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Reverendissimi in Cristo padri, e fratelli Carissimi

Nella infausta occorrenza della prima invasione e del corso
che ha fatto qui in Roma la terribile pestilenza che è il colera asiatico,
un sentimento vivissimo di gratitudine destatosi universalmente negli
animi de' romani verso quel qualunque servigio che noi loro abbiamo
prestato, ha sparso, come ci vien riferito, per tutta Italia, e fuori il girdo
di ciò che Iddio per le debolissime nostre mani si p degnato di operare.
Non può a meno che anche in voi non siasi svegliato in qualche de-
siderio di conoscere a nostra a nostra istruzione ed incoraggiamento questa virtù
divina, che tanto era più degna d'essere riverita, quanto era maggiore l'indegni-
tà ed imbecillità nostra. Perciò ora che il giusto sdegno del Signore pare
sodisfatto e il flagello di lui interamente cessato, eccoci ad appagare la vo-
stra brama, e a raccontarvi nella divina opera il perché ed il come questa
Roma, che, anche senza la presenza e cooperazione nostra, è si largamen-
te provveduta d'ogni maniera d'aiuti spirituali e d'istituzioni di mise-
ricordia e carità cristiana a conforto di qualsiasi numero d'infermi, e di tut-
te sorte di malattie, abbia potuto in questa dolorosa emergenza rendersi ver-
so noi debitrice di ciò, che è venuta con tanta schiettezza e generosità publi-
cando.

Ben due volte nel corso non lungo di quarant'anni si è veduta la
giustizia divina scaricare i suoi colpi su questo popolo allora appunto che
esso viveva più confidato nella infinita misericordia di rimanersene inte-
ramente illeso. Sul cominciare del Febrajo del 1789, eransi i così detti repu-
blicani di Francia accampati su le alture che sovrastabo a questa città, e
studiavano il momento favorevole per iscendere a fare di essa e del Som-
Pontefice di lei capo quello strazio esecrando, di cui a fatica trovava-
si nella storia esempio pià tristo. Eppure i buoni romani si lusinga-
vano; e con le grandi opere di pietà, nelle quali erano in que' giorni