro". Fondò anche centri di studio, collegi, seminari, università con l’obiettivo di formare un clero più colto e spiritualmente preparato.
All'inizio degli anni Quaranta, si trasferì a Baeza (Jaén) per redigere le costituzioni del Collegio della Santísima Trinidad, fondato nel 1538 da Rodrigo López. Nel 1563 partecipò al Sinodo di Córdoba e predicò ai sacerdoti locali. Nel settembre 1568 approvò il ''Libro de la vida'' di Teresa d’Ávila, che gli era stato inviato per una valutazione dottrinale. Rifiutò sempre cariche ecclesiastiche e visse in povertà fino alla sua morte, avvenuta il 10 maggio 1569 a Montilla.<lb/>
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All'inizio degli anni Quaranta, si trasferì a Baeza (Jaén) per redigere le costituzioni del Collegio della Santísima Trinidad, fondato nel 1538 da Rodrigo López. Dal 1550 al 1554 si fermò di nuovo a Cordoba. Dal 1555 si stabilì a '''Montilla''', dove già si ritirava dal 1548 in una casa oratorio, dalla quale scrisse lettere e opere importanti. Nel settembre 1568 approvò il ''Libro de la vida'' di Teresa d’Ávila, che gli era stato inviato per una valutazione dottrinale. Rifiutò sempre cariche ecclesiastiche e visse in povertà fino alla sua morte, avvenuta il 10 maggio 1569 a Montilla.<lb/>
 
== Opere ==
 
== Opere ==
L'attività letteraria dell'Apostolo dell'Andalusia cominciò proprio in carcere con la scrittura dell'''Audi, filia'', rivista in seguito varie volte e pubblicata nel 1556. Egli fu un riferimento spirituale per grandi santi come Teresa d’Ávila, Juan de Dios, [[Name::Borgia, Francesco|Francisco de Borja]] e Ignazio di Loyola. <lb/>
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L'attività letteraria dell'Apostolo dell'Andalusia cominciò proprio in carcere con la scrittura dell'''Audi, filia'', rivista in seguito varie volte. La sua produzione conta trattati, sermoni, discorsi missionari, catechismi e avvisi, commentari biblici, scritti di riforma e oltre 250 lettere. <lb/>
  
 
== Culto ==
 
== Culto ==

Latest revision as of 00:51, 13 September 2025

Vita[edit]

Juan de Ávila nacque nel 1499 o nel 1500 ad Almodóvar del Campo, in Spagna. Egli si firmò sempre Joannes, quindi il nome di battesimo poteva essere piuttosto questo. “De Ávila” non indica la città di origine, bensì il cognome paterno. Sua madre apparteneva a una famiglia della piccola nobiltà spagnola (hidalgos); suo padre era, più o meno remotamente, di origine giudea. La famiglia di Juan era la più ricca e rispettata della città. Infatti, dal 1513 egli poté studiare diritto per quattro anni a Salamanca. Percepita una chiamata del Signore, tornò nella casa natale e visse tre anni in raccoglimento e preghiera, lontano dalla vita pubblica. Nel 1520 si trasferì, per lo studio delle arti e della teologia, ad Alcalá de Henares, centro nevralgico di idee erasmiane. Qui nacque la sua amicizia con il compagno don Pedro Guerrero, futuro arcivescovo di Granada e destinatario di varie lettere ed opere.
Juan de Ávila fu ordinato presbitero nel 1526 e, animato da zelo evangelico, vendette i suoi beni con l’intenzione di partire per le Americhe. Raggiunse Sevilla per unirsi a un gruppo di missionari che doveva salpare per il Messico. Probabilmente fu ritenuto “non idoneo” a causa delle sue origini da una famiglia di conversos. Convinto dall'arcivescovo di Sevilla, iniziò una intensa attività di predicazione in Andalusia. In questo periodo di missioni popolari, studio, preghiera, visse principalmente a Écija. Nel 1531 fu denunciato presso l'Inquisizione di Sevilla per alcune sue affermazioni. Nel 1532 fu rinchiuso in carcere, finché venne assolto nel 1533. Alla fine del 1534 o al principio del 1535, si trasferì e incardinò a Córdoba, invitato dal vescovo: per vari anni fu la base da cui partiva e a cui tornava per il suo apostolato. Alla fine del 1536 si spostò a Granada, ove avvenne la conversione di Juan de Dios, grazie a un suo sermone, e quella di Francisco de Borja in concomitanza con l'omelia dei funerali della moglie di Calo V. Gli atti capitolari di Granada del 1538 sono il primo documento in cui Juan de Ávila viene chiamato "Maestro". Fondò anche centri di studio, collegi, seminari, università con l’obiettivo di formare un clero più colto e spiritualmente preparato. All'inizio degli anni Quaranta, si trasferì a Baeza (Jaén) per redigere le costituzioni del Collegio della Santísima Trinidad, fondato nel 1538 da Rodrigo López. Dal 1550 al 1554 si fermò di nuovo a Cordoba. Dal 1555 si stabilì a Montilla, dove già si ritirava dal 1548 in una casa oratorio, dalla quale scrisse lettere e opere importanti. Nel settembre 1568 approvò il Libro de la vida di Teresa d’Ávila, che gli era stato inviato per una valutazione dottrinale. Rifiutò sempre cariche ecclesiastiche e visse in povertà fino alla sua morte, avvenuta il 10 maggio 1569 a Montilla.

Opere[edit]

L'attività letteraria dell'Apostolo dell'Andalusia cominciò proprio in carcere con la scrittura dell'Audi, filia, rivista in seguito varie volte. La sua produzione conta trattati, sermoni, discorsi missionari, catechismi e avvisi, commentari biblici, scritti di riforma e oltre 250 lettere.

Culto[edit]

Fu beatificato nel 1894 da Leone XIII, canonizzato nel 1970 da Paolo VI e proclamato Dottore della Chiesa da Benedetto XVI nel 2012. Nel 1946 Pio XII lo aveva dichiarato patrono del clero diocesano spagnolo.

La scelta di non diventare gesuita[edit]

Nonostante le aspettative e gli stretti rapporti con la Compagnia di Gesù, il Maestro Ávila non ne divenne mai un membro. Ci sono diverse ipotesi sul motivo per cui non si unì all'ordine:

  • la sua salute precaria a partire dai primi anni '50 del Cinquecento;
  • la potenziale difficoltà per i conversos di entrare nella Compagnia (nel suo caso era un ebreo convertito al cattolicesimo);
  • dal 1555 al 1560 la caduta di prestigio di Francisco de Borja, grande estimatore di Juan de Ávila e, fino a quel momento, Commissario della Compagnia nella Spagna e nelle Indie occidentali: venne sospettato di eresia dall’Inquisizione, fu calunniato, cadde in disgrazia presso Filippo II, e soffrì per i comportamenti indegni di alcuni familiari;
  • la nomina di Bartolomé Bustamante a provinciale dell'Andalusia nel 1555.

Le ultime due motivazioni risultano più convincenti. Nel 1554 si riteneva imminente il suo ingresso nella Compagnia. Infatti, il 12 maggio 1554, in occasione della conclusione del processo di fondazione del Collegio di Córdoba, si radunarono vari membri dell'ordine: in quel contesto è attestato che il provinciale Miguel de Torres aveva la speranza che il maestro Ávila entrasse presto tra i Gesuiti e, inoltre, il padre Jerónimo Nadal, commissario di Ignacio per promulgare le Costituzioni nella Penisola Iberica e massima autorità gesuitica presente all'evento, aveva autorizzato la sua ammissione, prima di ripartire per l'Italia. La Compagnia di Gesù, dunque, non pose alcun ostacolo all'ingresso del Maestro Ávila e, anzi, lo desiderava vivamente. Questo accadeva nonostante egli fosse conversos e avesse subito un processo inquisitorio dal 1531 al 1533, al termine del quale era stato completamente prosciolto.
Sembra che il 1555 segni un passo indietro nella volontà di Juan de Ávila di entrare nella Compagnia, probabilmente vista la situazione tragica di Francisco de Borja, il cambiamento del superiore della Compagnia in Andalusia e soprattutto temendo di attirare ulteriori sospetti dell’Inquisizione su di sé e sui Gesuiti della provincia andalusa.
Tuttavia, dal 1550 al 1560, una trentina di suoi discepoli entrarono nella Compagnia di Gesù, tra cui diversi conversos. Verosimilmente Ávila riteneva che la loro scelta passasse più inosservata della propria. Prima del 1555, Francisco de Borja aveva svolto un ruolo fondamentale di mediazione per l'ingresso di Juan de Ávila e dei suoi discepoli nella Compagnia di Gesù. La sua influenza era stata decisiva nel favorirne l'accoglienza, nonostante le reticenze di alcuni membri della Compagnia e il peso dello statuto di limpieza de sangre. L'ambiente ecclesiale e sociale era carico di diffidenza e timori verso tali nuovi cristiani. Di fatto, alcuni dei discepoli di Juan de Ávila entrati nell'ordine furono sottoposti a indagini inquisitoriali. In Andalusia, il forte legame tra gli avilisti e i gesuiti contribuì ad alimentare sospetti anche nei confronti di alcuni membri della Compagnia, ritenuti vicini ai conversos e agli alumbrados. Il clima di sospetto perdurò sia durante la vita del Maestro che dopo la sua morte.

Anche se non entrò a far parte dell'ordine, i contatti di Juan de Ávila con i Gesuiti rimasero molto stretti fino alla sua morte. Il rapporto fu particolarmente proficuo e quotidiano nella sua ultima residenza a Montilla. La sua figura rimase così strettamente associata all'ordine che egli scelse la chiesa della Compagnia a Montilla come luogo per la propria sepoltura.

Bibliografia[edit]

María Amparo López Arandia, ¿Caminos Encontrados? Juan de Ávila y la Compañía de Jesús, in María Dolores Rincón González – Raúl Manchón Gómez (ed.), El maestro Juan de Ávila (1500?-1569). Un exponente del humanismo reformista, Madrid, Fundación Universitaria Española-Universidad Pontificia De Salamanca, 2014, 567-591.

Wenceslao Soto Artuñedo, San Juan de Ávila y la Compañía de Jesús. La fundación del colegio de Córdoba, in Vida y obra de San Juan de Ávila, Córdoba, Almuzara, 2021, 117-153.