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Molto ill.re Sig.or fratello. Non credo,che il Papa habbia saputo niente di quello,che si diceva del mio venir costì, all'Aprile, o al Maggio, perchè cose si piccole non penetrano alle sue orecchie, ne anco in Roma se n'è parlato, fuor che da paesani. Ma la S.tà Sua non mi lassa partir di qua, perchè non ha altri Cardinali theologi, de quali si possa servire nelle cose, che occorrano. Io non ho chiamato qua li canonici, ma ho permesso, che venissero, a ciò si scapricciassero, e toccassero con mano, che non manca da me di venir costà. ma gl'ho detto sempre, che non ci havevo speranza. Sarei venuto volentieri per riposare un poco da continui travagli, i quali mi sono cresciuti doppo la morte del Card. Paravicino, perchè sono restato il primo protettore del collegio Germanico,et di S.ta Martha: et al primo protettore tocca tutta la fatiga.
Ho compassione ad Ippolita, perchè havendo havuta la disgracia corporale di essere, come lei mi scrive, molto piccola, et deboia, et zoppa: habbia ancora de esser afflitta nel'animo, stando contra sua voluntà fuora di casa, et rinchiusa nella prigione del monastero. La vocatione alla religione ha da esser da Dio; et si come non si può ritrarre senza peccato dal servitio di Dio quella che è chiamata: così non si può forzare ne direttamente, ne indirettamente quella che non ne ha voglia, et in questo non si ha da guardare, se è buona, o non è buona per il mondo, Oltre che io credo, che sia poca buona per la religione quella che è così indisposta. Questo ho voluto scrivere per dire il mio parere, et quello che io farei, si lei fusse mia figliola, ciò è che la verrei in casa, et non gli pariarei da monasterio, se lei non me ne pregasse. Con questo saluto tutte di casa. Di Roma li 4 di Giugno 1611.
Di V.S.
fratello aff.mo
Il Card. Bellarmino.
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Al m.o ill.re Sig.or fratello, il Sig.or Thomasso Bellarmini. Montepulciano.