Difference between revisions of "Jesuit Drama"
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Non solo composizioni ma anche indicazioni sulla pratica e sulle regole da tenersi nella stesura e nella rappresentazione vera e propria. Fonte primaria per quest’ultima tipologia i tre volumi (APUG 2800, APUG 2801, APUG 2802) degli Annali del Seminario Romano di Girolamo Nappi (1584-1648) nei quali è possibile percorrere la vita accademica del Seminario anno per anno dal 1563 al 1647. | Non solo composizioni ma anche indicazioni sulla pratica e sulle regole da tenersi nella stesura e nella rappresentazione vera e propria. Fonte primaria per quest’ultima tipologia i tre volumi (APUG 2800, APUG 2801, APUG 2802) degli Annali del Seminario Romano di Girolamo Nappi (1584-1648) nei quali è possibile percorrere la vita accademica del Seminario anno per anno dal 1563 al 1647. | ||
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Il teatro dei Gesuiti, iniziato all’incirca alla metà del ‘500, raccolse l’eredità delle rappresentazioni sacre, ma anche del dramma classico, anticipando al contempo la spettacolarità del teatro barocco. I secoli del massimo splendore furono il XVI e il XVII, ma si mantenne vivo fino al 1773, anno della soppressione della Compagnia di Gesù. Il repertorio è composto prevalentemente da tragedie latine, ma non mancano opere scritte nelle diverse lingue nazionali. Autori, e curatori della messinscena, erano quasi sempre i docenti di retorica; a recitare erano gli allievi. Lo stesso testo si rappresentava in più collegi, anche di paesi diversi e talvolta veniva modificato per l’occasione.<br> | Il teatro dei Gesuiti, iniziato all’incirca alla metà del ‘500, raccolse l’eredità delle rappresentazioni sacre, ma anche del dramma classico, anticipando al contempo la spettacolarità del teatro barocco. I secoli del massimo splendore furono il XVI e il XVII, ma si mantenne vivo fino al 1773, anno della soppressione della Compagnia di Gesù. Il repertorio è composto prevalentemente da tragedie latine, ma non mancano opere scritte nelle diverse lingue nazionali. Autori, e curatori della messinscena, erano quasi sempre i docenti di retorica; a recitare erano gli allievi. Lo stesso testo si rappresentava in più collegi, anche di paesi diversi e talvolta veniva modificato per l’occasione.<br> | ||
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Revision as of 11:06, 2 October 2020
L’APUG conserva dispersi nei fondi CURIA e APUG numerosi manoscritti di opere teatrali realizzate dai professori di retorica all’interno del Collegio Romano a partire dalla metà del ‘500.
Queste fonti documentano la pratica, codificata nella stessa Ratio studiorum, di allestire due spettacoli l’anno: una commedia per il carnevale e una tragedia per la distribuzione dei premi alla fine di Agosto.
Considerando il numero di testi che devono essere stati prodotti dobbiamo subito rilevare che molti sono rimasti inediti o sono andati perduti.
Infatti accanto alle opere dei padri Francesco Benci, Bernardino Stefonio, Stefano Tucci che conobbero una fortuna editoriale quasi un secolo dopo essere state composte vi sono opere rimaste inedite e spesso liquidate nelle schedina del Catalogo topografico come: “drammi senza importanza” (https://manus.iccu.sbn.it//opac_viewImmaginiCatalogo.php?ID=224148).
Oltre ai testi drammaturgici l’APUG conserva esemplari miscellanei di orazioni, discorsi, intermezzi affidati ai professori di retorica del Collegio Romano in occasione degli atti accademici, degli omaggi letterari o di saluto per gli ospiti illustri.
Scorrendo gli indici di questi volumi compositi della fine del XVI secolo, oltre ai già citati oratori, troviamo i nomi di Andres de Freux, Pedro Juan Perpinyà, Orazio Torsellini, Tarquinio Galluzzi.
Non solo composizioni ma anche indicazioni sulla pratica e sulle regole da tenersi nella stesura e nella rappresentazione vera e propria. Fonte primaria per quest’ultima tipologia i tre volumi (APUG 2800, APUG 2801, APUG 2802) degli Annali del Seminario Romano di Girolamo Nappi (1584-1648) nei quali è possibile percorrere la vita accademica del Seminario anno per anno dal 1563 al 1647.
Visto l’interesse suscitato negli studiosi di teatro gesuitico intorno a queste fonti l’APUG ha avviato nel 2020 un progetto di censimento di questa documentazione manoscritta. Fondamentale in questa prima fase anche la realizzazione di una bibliografia ragionata che documenti lo status quaestionis intorno all'enorme tema "teatro gesuitico".
Introduzione storica
Il teatro dei Gesuiti, iniziato all’incirca alla metà del ‘500, raccolse l’eredità delle rappresentazioni sacre, ma anche del dramma classico, anticipando al contempo la spettacolarità del teatro barocco. I secoli del massimo splendore furono il XVI e il XVII, ma si mantenne vivo fino al 1773, anno della soppressione della Compagnia di Gesù. Il repertorio è composto prevalentemente da tragedie latine, ma non mancano opere scritte nelle diverse lingue nazionali. Autori, e curatori della messinscena, erano quasi sempre i docenti di retorica; a recitare erano gli allievi. Lo stesso testo si rappresentava in più collegi, anche di paesi diversi e talvolta veniva modificato per l’occasione.
Perché nacque e si sviluppò il teatro dei Gesuiti? La ragione di fondo è nel suo fine pedagogico, ormai acclarato e riconosciuto. La stessa Ratio studiorum, mentre stabilisce, fin dalla stesura del 1586 e, con correzioni restrittive fino all’edizione definitiva, lo statuto dell’attività teatrale, la considera un mezzo atto a favorire e stimolare l’impegno di studio degli allievi, pur riconoscendole anche un modesto valore propagandistico, avendo i giovani modo di mostrare in teatro un esempio della propria preparazione. Prescrive, nel 1599, la n. 13 delle Regulae Rectoris: «Sia l’argomento di tragedie e commedie, che è importante non siano se non scritte in latino e rarissime, sacro e onesto; e non si ponga all’interno delle rappresentazioni cosa alcuna che non sia latina e conveniente, né vi si introduca alcun personaggio o abito femminile»; le donne non potevano neppure assistere allo spettacolo, ma il bando, nell’un caso si aggirava con interpretazioni figurali, nell’altro si ignorava.
Nei collegi le recite ebbero un precedente nelle composizioni poetiche e oratorie, anche studentesche, nonché nei dialoghi, richiedenti una sorta di attitudine scenica, che erano parte integrante del programma didattico e formativo. Significativo che nel luglio del 1558 la settimana di festeggiamenti per l’elezione del Preposito Generale Diego Laínez sia stata chiusa da quella che P. Mario Scaduto SJ (1907-1995) definì «un’appropriata rappresentazione teatrale».
Nel 1554 al Collegio Romano, le dispute accademiche inaugurali si conclusero, sembra, con un poema dialogico di André des Freux (1515-1556) De scientiarum honestate ac utilitate dialogus; Ignazio di Loyola approvò l’esperimento e ne volle la diffusione. Il 5 novembre 1564 iniziò con un dialogo la premiazione degli studenti delle classi di grammatica, umanità e retorica. Si recitava anche fuori d’Italia; ad esempio, a Coimbra, andarono in scena due importanti tragedie latine di Miguel Venegas (1531-ca. 1567) : Saul Gelboeus (1559), e Tragoedia cui nomen inditum Achabus (1562).
Per i soggetti si attinse all’Antico Testamento, al martirologio, più tardi alla storia. Nucleo ideologico era lo scontro, nell’animo dell’uomo e nel mondo, tra il bene e il male; lo scopo edificante richiedeva la vittoria del bene. In tale panorama, Stefano Tucci si differenziò scrivendo un’importante trilogia cristologica, dalla nascita al trionfo di Gesù nel giudizio finale; egli portò in scena anche la morte del Cristo, Rex Martirum, aprendo così la strada alla tragedia cristiana, o del martire, forse il più significativo apporto del teatro dei Gesuiti alla storia del Teatro moderno. Essa fu realizzata da Bernardino Stefonio, docente di retorica al Collegio Romano, esponente di spicco di quella che Marc Fumarolì ha definito la «dinastia dei maestri romani dell’arte oratoria».
La tragedia del martire ‘nacque’ in quella sede nel 1597 con Crispus, cui seguì, nel 1600, Flavia, ambedue di Stefonio; l’imprescindibile modello è Seneca. La novità consiste nell’aver calato nella storia, nel caso quella di Roma, il messaggio cristiano, portatori del quale sono i protagonisti, cristiani, mandati a morte da un ‘tiranno’. Il protagonismo del martire, uomo ‘perfetto’ e non, come voleva il canone aristotelico, di «mezzana bontà», aprì una questione di poetica a lungo discussa.
Diversi drammi gesuitici furono stampati all’epoca (di alcuni esiste anche un’edizione moderna), altri lo sono stati di recente, ma moltissimi sono ancora manoscritti. Cospicuo il corpus dell’Archivio della Pontificia Università Gregoriana: testi provenienti dal Collegio Romano e da altri collegi, non soltanto di Roma; alcuni sono anonimi, altri, autografi e non, riportano il nome dell’autore. Sappiamo, anche dal repertorio compilato a suo tempo da Paul Oscar Kristeller (1905-1999), che si tratta di un vero e proprio patrimonio da scoprire e da rendere accessibile, sia nel caso di scritti sconosciuti sia nel caso di copie di testi già conosciuti e stampati.
(Prof.ssa Mirella Saulini, 2020)
Il censimento
Tra i manoscritti censiti sono presenti anche quelli del Fondo gesuitico [1] della Biblioteca Nazionale di Roma in quanto facenti parte del fondo originario conservato presso il Collegio Romano sino al 1873.
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