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Ill.mo e R.mo Monsig,re mio osserv.mo.
Per tanti e tanti anni che sono stato in questa corte ho toccato con mano quanto sia vero quello che comunemente si dice, che in nessun soggetto sta posta la malignità e l'invidia che nel cortigiano per i molti interessi e rispetti che nascono di continuo tra loro con avanzarsi nelle grazie dei loro patroni o vendicarsi delle ingiurie che ricevono dai loro eguali o officiali di essi; che perciò quando Ugulino venne a stare in casa di V.S. Ill.ma li detti per precetto che, se non era più che necessario, non si lasciasse vedere troppo in mia casa, ma che attendesse a servire e cercasse di esentarsi delle ciarle e della curiosità di saper i fatti d'altri e quello che si faceva in casa. Il simile li ordinai quando partì di qua, che quello li aveva proibito in presenza, che il medesimo li proibiva, non mi scrivesse mai se non necessità di negozi o per V.S. Ill.ma o per lui. Et tutto per levare non solo il vero, ma il verosimile a molti male soddisfatti e invidiosi dei favori che di continuo per la sua innata cortesia fa ad esso Ugolino, volessero fabbricare per privarlo della grazia sua, quali uomini sogliono con li loro inquieti cervelli inventare nove etc. e poi far giudizi che le novelle e invenzioni ne vengano da Roma. Per gli avvisi dati Ms. Melino crede che nella sua corte non ci sia di queste sorte di uomini; tutta via per essere in questa corte potrebbero essere, e se non intra essi tra altri ab extra che praticano e conversano, tanto maggiormente per l'officio che tiene, che amministrando anche lui la giustizia po cadere in odio di molti. Che di quanto li scrivo può a V. S. Ill.ma esser chiaro il senso di quello che io gli ho scritto e di quello li ha detto Ugolino, poi che il tutto e stato ordinato per la gielosia che ho che Ugolino non dia nessuna occasione di mala soddisfazione, e levare l'occasione agli invidiosi
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