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All'Ill.mo Sig.r Card.l Bellarmino.
Non è causa di V.S. Ill.ma quella per la quale io ho ultimamente travagliato, ma è causa di Dio et della Santa Sede, e io avrei prima mancato al debito di cristiano e di ministro di S. S.tà che quello di servitore di V.S. Ill.ma se io avessi lasciato indietro officio alcuno che potesse uscire dalla debolezza del mio ministero, per vendicare l'ingiuria si indegna fatta al suo libro. Però io non merito punto la lode che mi da la bontà di V.S. Ill.ma, ma solo pretendo perdono e scusa dalla qualità del luogo e del tempo, se io non ho operato di vantaggio. Ho reso alla M.tà della regina la lettera di V.S. Ill.ma che mostra con chiarezza e con brevità il torto che gli è stato fatto, in conformità di quello ch'io ho a capo per capo rimostrato tante volte a S.M.tà e a questi SS.ri del consiglio. Desidera N.S.re con ragione maggior soddisfazione dalla regina, e io riconosco in un gran desiderio di dargliela, ma io non so quando se ne possa operare l'effetto dallo stato presente di questo regno, al quale è chiarita e prudenza il compatire.
Il mio ritorno, che V.S. Ill.ma desidera, non può portare alla mia chiesa se non danno; a me porterà men fatica e più quiete, ma non già quello, che V.S. Ill.ma spera e desidera. E qui e costì io sarò particolarmente contento con l'onore della sua grazia e dei suoi comandamenti, e le faccio umilissima reverenza. [ Di Parigi lì 20 di Gennaro 1611]