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Molto Ill.re Sig.or cugino. Confesso a V.S. che io ho creduto che l'oratione, et l'epistola dedicatoria fusse opera del mastro, et non del Sig.or Marcello, et però mi maravigliavo dello stile dell'epistola, et anco l'oratione non mi pareva tanto bella quanto aspettavo dal mastro, credevo bene, che ci fusse qualche parte del Sigor Marcello, ma l'argomento et li concetti, et anco la politura fusse del mastro. Hora che lei mi dice, che il Sig.or Marcello ci ha fatigato più mesi, et che l'opera è veramente sua, io la stimo assai, essendo il giovane di così poca età; et se V.S. vorrà che io la presenti al Sig.or card. Farnese, con dirgli la poca età dell'autore, lo farò volentieri.
Resto maravigliato di quello,che lei tocca nel fine della sua lettera, perchè io l'aasicuro,che nessuno mai ne per lettere, ne a bocca mi ha fatto sapere niente di sinistro de suoi figlioli; anzi da ogni banda ne ho buonissima informatione, et massime dalli Padri della Compagnia, che sempre mi hanno detto gran bene dell'ingegno, della bontà, della gratia, et di ogni altra buona qualità de suoi figlioli. Et se V.S. mi farà gratia di accennarmi qualche particolare, intorno all'invidia, che dice esser nata: mi farà piacere, et si rimedierà ad ogni cosa.
Scrivo all'Inquisitore di Siena, che non habbia scrupolo di passare quelle parole dedicatorie, perchè non contengano errore v runo, et mando la lettera in mano di V.S. a ciò si assicuri, che gli sia data. Con questo gli prego da Dio ogni felicità. Di Roma li 15 di Luglio 1611.
Di V.S. m.to ill.re aff.mo cugino per servirla
il Card. Bellarmino.
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Sig.or Antonio Cervini. Vivo.