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Molto ill.re Sig.r fratello. Le 300 piastre verranno al sicuro, ma si trattiene un poco la polizza per l'intrigo che hanno i mercanti in Napoli con il vicerè, il quale ha fatto una pragmatica, secondo la quale i mercanti non guadagnano quasi niente, e loro non la vorrebbero servare. E questa ancora deve essere la causa che ne io finora posso riscuotere la pensione dell'arcivescovo di Capua, perchè non trovano la via di rimettere qua denari.
Il mastro di casa mi ha detto che bisogna che io paghi un tramagliolo venuto di Calabria e non so che libro, che ci andranno da undici scudi. Malvolentieri spendo denari in simili cose, et per gusto mio non ce li spenderei mai, perchè con undici scudi si aiuterebbero undici poveri molto più utilmente; ma non ci è rimedio, perchè chi l'ha portato vuole esser pagato. Desidero almeno in contraccambio che mi si mandino dieci fiaschi di moscatello o trebbiano, per far la colazione questa quaresima, se pure in casa ce n'è e basterà mandarli per il vetturale; che mandarli per il garzone costa troppo.
Del venir mio costà non so che dirmi, perchè mi par di vedere che le cose si andranno inturbidando talmente, che bisognerà che i cardinali non escano di Roma, e io in particolare avrò tre congregazioni in casa, per esser restato il più vecchio, oltre a quattro altrechè ne ho in casa di altri. Questo dico a ciò non spenda in fare apparecchio per me, che forse non verrò, e se pure verrò, mi contento di ogni di cosa, ne verrò per star in ozio, ma per utile di cotesta chiesa. Aspetterò i capitoli riformati, e con questo mi raccomando a tutti. Di Roma, li 5 di gennaio 1608.
fratello aff.mo di V.S.
il Card. Bellarmino.
V.S.dia l'altra parte della lettera alla Sig.ra Francesca, sua consorte.
Al molto ill.re Sig.r fratello il Sig.r Thomasso Bellarmini. etc.